E comunque a me piacciono le fini e gli inizi d'anno così. Lenti e affettuosi. Quest'anno abbiamo azzardato e ci siamo separati. I ragazzi in una casa [la mia], i grandi in un'altra. E' vero che gli avevamo fatto un testa così di raccomandazioni, però loro son stati bravissimi. E credo si siano divertiti da matti. Va bene, gli avevo anche appeso il vischio sotto la porta e credo che qualcuno - mia figlia inclusa - di quel vischio augurale abbia fatto buon uso. Però quando siamo reintrati, tardi, molto tardi, la casa non sembrava un campo di battaglia e loro erano stanchi e sorridenti, pronti a rifarlo un altro anno ancora. Per noi la più classica delle serate, cibo, chiacchiere, vino. Abbiamo acceso a mezzanotte la tv per il countdown, giusto in tempo per vedere che l'ineffabile RaiUno è riuscita a tirar fuori di naftalina la Venier e una Bertè tutta imbacuccata dalla vita in su, perché dalla vita in giù ci aveva uno spacco con delle autoreggenti nere che faceva tutto tranne che sexy. Probabilmente aveva caldo giusto giusto lì. Meglio la tv spagnola, allora. Che con la nostra amica murciana abbiamo provato il rito dei dodici acini d'uva, uno per ogni mese, uno ogni rintocco di campana. Ci siamo strozzati, ma almeno abbiamo riso. E ieri a casa dei miei. Di nuovo tutti insieme, perché se è vero che il primo dell'anno fai quel che farai tutto l'anno, uno i suoi punti fermi è bene che se li fissi senza equivoci. E poi c'è anche il rito del rientro a casa, dopo cena. Raccontando a Giulia di quella notte, il primo dell'anno di diciotto anni fa, che tornando a casa dopo una giornata come quella di ieri, ho chiesto a suo papà di girare verso l'ospedale. Perché finalmente si era decisa a nascere. E lo so che glie lo raccontiamo tutte le volte, ma è un pezzetto della nostra storia anche quella notte lì.
[p.s. Auguri, Jules]
auguri a te e a tua figlia che è nata in un anno nuovo, bel modo di venire alla vita
RispondiEliminasmile