Dio benedica il cineforum, soprattutto quando il cineforum significa, come questa sera, Rush, il film di Ron Howard che racconta la storia di due uomini, James Hunt e Niki Lauda e attraverso la loro storia racconta anche quella di un mondo che sembra lontano anni luce da noi. Quello della Formula 1 degli Anni Settanta.
Bello, guascone, donnaiolo inveterato James Hunt, è il contraltare - ma in fondo anche il complemento - ideale del freddo, rigoroso, tecnicissimo e in fondo anche un po' stronzo Lauda.
E c'è tanta umanità in un film che racconta un mondo dominato dalle macchine, che uno non se l'aspetta. Come, del resto, non mi aspettavo di essere catapultata indietro nel tempo, a ricordare le morti tragiche di Villeneuve, di Ayrton Senna, l'incidente del Nürburgring, ma anche quelle domeniche di settembre sul prato a Monza.
Sono anni che alle gare non ci vado più, in fondo non son mai riuscita ad appassionarmi davvero, però mi è capitato spesso di andare alle prove, assistendo dal paddock e dai box.
E mi son resa conto di come sia cambiato questo mondo, di quanto la tecnologia abbia portato in termini di sicurezza, forse togliendo spazio all'umanità e alla personalità del pilota.
Nel film Lauda ripete due volte che il 20 per cento è il tasso massimo di rischio mortale che il pilota può portare in gara. Credo che si sia notevolmente ridotto in questi anni, e per fortuna. '
Anche se adesso sono sonde e computer che mantengono le gomme alla giusta temperatura e non c'è nessuno che sotto il sole del Brasile le raffredda con badilate di ghiaccio.
Spettacolari le riprese, intelligente la regia, meravigliosi sia Daniel Brühl nel ruolo di Niki Lauda, sia Chris Hemsworth nella parte di Hunt, bello e dannato come una rockstar dalla breve parabola. E infatti...
Va bene. C'è anche Pierfrancesco Favino, che interpreta Clay Regazzoni. Ma lui a me piace.
Buon film.
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