Non so se lo facessi per ripassare l'artimetica di base o semplicemente perchè quando i numeri diventano grandi, fanno ancora più effetto. So solo che dall'inizio dell'anno, con il mio collega dirimpettaio, abbiamo istituito il tabellone (va beh, un foglio A4) dei licenziamenti. Ci appuntiamo quanti tagli fa chi. E come. E dove. E la spunta fa un po' effetto. Perchè va bene, i 20.000 di Caterpillar sono un numerone, ma anche i 5.000 di Microsoft, i 6.000 di Intel, i 2.800 zitti zitti di Ibm, quegli 8.000 di Sprint non è che son proprio bruscolini. Poi uno può anche far finta di trincerarsi dietro un ma-loro-sono-ammerikani, ignorando a bella posta che poi i giri di vite arrivano anche qui. Poi arriva il momento che il muso di fronte alla realtà ce lo sbatti comunque. Che ti piaccia o meno. Come quando il papà dell'amica di tua figlia ti chiama per chiederti se puoi portare un curriculum in ufficio da te. Come quando la tua vicina di casa ti chiede se sai mica di qualcuno che cerca un'impiegata, un'operaia, va bene anche donna delle pulizie. O come quando tuo marito torna a casa e ti dice che nell'azienda per la quale lavora si parte con i contratti di solidarietà. Riduzione orario e 30% di stipendio in meno. Fino a fine anno. Come dire che le prospettive di medio termine sono proprio luminose. Però qualcuno continua a dire che no, problemi non ce ne sono. E che bisogna essere ottimisti. Ecchissenefrega del Pil.
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