Che da quando son ritornata dalla Cechia, il mio Facebook continua a mostrarmi gli Adsense pieni di consonanti e vocali accentate. Che vallo a capire cosa significa (e come si pronuncia) jejich eh. Quasi come il vulcano a primavera. Comunque questo è l'aspetto più esotico di una vacanza sulle rive della Moldava, che là chiamano Vtlava tanto per cominciare. La lingua. Ora, se uno decide di trascorrere qualche giornata a Praga, probabilmente può fare a meno anche dell'inglese superbasic. In birreria ci han mandato il cameriere italofono, mentre il tavolo accanto era servito da un francofono, per capirci. Ma se uno decide di seppellire se stesso, la sua famiglia e un gruppo di amici in un borgo della Boemia meridionale, come minimo non dovrebbe dimenticarsi a casa il dizionario faticosamente scovato in Feltrinelli. Cosa che qualcuno a caso (e non vorrei dire chi è stato quel qualcuno) ha fatto. Può tranquillamente dimenticarsi invece l'inglese, superbasic o very advanced che sia, a meno che non decida di interloquire con autoctoni dai venti anni in giù. Con tutti gli altri, meglio rispolverare quel po' di tedesco studiato negli anni d'università, insegnare a tutti i componenti del gruppo a contare eins-zwei-drei, per lo meno fino a acht-und-zwanzig, e poi affidarsi al vecchio caro linguaggio dei segni. Perchè quando ho detto al macellaio che di bistecche ne volevo vierzehn e lui mi ha ripetuto tre volte vierzig, ho dovuto sparargli davanti agli occhi due palmi di mano spalancati e un bel quattro, onde evitare che lui si suicidasse dinanzi alla prospettiva di tagliarmi quaranta fettine lì lì sul momento.
La spesa al supermercato resta comunque il momento mistico. Dopo aver imparato che la lekarna è la farmacia e che le bramborovi sono le patate, ci siamo arrese di fronte al latte. Plnotučný è quello intero. Polotučný è quello scremato. Forse. O al contrario. A caso. E nessuno è morto.
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