Visto che martedì non è così lontano, è il caso che recuperi i due film delle settimane precedenti, altrimenti il mio proposito di tenerne traccia va definitivamente a farsi benedire.
Benché siano due film diversissimi, di due registi diversissimi, che raccontano storie diversissime, con attori diversissimi, c'è, a parer mio, un filo sottile che li lega.
L'iperbole.
Perché tanto La parte degli angeli, di Ken Loach, quanto Djiango Unchained (sì, l'ho visto finalmente) di Quentin Tarantino, si snodano lungo il filo dell'assurdo e dell'iperbole, dell'irreale e dell'irrealistico, con un bel fondo di uncorrectness che non si può non amare.
Poi si ride.
In entrambi i film.
Ed è un riso liberatorio. Di chi si siede al cinema e semplicemente gode della bravura di chi il cinema lo sa fare davvero.
Poi ci possono stare tutte le elucubrazioni, su quanto la leggerezza dei ladri di whisky (NON whiskey, sia chiaro) tolga il peso della denuncia sociale, o quanto il grandguignolesco Django stia al di sotto della genialità dei Bastards o dell'originalità di Kill Bill (il primo, ovvio).
Il fatto è che io mi sono divertita. Ed entrambi sarei già pronta a rivederli.
Soprattutto Django, perché ci sono quelle infinite citazioni che io ancora mica mi son studiata.
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E poi c'è la morte di Jannacci. Che in questa Pasqua grigia sembra che la pioggia sia scesa a salutarlo.Ed è difficile scegliere un solo brano a fare da bookmark.
Adesso mi viene in mente questo, perché mi sembra la summa del suo lavoro: la musica, l'ironia, la milanesità e quella tremenda attualità che fa dimentica i 29 anni trascorsi da quando fu composto.