Che da quando son ritornata dalla Cechia, il mio Facebook continua a mostrarmi gli Adsense pieni di consonanti e vocali accentate. Che vallo a capire cosa significa (e come si pronuncia) jejich eh. Quasi come il vulcano a primavera. Comunque questo è l'aspetto più esotico di una vacanza sulle rive della Moldava, che là chiamano Vtlava tanto per cominciare. La lingua. Ora, se uno decide di trascorrere qualche giornata a Praga, probabilmente può fare a meno anche dell'inglese superbasic. In birreria ci han mandato il cameriere italofono, mentre il tavolo accanto era servito da un francofono, per capirci. Ma se uno decide di seppellire se stesso, la sua famiglia e un gruppo di amici in un borgo della Boemia meridionale, come minimo non dovrebbe dimenticarsi a casa il dizionario faticosamente scovato in Feltrinelli. Cosa che qualcuno a caso (e non vorrei dire chi è stato quel qualcuno) ha fatto. Può tranquillamente dimenticarsi invece l'inglese, superbasic o very advanced che sia, a meno che non decida di interloquire con autoctoni dai venti anni in giù. Con tutti gli altri, meglio rispolverare quel po' di tedesco studiato negli anni d'università, insegnare a tutti i componenti del gruppo a contare eins-zwei-drei, per lo meno fino a acht-und-zwanzig, e poi affidarsi al vecchio caro linguaggio dei segni. Perchè quando ho detto al macellaio che di bistecche ne volevo vierzehn e lui mi ha ripetuto tre volte vierzig, ho dovuto sparargli davanti agli occhi due palmi di mano spalancati e un bel quattro, onde evitare che lui si suicidasse dinanzi alla prospettiva di tagliarmi quaranta fettine lì lì sul momento.
La spesa al supermercato resta comunque il momento mistico. Dopo aver imparato che la lekarna è la farmacia e che le bramborovi sono le patate, ci siamo arrese di fronte al latte. Plnotučný è quello intero. Polotučný è quello scremato. Forse. O al contrario. A caso. E nessuno è morto.
martedì 31 agosto 2010
lunedì 30 agosto 2010
30 denari
Va beh, qualcuna terrà anche famiglia. Però me lo son chiesta chi glie lo ha fatto fare, per 80 euro. Lordi. 64 se per interposta persona. Lordi. E un Corano come cotillon.
La vignetta è la risposta che mi son data da sola.
Comunque c'è un nemmen tanto sottile fil rouge tra l'intrattenere 500 hostess con una lezione sul Corano
e l'imbesuire una ventina di escort con le canzoni di Apicella. O no?
Comunque c'è un nemmen tanto sottile fil rouge tra l'intrattenere 500 hostess con una lezione sul Corano
e l'imbesuire una ventina di escort con le canzoni di Apicella. O no?
Back
Devo solo decidermi se sentirmi rondine, rondone o cicogna. Escluderei la gru, per evidenti e fisici motivi. "Cerca di sentirti oca", come diceva l'indimenticabile Adelina, o forse era Guendalina. Facciamo anatra, va. Comunque come sono andata, così son tornata. Breve migrazione. Che almeno fosse durata il tempo di una stagione. Comunque ho un po' di appunti sparsi qua e là. E proverò a ritrascriverli qui.
E in ogni caso, riprendere il lavoro il giorno in cui lo zio ricorda Mary (Shelley) ha un che di sinistro. Appena appena.
E in ogni caso, riprendere il lavoro il giorno in cui lo zio ricorda Mary (Shelley) ha un che di sinistro. Appena appena.
martedì 17 agosto 2010
Appunti sparsi
Come prevedevo Jugendstil, Biedermeier e Secessione alla fine hanno avuto la meglio sul ridondante Barocco e i nostri ciondolanti adolescenti hanno mostrato un discreto entusiasmo sia al Belvedere sia davanti al fregio di Beethoven. Forse non tutto è ancora perduto. Il massimo dei consensi l'ha ottenuto tuttavia Hundertwasser e c'è chi chiede perché ancora non ci è venuta in mente una vacanza in Giappone per andare a vedere l'inceneritore di Osaka. Già, chissà perché.
Ci è sembrata poi doverosa la sosta a Mauthausen. Ed è difficile raccontare la pena provata in quel luogo. Meno difficile raccontare il nervoso davanti alle frotte di italioti intenti a scattar foto ricordo, davanti ai forni o nelle camere a gas. Mettiti lì che ti faccio la foto. Sarà un bel souvenir. Imbecilli.
E ora, la Cechia!
Ci è sembrata poi doverosa la sosta a Mauthausen. Ed è difficile raccontare la pena provata in quel luogo. Meno difficile raccontare il nervoso davanti alle frotte di italioti intenti a scattar foto ricordo, davanti ai forni o nelle camere a gas. Mettiti lì che ti faccio la foto. Sarà un bel souvenir. Imbecilli.
E ora, la Cechia!
mercoledì 11 agosto 2010
Venti anni dopo
Che Dumas non c'entra, ma Vienna si. Perché tornarci venti e un pezzo anni dopo fa un certo effetto nel quale il dejà vu trova poco spazio. E in realtà la mia mente sta facendo carambole per ritrovare i luoghi di allora. Anche perché all'epoca io, innamorata dello jugendstil, della Vienna imperiale un po' me ne disinteressavo. Cosa che il manuale del turista naturalmente proibisce di fare. Comunque oggi si va dritti a Schoenbrunn, così imparo.
p.s. per chi passa di qua: vedo i vostri messaggi, ma da mail non riesco a rispondervi. Grazie per ora!
p.s. per chi passa di qua: vedo i vostri messaggi, ma da mail non riesco a rispondervi. Grazie per ora!
lunedì 9 agosto 2010
Cinica.mente
Va bene, non c'è rispetto lo so. Anzi, io non ho rispetto, lo so. Però ieri quando ho sentito la notizia della morte del campione del mondo di sauna, due-pensieri-due hanno attraversato fulminei quel poco spazio intracranico che mi ritrovo. Uno: perché, esiste anche un campionato mondiale di sauna? Due: non proprio il miglior modo per morire, se mai ve ne fosse uno. Al vapore, più o meno.
domenica 8 agosto 2010
Anticip.azioni
Oggi ho iniziato a metter mano ai bagagli. Che detto da me è su per giù come quella storia della neve a ferragosto. Me ne stupisco per prima. E non so se è voglia di credermi efficiente, una volta tanto, o semplicemente che non vedo l'ora che trascorrano questi ultimi giorni che ci separano alla partenza. Comunque ho stampato lo stampabile, riordinato la check list, buttato in lavatrice quelle cose che davvero non si possono lasciare a casa e mannaggia sono sempre quelle che si portano e riportano, messo da parte le guide e gli appunti di viaggio, invitato gli amici a cena per la classica operazione svuotamento frigorifero. Che infatti adesso risuona quasi lugubre, con quei pochi avanzi solitari destinati a soccombere definitivamente nei prossimi giorni. Questa sera, in un moto di preoccupante efficientismo, io e la mia amica abbiamo pure cercato i parcheggi vicini all'albergo di Vienna. Probabilmente li indica anche il navigatore, ma vuoi mettere la differenza nel saperlo già? Mio fratello venuto da Zurigo per il fine settimana, invitato ovviamente all'operazione svuota-frigo, si aggiorna sulle ultime novità italiote, laurea honoris causa a Bossi inclusa. Lui era fermo alla Brambilla contro il Palio di Siena. Gli mancava anche la crociata contro i calcio-balilla, che si sa che son problemi veri signora mia. Va beh, ormai nega di essere italiano, quando sta là. Moi italien? Non, je suis Catherine Deneuve. Si, vero, lì parlano tedesco, ma l'importante è confondere le acque. Che uno non ha voglia di doversi sempre giustificare per gli altri.
Comunque poi uno legge che il Ceo di Hp se ne è andato perché aveva intrallazzato con una collaboratrice e per aggiudicarsene le grazie le aveva firmato qualche rimborso spese non proprio ortodosso. Scoperto il fatto, è stato messo alla porta senza troppi complimenti. Perché altrove certi comportamenti sono considerati contrari all'etica. Altrove, appunto. Poi uno si domanda perché ho già messo mano ai bagagli eh.
Comunque poi uno legge che il Ceo di Hp se ne è andato perché aveva intrallazzato con una collaboratrice e per aggiudicarsene le grazie le aveva firmato qualche rimborso spese non proprio ortodosso. Scoperto il fatto, è stato messo alla porta senza troppi complimenti. Perché altrove certi comportamenti sono considerati contrari all'etica. Altrove, appunto. Poi uno si domanda perché ho già messo mano ai bagagli eh.
venerdì 6 agosto 2010
giovedì 5 agosto 2010
Piove sempre sul bagnato
No, per dire, visto che tanto è da stamane che non smette un attimo.
Tra quello che gli compran l'appartamento a sua insaputa, quello che vince al totocalcio o al casino e l'altra che le regalano i sassolini, pure sporchi e un po' bruttini, com'è che a me queste sfighe non capitano mai?Four.che?
E comunque [si, poi la finisco di iniziare coll'ecomunque] quando sono entrata dalla parrucchiera non ho mandato alcuna notifica. Non ho fatto il check in da jld c/o centrocommercialedellacittàsenzapiùcinema. Perché immagino non glie ne freghi una cyppa a nessuno. Più o meno come non me ne frega a me di sapere chi è entrato in pizzeria, nel sushi bar o chi vaga per qualsivoglia aeroporto in qualsivoglia parte del mondo. Tanto, se sei a Karachi non è che faccio un drop in giusto per stringerti la mano eh. Ma un po' di casualità, negli incontri, mai?
[ok, mi manca qualche pezzo nel mio essere social, ma io foursquare mica ho ancora capito a che serveveramente]
[ok, mi manca qualche pezzo nel mio essere social, ma io foursquare mica ho ancora capito a che serve
Coiffeuse
Che quando ieri il collega dell'ufficio tecnico mi ha chiamato dicendomi che questa mattina non avrei potuto lavorare, in quanto avrebbe buttato giù il server (qualunque cosa questa operazione potesse significare) non è che mi sia messa esattamente a piangere. Me ne son fatta una ragione, cioè. In un nanosecondo per di più. Così stamattina ho provato l'ebbrezza del giro dalla parrucchiera infrasettimanale. E di mattina come se non bastasse. Roba che mai nella mia vita degli ultimi 20 anni, credo. Comunque speravo in qualcosa stile telefilm, con tutte le sciure che se la contan su e magari hano qualche pettegolezzo succulento sul circondario, di quelli che si fa finta di non sentire ma poi si riportano alle amiche e alle amiche delle amiche e via discorrendo. Illusa. Sarà che pioveva a catinelle e probabilmente son stata l'unica imbecille ad andar stamane a sistemarsi la criniera incolta. Sarà che le sciure son tutte in vacanza. Sarà che anche Desperate Housewives dopo la seconda serie è un trituramento di maroni, fatt'è che il massimo del pettegolezzo sul quale avrei potuto contare sarebbero state le news su Belen sui giornali in bella mostra su un tavolino. Sai che palle. Comunque oltre alle stagioni, anche le coiffeuse non son più quelle di una volta.
Per fortuna che al centro commerciale c'erano ancora i saldi. Mica avrei potuto sprecare una inattesa mattinata di libertà, vero?
Per fortuna che al centro commerciale c'erano ancora i saldi. Mica avrei potuto sprecare una inattesa mattinata di libertà, vero?
martedì 3 agosto 2010
Elvira dai libri Blu
Per Tabucchi, per Sciascia, per Carofiglio, per la Gimenez-Bartlett.
Ma soprattutto per Camilleri, Salvo e Mimì,
lunedì 2 agosto 2010
San Tini
E comunque in Tv sta passando la pubblicità della collezione dei santini di Maria e Gesù.
E' davvero estate. Quella che prelude l'autunno. Desolante.
E comunque c'è anche quella del Titanic in legni pregiati e fotoincisioni in ottone.
130 comodi e modici fascicoli.
Estiqaatsi.
A volte succede
Va bene, l'avevo snobbato. Non solo un po'. Un po' tanto. Tanto tanto. Ma adesso che mi è stato regalato, me ne sono innamorata. Incoerente, lo so. O semplicemente mi sono ricreduta. Succede, a volte.
Ricordi e Indimenticanze
Ieri in tanti su FB si son rimbalzati questo articolo di Stefano Benni. Passaparola. Io, di Benni, oggi rileggo questo racconto. Perché ci sta. E perché non è solo questione di ricordare, ma di non dimenticare. E di continuare a scavare. Non solo a Bologna.
Erano i giorni di punta dell'esodo vacanziero. Truppe valigiate e zainate riempivano e svuotavano i treni, attendevano stremate dal caldo, si accampavano nelle combinazioni più teatrali, dal presepe al bivacco militare.
E soprattutto si accalcavano alle casse del bar, inseguendo glaciali lattine e rugiadose bottiglie che, una volta conquistate, reggevano alte sulla testa come ostensori, o cullavano maternamente tra le braccia. Soldati in divisa guatavano nordiche rosee, chitarre di alternativi sfioravano teleobiettivi di samurai, mamme monumentali controllavano diserzioni di prole, babbi carichi come somari tentavano, con l'ultimo dito libero, di tenere al guinzaglio un botolo scatenato dagli afrori. Pazienti ferrovieri fornivano indicazioni a suorsergentesse di brigate rosariate mentre branchi di giovanetti si spostavano compatti, e le sponsorizzazioni delle magliette si confondevano con quelle degli zaini, tanto da farli sembrare un enorme polipoide pronto a scivolare dentro al treno da un unico finestrino.
Quattro africani, ognuno con la boutique al seguito, cercavano di piazzare mercanzia con alterna fortuna, un quinto riposava sdraiato tra collane, giraffe e occhiali neri, come il sultano di una reggia in liquidazione.
Due vecchie vestite di nero, in transito dalle isole, tagliavano fette di provola per una nidiata di marmocchi in mutande.
Un uomo obeso, sudato, beveva birra a collo e mostrava coraggiosamente al mondo due cosciotti da tirannosauro sboccianti da shorts fucsia con la scritta "SportLine". Un barbone camminava reggendo nella mano destra una busta con la casa e nella sinistra il guardaroba.
Un'antilope bionda, bellissima, ambrata, avanzò tra i tavoli accendendo i sogni di tutti i militari presenti, ma ahimè, poco dopo la affiancò un Thor in canottiera traforata a riccioli biondi che educatamente si mise in fila troneggiando sopra brevilinei calabresi e sbarbine romagnole già rombanti in pole position per la discoteca.
Si attendeva il 9,06 in ritardo, il 9,42 speciale, il 10,00 seconda classe settori B e C. Tutti erano partenzapèr o arrivodà.
Solo due clienti del bar sembravano indifferenti alla generale eccitazione, come separati dalla folla da un velo invisibile.
Uno era un occhiceruleo, con un vetusto completo kaki, bastoncino di canna e sandali con calzini di lana.
L'altro un uomo tozzo coi capelli corti, occhiali a specchio, e un completo blu di una certa eleganza. Erano seduti vicino all'entrata del bar. Il vecchio, che chiameremo il Parlante, sorseggiava una birra. L'uomo con gli occhiali neri, che chiameremo il Silenzioso, beveva svogliatamente un caffè freddo.
Chiaramente il Parlante aveva voglia di attaccare discorso e il Silenzioso no: ma in queste situazioni un Parlante è sempre in nettissimo vantaggio. Basta che parli. E cosi' fu.
- Certo, ce n'è di gente oggi - esordi'.
- Abbastanza - grugni' il Silenzioso.
- A me non dispiace, - prosegui' il Parlante, per niente scoraggiato dal preventivo mugugno - voglio dire, una stazione strapiena può dare ai nervi, ma una stazione vuota è triste. E poi, non so come spiegarle, questa gente che parte per le vacnze mi sembra più allegra, frenetica, ma piena di buonumore, non trova?
- Se lo dice lei - rispose il Silenzioso dietro la cortina degli occhiali.
- Io non parto - disse il Parlante, ormai lanciato. - Quest'estate resto in città, mia moglie ha dei problemi di cuore, e i medici ci hanno sconsigliato di muoverci, allora mi piace venire qua perchè nel mio quartiere c'è un gran mortorio, sembra tornato il coprifuoco. Qua ci sono tante facce, dei bei giovani, delle belle giovanotte abbronzate. E la gente sembra migliore, ride di più, si chiama a alta voce, scherza. Forse perchè stanno partendo, e sperano di trovare qualcosa di buono là dove vanno. Si parte per questo, no?
- C'è anche qualcuno che sta già tornando - disse il Silenzioso.
- Si', ritornano e allora osservo quelle belle scene che mi piacciono tanto, uno scende dal vagone e guarda in fondo al binario, affretta il passo e poi riconosce la persona che lo aspetta, e le corre incontro. Si vedono degli abbracci che non si vedono tutti i giorni. E certi baci appassionati! E' un momento che ci si vuole bene, magari un'ora dopo si litiga ed è già tornato tutto normale. E si hanno tante cose da raccontare; magari in vacanza non ti è successo granchè, ma raccontandolo tutto si colora, si trasfigura. Anche senza volere, la vacanza diventa più bella di come è stata: le cose brutte diventano quasi comiche, le cose belle diventano uniche. Non trova?
- Non lo so. Non racconto mai quello che mi succede in viaggio...
- Ce n'è anche quelli come lei, che si tengono tutto dentro, come un bel segreto, da coltivare durante l'inverno, come una pianta che si compra in vacanza e si mette sul balcone. E magari tornando si accorgono che gli mancava la loro vecchia città, che sentivano un pò di nostalgia. Il loro quartiere sembra meno noioso del solito. Fanno progetti, si dicono: "no, questo inverno non andrà come l'anno scorso". Magari questi progetti si spengono in fretta, ma che importa? E quelli che partono? Si stancano più a organizzare la partenza che a lavorare una settimana, ma sembrano contenti. Perchè sperano che là, nel posto dove arriveranno, ci sarà qualcosa di nuovo, che cambierà il loro destino. O magari gli basta qualche foto da guardare nelle sere d'inverno. Che ne pensa?
- Penso, - disse il Silenzioso con un sorriso sarcastico - che lei dovrebbe andarci piano con la birra.
- Parla come mia moglie, - sospirò il vecchio - ma vede, dal momento che non parto, non mi va di stare chiuso in casa a mugugnare da solo, o guardare alla televisione gli ingorghi sulle autostrade, o invidiare quelli che sono partiti. Vengo qui e faccio anch'io parte della festa, immagino dei posti al mare o in montagna, o in un'altra città, dove ci potrebbe essere qualcosa di speciale per me. Ecco, guardi quella ragazza: c'ha scritto sulla schiena "Ocean Beach". Se la guardo, già sento aria di mare, e vedo le palme.
- Guardi che "Ocean Beach" è la marca dello zaino. E non sente che qua dentro manca l'aria per la ressa?
- Ha ragione - disse il Parlante. - Si', anche a me spesso la folla dà fastidio. Divento nervoso nelle file, soffoco quando sono circondato dal traffico, mi viene da dar di matto, vorrei roteare il bastone e gridare via, via, lasciatemi un pò di spazio, due metri, tre metri almeno. E poi ci sono i rumori che ti svegliano la notte, i motorini, le facce ostili alla finestra, il nervosismo di quelli che credono di essere gli unici a patire il caldo. Si', qualche volta mi arrabbio, ma poi mi chiedo: vivere insieme in fondo non è questo? Difendere il proprio diritto ad avere un pò di spazio, aria, silenzio, rispetto, speranza, ma senza aver paura di ciò che ci circonda, non vedere nemici dappertutto, invasori, gente che ti passa davanti. Lei, se per strada qualcuno la urta, cosa pensa? Che l'ha fatto apposta?
- Ma che razza di domande, - si spazienti' il Silenzioso - e poi di che rispetto parla, non vede quanti barboni, quante persone inutili, miserabili, disperate, ci sono qua dentro?
- Forse ha ragione. Ma non li guardi nel momento in cui sono feriti, chini a terra, vinti. Li guardi nel momento che si tirano su, che sono allegri, che cercano di respirare. Guardi quel nero: carico come una bestia, va a vendere chissà cosa in chissà quale spiaggia, e canta. E guardi come si gode la sigaretta quella vecchiaccia. E quella coppia di ragazzi, beh, non sono proprio dei modelli di eleganza, ma vede come sono abbarbicati insieme a dormire, li' per terra...
- Si', capisco cosa pensa - prosegui' il vecchio. - Che lei è diverso, che non è affar suo occuparsene. Eppure sono sicuro che anche lei, almeno un giorno della sua vita, era ridotto da far pena. Ma negli ultimi tempi, in questo paese, si fa più in fretta a buttare via la gente. Si è accorciata la data di scadenza come gli yogurt. Vecchio, alè, scaduto. Drogato, alè, non dura un mese. Disoccupato, alè, tanto finisce male. Per carità non vorrei buttarla in politica. Ma di questo passo facciamo cittadini solo quelli che tengono il ritmo del gruppo, non so se lei si intende di ciclismo, o anche peggio, quelli che marciano tutti al passo, o quelli che c'hanno i soldi da farsi portare a spalla.
- Calma, calma, - disse il Silenzioso - altrochè politica, lei mi sta facendo un comizio!
- Ha ragione, sono un chiacchierone. Ma ogni giorno vedo gente diventare cattiva per niente, odiare quella che non conosce, ripetere i tormentoni della televisione invece di dire quello che c'ha dentro. Allora mi arrabbio. E a me, glielo dico subito, se la borsa sale o scende non me ne frega niente. Io vedo se sale o scende l'avidità e la cattiveria. E sa cosa le dico? Ma che miseria, che crisi! Noi siamo un paese che potrebbe esportarla l'allegria, come le arance, aiutare gli altri paesi, potremmo essere gente che regala la speranza, invece di aver paura di tutto e montare le fotoelettriche intorno alla casa.
- Ma che discorsi sconnessi. Ci vorrà pure un pò di ordine - sbuffò il Silenzioso.
- Ha ragione ha ragione, sto esagerando. Volevo solo spiegarle perchè passo il mio tempo qui. Perchè penso che bisognerebbe sempre sentirsi come se si partisse il giorno dopo, o come se si fosse appena tornati. Tutto diventa più prezioso; quello che si lascia e quello che si trova. Il dolore è facile da ascoltare, quello che arriva addosso, urla una voce terribile, è sempre lui a raggiungerti. La speranza è una vocina sottile, bisogna andarla a cercare da dove viene, guardare sotto il letto per poterla ascoltere. O venire in una stazione.
- I suoi sono discorsi da pomeriggio estivo, - disse il Silenzioso consultando l'orologio, - ma mandare avanti un paese è molto più difficile.
- Ne convengo - disse il vecchio sorridendo. - Mi scusi se le ho attaccato un bottone, vedo che lei sta partendo. Beh, spero che vada in un bel posto e che passi una bella vacanza.
- Grazie - disse l'uomo, e si allontanò, fendendo deciso la calca.
- E' difficile parlare con un uomo che ha gli occhiali neri, - pensò il vecchio - non si vede mai cosa pensa davvero. Forse l'ho annoiato. O forse il mio discorso lo ha toccato. Sembra che a certuni perlar di speranza metta paura. Eppure a me questa gente che parte e torna mette allegria. Si' , saran avidi, nervosi, pigri, disordinati, cialtroni, si spingono e si rubano il posto ma hanno diritto di provarci un'altra volta, han diritto di cercarsi un posto migliore, o di tornare a casa e ricominciare. Si, ricominciare almeno una volta prima di rassegnarsi. Non è molto, ma è qualcosa.
Una famiglia gli passò davanti di corsa, il treno stava arrivando. Un bambino correva goffo, trascinando un triciclo rumoroso. La bimba teneva la mano sul cappello di paglia per non perderlo. Il padre aveva un gilè da pescatore a trenta tacshe e naturalmente non trovava più il biglietto. La madre lo perquisiva rimproverandolo. Il barbone, guardando la scena; rise. Il nero addormentato si svegliò sbadigliando come un leone.
Il vecchio aveva finito la birra, si asciugò la fronte e usci', un pò barcollante, sulla pensilina del primo binario. Venendo dall'aria condizionata del bar, fu come tuffarsi nel brodo. Vide il Silenzioso che si avviava verso l'uscita. Gli sembrò che non avesse più la valigia, ma non ci fece troppo caso. Era troppo incantato a guardare la gente. Gli sembrava di aver scoperto qualcosa, qualcosa di importante che gli sarebbe servito per quello che gli restava da vivere.
"Se avessi con me un quaderno ce lo scriverei sopra" pensò.
"Oggi, stazione di Bologna, due agosto di un anno vicino al duemila, ore dieci e venti del mattino, tutti sono allegri perchè partono, e faccio finta di partire anch'io".
Addendum necessario, indirizzato al ministro La Russa: alle cerimonie di commemorazione
si va per ricordare, non per essere applauditi.
Il Bar di una stazione qualunque
Il bar della stazione della città di B. ronzava di gente.Erano i giorni di punta dell'esodo vacanziero. Truppe valigiate e zainate riempivano e svuotavano i treni, attendevano stremate dal caldo, si accampavano nelle combinazioni più teatrali, dal presepe al bivacco militare.
E soprattutto si accalcavano alle casse del bar, inseguendo glaciali lattine e rugiadose bottiglie che, una volta conquistate, reggevano alte sulla testa come ostensori, o cullavano maternamente tra le braccia. Soldati in divisa guatavano nordiche rosee, chitarre di alternativi sfioravano teleobiettivi di samurai, mamme monumentali controllavano diserzioni di prole, babbi carichi come somari tentavano, con l'ultimo dito libero, di tenere al guinzaglio un botolo scatenato dagli afrori. Pazienti ferrovieri fornivano indicazioni a suorsergentesse di brigate rosariate mentre branchi di giovanetti si spostavano compatti, e le sponsorizzazioni delle magliette si confondevano con quelle degli zaini, tanto da farli sembrare un enorme polipoide pronto a scivolare dentro al treno da un unico finestrino.
Quattro africani, ognuno con la boutique al seguito, cercavano di piazzare mercanzia con alterna fortuna, un quinto riposava sdraiato tra collane, giraffe e occhiali neri, come il sultano di una reggia in liquidazione.
Due vecchie vestite di nero, in transito dalle isole, tagliavano fette di provola per una nidiata di marmocchi in mutande.
Un uomo obeso, sudato, beveva birra a collo e mostrava coraggiosamente al mondo due cosciotti da tirannosauro sboccianti da shorts fucsia con la scritta "SportLine". Un barbone camminava reggendo nella mano destra una busta con la casa e nella sinistra il guardaroba.
Un'antilope bionda, bellissima, ambrata, avanzò tra i tavoli accendendo i sogni di tutti i militari presenti, ma ahimè, poco dopo la affiancò un Thor in canottiera traforata a riccioli biondi che educatamente si mise in fila troneggiando sopra brevilinei calabresi e sbarbine romagnole già rombanti in pole position per la discoteca.
Si attendeva il 9,06 in ritardo, il 9,42 speciale, il 10,00 seconda classe settori B e C. Tutti erano partenzapèr o arrivodà.
Solo due clienti del bar sembravano indifferenti alla generale eccitazione, come separati dalla folla da un velo invisibile.
Uno era un occhiceruleo, con un vetusto completo kaki, bastoncino di canna e sandali con calzini di lana.
L'altro un uomo tozzo coi capelli corti, occhiali a specchio, e un completo blu di una certa eleganza. Erano seduti vicino all'entrata del bar. Il vecchio, che chiameremo il Parlante, sorseggiava una birra. L'uomo con gli occhiali neri, che chiameremo il Silenzioso, beveva svogliatamente un caffè freddo.
Chiaramente il Parlante aveva voglia di attaccare discorso e il Silenzioso no: ma in queste situazioni un Parlante è sempre in nettissimo vantaggio. Basta che parli. E cosi' fu.
- Certo, ce n'è di gente oggi - esordi'.
- Abbastanza - grugni' il Silenzioso.
- A me non dispiace, - prosegui' il Parlante, per niente scoraggiato dal preventivo mugugno - voglio dire, una stazione strapiena può dare ai nervi, ma una stazione vuota è triste. E poi, non so come spiegarle, questa gente che parte per le vacnze mi sembra più allegra, frenetica, ma piena di buonumore, non trova?
- Se lo dice lei - rispose il Silenzioso dietro la cortina degli occhiali.
- Io non parto - disse il Parlante, ormai lanciato. - Quest'estate resto in città, mia moglie ha dei problemi di cuore, e i medici ci hanno sconsigliato di muoverci, allora mi piace venire qua perchè nel mio quartiere c'è un gran mortorio, sembra tornato il coprifuoco. Qua ci sono tante facce, dei bei giovani, delle belle giovanotte abbronzate. E la gente sembra migliore, ride di più, si chiama a alta voce, scherza. Forse perchè stanno partendo, e sperano di trovare qualcosa di buono là dove vanno. Si parte per questo, no?
- C'è anche qualcuno che sta già tornando - disse il Silenzioso.
- Si', ritornano e allora osservo quelle belle scene che mi piacciono tanto, uno scende dal vagone e guarda in fondo al binario, affretta il passo e poi riconosce la persona che lo aspetta, e le corre incontro. Si vedono degli abbracci che non si vedono tutti i giorni. E certi baci appassionati! E' un momento che ci si vuole bene, magari un'ora dopo si litiga ed è già tornato tutto normale. E si hanno tante cose da raccontare; magari in vacanza non ti è successo granchè, ma raccontandolo tutto si colora, si trasfigura. Anche senza volere, la vacanza diventa più bella di come è stata: le cose brutte diventano quasi comiche, le cose belle diventano uniche. Non trova?
- Non lo so. Non racconto mai quello che mi succede in viaggio...
- Ce n'è anche quelli come lei, che si tengono tutto dentro, come un bel segreto, da coltivare durante l'inverno, come una pianta che si compra in vacanza e si mette sul balcone. E magari tornando si accorgono che gli mancava la loro vecchia città, che sentivano un pò di nostalgia. Il loro quartiere sembra meno noioso del solito. Fanno progetti, si dicono: "no, questo inverno non andrà come l'anno scorso". Magari questi progetti si spengono in fretta, ma che importa? E quelli che partono? Si stancano più a organizzare la partenza che a lavorare una settimana, ma sembrano contenti. Perchè sperano che là, nel posto dove arriveranno, ci sarà qualcosa di nuovo, che cambierà il loro destino. O magari gli basta qualche foto da guardare nelle sere d'inverno. Che ne pensa?
- Penso, - disse il Silenzioso con un sorriso sarcastico - che lei dovrebbe andarci piano con la birra.
- Parla come mia moglie, - sospirò il vecchio - ma vede, dal momento che non parto, non mi va di stare chiuso in casa a mugugnare da solo, o guardare alla televisione gli ingorghi sulle autostrade, o invidiare quelli che sono partiti. Vengo qui e faccio anch'io parte della festa, immagino dei posti al mare o in montagna, o in un'altra città, dove ci potrebbe essere qualcosa di speciale per me. Ecco, guardi quella ragazza: c'ha scritto sulla schiena "Ocean Beach". Se la guardo, già sento aria di mare, e vedo le palme.
- Guardi che "Ocean Beach" è la marca dello zaino. E non sente che qua dentro manca l'aria per la ressa?
- Ha ragione - disse il Parlante. - Si', anche a me spesso la folla dà fastidio. Divento nervoso nelle file, soffoco quando sono circondato dal traffico, mi viene da dar di matto, vorrei roteare il bastone e gridare via, via, lasciatemi un pò di spazio, due metri, tre metri almeno. E poi ci sono i rumori che ti svegliano la notte, i motorini, le facce ostili alla finestra, il nervosismo di quelli che credono di essere gli unici a patire il caldo. Si', qualche volta mi arrabbio, ma poi mi chiedo: vivere insieme in fondo non è questo? Difendere il proprio diritto ad avere un pò di spazio, aria, silenzio, rispetto, speranza, ma senza aver paura di ciò che ci circonda, non vedere nemici dappertutto, invasori, gente che ti passa davanti. Lei, se per strada qualcuno la urta, cosa pensa? Che l'ha fatto apposta?
- Ma che razza di domande, - si spazienti' il Silenzioso - e poi di che rispetto parla, non vede quanti barboni, quante persone inutili, miserabili, disperate, ci sono qua dentro?
- Forse ha ragione. Ma non li guardi nel momento in cui sono feriti, chini a terra, vinti. Li guardi nel momento che si tirano su, che sono allegri, che cercano di respirare. Guardi quel nero: carico come una bestia, va a vendere chissà cosa in chissà quale spiaggia, e canta. E guardi come si gode la sigaretta quella vecchiaccia. E quella coppia di ragazzi, beh, non sono proprio dei modelli di eleganza, ma vede come sono abbarbicati insieme a dormire, li' per terra...
- Si', capisco cosa pensa - prosegui' il vecchio. - Che lei è diverso, che non è affar suo occuparsene. Eppure sono sicuro che anche lei, almeno un giorno della sua vita, era ridotto da far pena. Ma negli ultimi tempi, in questo paese, si fa più in fretta a buttare via la gente. Si è accorciata la data di scadenza come gli yogurt. Vecchio, alè, scaduto. Drogato, alè, non dura un mese. Disoccupato, alè, tanto finisce male. Per carità non vorrei buttarla in politica. Ma di questo passo facciamo cittadini solo quelli che tengono il ritmo del gruppo, non so se lei si intende di ciclismo, o anche peggio, quelli che marciano tutti al passo, o quelli che c'hanno i soldi da farsi portare a spalla.
- Calma, calma, - disse il Silenzioso - altrochè politica, lei mi sta facendo un comizio!
- Ha ragione, sono un chiacchierone. Ma ogni giorno vedo gente diventare cattiva per niente, odiare quella che non conosce, ripetere i tormentoni della televisione invece di dire quello che c'ha dentro. Allora mi arrabbio. E a me, glielo dico subito, se la borsa sale o scende non me ne frega niente. Io vedo se sale o scende l'avidità e la cattiveria. E sa cosa le dico? Ma che miseria, che crisi! Noi siamo un paese che potrebbe esportarla l'allegria, come le arance, aiutare gli altri paesi, potremmo essere gente che regala la speranza, invece di aver paura di tutto e montare le fotoelettriche intorno alla casa.
- Ma che discorsi sconnessi. Ci vorrà pure un pò di ordine - sbuffò il Silenzioso.
- Ha ragione ha ragione, sto esagerando. Volevo solo spiegarle perchè passo il mio tempo qui. Perchè penso che bisognerebbe sempre sentirsi come se si partisse il giorno dopo, o come se si fosse appena tornati. Tutto diventa più prezioso; quello che si lascia e quello che si trova. Il dolore è facile da ascoltare, quello che arriva addosso, urla una voce terribile, è sempre lui a raggiungerti. La speranza è una vocina sottile, bisogna andarla a cercare da dove viene, guardare sotto il letto per poterla ascoltere. O venire in una stazione.
- I suoi sono discorsi da pomeriggio estivo, - disse il Silenzioso consultando l'orologio, - ma mandare avanti un paese è molto più difficile.
- Ne convengo - disse il vecchio sorridendo. - Mi scusi se le ho attaccato un bottone, vedo che lei sta partendo. Beh, spero che vada in un bel posto e che passi una bella vacanza.
- Grazie - disse l'uomo, e si allontanò, fendendo deciso la calca.
- E' difficile parlare con un uomo che ha gli occhiali neri, - pensò il vecchio - non si vede mai cosa pensa davvero. Forse l'ho annoiato. O forse il mio discorso lo ha toccato. Sembra che a certuni perlar di speranza metta paura. Eppure a me questa gente che parte e torna mette allegria. Si' , saran avidi, nervosi, pigri, disordinati, cialtroni, si spingono e si rubano il posto ma hanno diritto di provarci un'altra volta, han diritto di cercarsi un posto migliore, o di tornare a casa e ricominciare. Si, ricominciare almeno una volta prima di rassegnarsi. Non è molto, ma è qualcosa.
Una famiglia gli passò davanti di corsa, il treno stava arrivando. Un bambino correva goffo, trascinando un triciclo rumoroso. La bimba teneva la mano sul cappello di paglia per non perderlo. Il padre aveva un gilè da pescatore a trenta tacshe e naturalmente non trovava più il biglietto. La madre lo perquisiva rimproverandolo. Il barbone, guardando la scena; rise. Il nero addormentato si svegliò sbadigliando come un leone.
Il vecchio aveva finito la birra, si asciugò la fronte e usci', un pò barcollante, sulla pensilina del primo binario. Venendo dall'aria condizionata del bar, fu come tuffarsi nel brodo. Vide il Silenzioso che si avviava verso l'uscita. Gli sembrò che non avesse più la valigia, ma non ci fece troppo caso. Era troppo incantato a guardare la gente. Gli sembrava di aver scoperto qualcosa, qualcosa di importante che gli sarebbe servito per quello che gli restava da vivere.
"Se avessi con me un quaderno ce lo scriverei sopra" pensò.
"Oggi, stazione di Bologna, due agosto di un anno vicino al duemila, ore dieci e venti del mattino, tutti sono allegri perchè partono, e faccio finta di partire anch'io".
domenica 1 agosto 2010
Horror Vacui
A me ieri è venuto un brivido d'orrore, quando la macchina sportiva, finestrini abbassati, palestratoni superabbronzati a bordo e stereo a palla è passata suonando una techno-version di Faccetta Nera. Esiste. L'ho trovata sul tubo. E mi domando in quanti se la suonano nell'incuranza o nell'inconsapevolezza del significato che ha. E quanti invece consapevolmente se la caricano sui loro ipod o sugli iphone insieme alla app con i disorsini del Duce. Bleah.
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