domenica 30 novembre 2014
Velasquez
Non è che uno certe date se le segni. Anche perché a volte le cose non succedono così da un giorno all'altro. Semplicemente, gradualmente, accadono. Così oggi non sappiamo dire con precisione quando è entrato nelle nostre vite. All'epoca, stavamo faticosamente e per la prima volta facendo i conti con un micino randagio rifugiatosi nel nostro giardino. E lui fece la sua comparsa. A dire il vero lo conoscevamo già, ne sapevamo il nome, il giardino di "appartenenza", ne intuivamo il buon carattere, ma nulla di più.
Lui, che di anni ne aveva già una decina, si prendeva cura di quel micino, così come fece con altri randagini che capitavano da queste parti: lo veniva a prendere al mattino, lo portava in giro, gli insegnava a cacciare, procurandogli insetti e uccellini, lo faceva giocare. E quando Simba entrò definitivamente in casa, lui lo seguì.
"I gatti scelgono" ci dissero i suoi padroni quando andammo a riferire loro che Velasquez si era insediato in pianta stabile da noi. E lui ci aveva scelto, evidentemente. In questi anni è stato il mio colbacco notturno d'inverno, piazzato sul mio collo durante i mesi più freddi, la mia sveglia, cinque minuti prima del suono di quella vera, il consolatore dei pianti delle ragazze, l'aiutante fedele al momento di stendere il bucato, il compagno di lunghi pomeriggi di studio e lavoro. Adorava il pollo, la crema di mascarpone, la pasta con il pesto e il ragù.
Oggi lo abbiamo accompagnato nel suo ultimo sonno. Ed è vero che la vita è così, ma ci manca di già.
martedì 25 novembre 2014
Best Before... / Preferibilmente entro...
No, non usava mettere la data di scadenza sul fondo delle confezioni all'epoca. Ed è per questo che questa scatola ha attraversato indenne traslochi e credenze. Passando da casa mia nonna a quella di mia madre. Pronta a saltar fuori questa mattina, mentre arrampicata sulla scaletta cercavo di trovare qualcosa che lei (la mamma) non ricordava più dove fosse finita.
Ora, il qualcosa che lei cercava non si è trovato. Lo zucchero a quadretti invece sì. Ovviamente ce ne siamo prese uno a testa. Giusto il tempo di richiudere la scatola e riporla, in attesa della prossima scoperta.
Ora, il qualcosa che lei cercava non si è trovato. Lo zucchero a quadretti invece sì. Ovviamente ce ne siamo prese uno a testa. Giusto il tempo di richiudere la scatola e riporla, in attesa della prossima scoperta.
lunedì 24 novembre 2014
Aggiornamenti
(Carino eh il Doodle di oggi dedicato a Henri de Toulouse-Lautrec?)
Una delle cose più divertenti nelle quali mi sto cimentando in questo periodo, insieme a migliaia di colleghi in tutta Italia, è il percorso di aggiornamento obbligatorio, richiesto di fatto dalla Ue a tutti coloro che sono iscritti a un ordine professionale.
L'ordine cui appartengo io ha fatto finta di ignorare la direttiva, finché la questione non è diventata talmente cogente da dover correre ai ripari. Perché il punto è sempre lo stesso: possiamo discutere fino a domani mattina sulla necessità degli ordini professionali, e del mio in modo particolare, ma finché ci sono e finché si sceglie di rimanervi iscritti bisogna comunque adeguarsi alle norme.
Così, la scorsa primavera, timidi come margherite a primavera sono spuntati i primi corsi. Rari. Spesso a pagamento. Molto spesso a pagamento. Troppo spesso a pagamento. Il che può diventare un problema, soprattutto per i poveri freelance, che già si devono accontentare dei 5 euro a cartella e ci manca solo che debbano sborsare soldi per un aggiornamento imposto da altri.
Dopo le prime proteste, il cambio di marcia. I corsi si moltiplicano e si moltiplica l'offerta gratuita.
Peccato che per iscriversi ci si trasformi tutti in fan dei One Direction il giorno in cui si mettono in vendita i biglietti del concerto. Collegati a mezzanotte al server, per poter strappare uno degli agognati 50, 35, 70 posti disponibili nei corsi più improbabili: dalla comunicazione Vaticana a quella sportiva, dalla privacy all'economia immobiliare, dal turismo al ruolo delle agenzie stampa.
In un moto di coerenza, mi sono rifiutata di iscrivermi a corsi che non avessero attinenza non dico con quel che faccio, ma per lo meno con ciò che mi interessa.
Così sono finita al carcere di Opera per un corso sulla diffamazione, in Regione per uno sul data journalism, a Bergamo per uno sulle tecniche di impaginazione.
Già, a Bergamo.
Perché in zona orobica il corso veniva erogato su una intera mattinata e valeva 5 crediti, laddove a Milano, lo stesso corso durava 3 ore e garantiva 2 miserandi crediti.
Nimmanco dal pizzicagnolo si contratta così.
E comunque Bergamo è deliziosa. Dopo il corso, io e il collega che con me si è imbarcato in questa avventura ci siamo goduti una passeggiata per le vie del centro. E il cielo era più terso che a Milano.
Una boccata di buonumore.
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lunedì 17 novembre 2014
Inseguendo Alice
Sono stata volutamente criptica nell'altro post, giusto per mantenere un minimo di effetto sorpresa.
In breve, la questione sta in questi termini.
Ho voluto prendere parte a un progetto fotografico, dedicato ai libri di Lewis Carrol, Alice nel Paese delle Meraviglie e Alice attraverso lo Specchio.
Si tratta di un progetto lanciato da una startup americana, che si dedica alla creazione di oggetti ispirati al mondo della letteratura: dalle classiche magliette e borse ai tatuaggi.
In questo caso, si trattava di tatuaggi.
I libri di Alice sono stati divisi in 5258 tatuaggi non permanenti, che sono stati inviati a chi ha sottoscritto il progetto.
Una volta ricevuto il tatuaggio, gli ultimi passaggi sono stati estremamente semplici: applicarlo, fotografarlo e pubblicare la foto sul sito del progetto, oltre, naturalmente, a condividerla sui social network cui si è iscritti.
A me è capitato il frammento numero 3169, tratto da Alice attraverso lo Specchio, per la precisione dal Terzo Capitolo.
Devo dire che vedere come il mosaico di tatuaggi si vada riempiendo in questi giorni è davvero divertente.
Qui in calce, la foto del tatuaggio.
giovedì 13 novembre 2014
Di libri, di tatuaggi e di crowdfunding
Capita, a volte, di imbattersi in qualcosa di cui piacerebbe essere parte. Quel qualcosa che stuzzica la voglia di dire "c'ero anch'io", "l'ho fatto anche io".
A me è successo questa estate, quando ho letto del progetto dei Literary Tattoos e della loro sfida, lanciata su KickStarter per la realizzazione di un progetto fotografico basato sui libri di Lewis Carrol.
Un progetto di crowdfunding, per la cui realizzazione era necessario un esborso davvero risibile (1 dollaro per i residenti Usa, credo 3, se la memoria mi assiste, perché in questo momento dovrei andare a scartabellare tra i conti della carta di credito, per chi risiede fuori dagli Stati Uniti), per trasformare "Alice nel Paese delle Meraviglie" e "Alice attraverso lo Specchio" in tanti scatti fotografici.
I testi sono stati scomposti in frammenti e ciascun frammento è diventato un tatuaggio non permanente, che i partecipanti dovranno applicare, fotografare e condividere sia sul sito dell'iniziativa, sia sui social network.
Questa sera, di ritorno da Berlino, ho trovato la busta ad attendermi.
Il mio frammento è tratto da "Alice attraverso lo Specchio" e ho già trovato anche il passaggio giusto.
Domani applicherò, fotograferò e condividerò.
Naturalmente avrò vita facile, questa volta, con il Blogflorilegio di Ody!
A me è successo questa estate, quando ho letto del progetto dei Literary Tattoos e della loro sfida, lanciata su KickStarter per la realizzazione di un progetto fotografico basato sui libri di Lewis Carrol.
Un progetto di crowdfunding, per la cui realizzazione era necessario un esborso davvero risibile (1 dollaro per i residenti Usa, credo 3, se la memoria mi assiste, perché in questo momento dovrei andare a scartabellare tra i conti della carta di credito, per chi risiede fuori dagli Stati Uniti), per trasformare "Alice nel Paese delle Meraviglie" e "Alice attraverso lo Specchio" in tanti scatti fotografici.
I testi sono stati scomposti in frammenti e ciascun frammento è diventato un tatuaggio non permanente, che i partecipanti dovranno applicare, fotografare e condividere sia sul sito dell'iniziativa, sia sui social network.
Questa sera, di ritorno da Berlino, ho trovato la busta ad attendermi.
Il mio frammento è tratto da "Alice attraverso lo Specchio" e ho già trovato anche il passaggio giusto.
Domani applicherò, fotograferò e condividerò.
Naturalmente avrò vita facile, questa volta, con il Blogflorilegio di Ody!
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lunedì 10 novembre 2014
Fliegen nach Berlin
In partenza di nuovo (sì, anche con questo blog, abbandonato per una serie di corcostanze che è sicuramente un po' lungo e tedioso raccontare), questa sera mi attende Berlino.
Un po' mi sento sciocca: aver spostato la partenza il più tardi possibile oggi, per ottimizzare il lavoro qui e quello che per due giorni mi terrà ancorata all'ombra (!!!) dei tigli, quando fossi stata un po' più furba avrei potuto fare in modo di arrivare ieri e godermi la ricorrenza.
Che me lo ricordo bene quell'anno, e non solo perché il primo del nostro matrimonio. Ma la primavera di Piazza Tienammen e poi il Muro che crollava sotto i colpi di piccone, sono immagini che difficilmente uno si scorda.
E leggevo ieri in rete alcune considerazioni sul fatto delle conseguenze di questa caduta, in termini di affermazione di un "certo" capitalismo e di facilitazione verso la consacrazione di un "certo" tipo di economia. Ma non mi convincono.
Perché negli anni, i tanti incontri con chi a Berlino Est viveva non hanno fatto che confermarmi nella convinzione che nessun muro è buono. Mai. E nemmeno quello lo era.
E tra le tante immagini che la rete ha riportato in queste ore, questa è quella che mi piace di più. Perché la storia va raccontata e va ricordata. Partendo dai piccoli e dalle rose infilate nella fessura in un muro che non c'è più.
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lunedì 8 settembre 2014
Cialtroneria
Ora, se il Mibact, che tradotto significa Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo, mi colloca il Castello di Miramare a Firenze, per altro noto lido balneare, su una pagina di promozione delle bellezze del Paese, non è che siamo messi proprio bene vero?
venerdì 5 settembre 2014
I Sepolcri - Ovvero florilegio cimiteriale
Dopo la poesia cimiteriale, non poteva mancare una versione in chiave blogging del tema dei cimiteri.
In Italia non so se esista un equivalente, per cui mi spiace se questa segnalazione è (di nuovo) in lingua inglese.
Lei, l'autrice, è americana ed è una scrittrice di letteratura "morbid", bellissimo "falso amico" inglese che indica qualcosa di morboso.
E la sua passione, tra le altre, sono i cimiteri. Una passione vera, tradotta in un blog prima e in libri poi.
Mica male eh? C'è il cimitero della settimana, i cimiteri tematici, quelli delle persone famose, le cartoline, gli eventi, i consigli pratici. Già, perché non sempre il cimitero è quel luogo tranquillo cui siam soliti pensare. Può capitare di trovarvi serpenti, ad esempio in California, oppure cervi, come nello Utah. L'importante è non arrivarci impreparati.
Il blog accetta comunque contributi, per cui se qualcuno di voi ha storie da raccontare, per Lauren Rhoads sono ben venute.
E per sorridere un po', c'è una pagina che invece consiglio di visitare: questa.
Il sito è aziendale ed è quello della Ben & Jerry, società con sede nel Vermont che produce gelati che si trovano ormai anche in grande distribuzione da noi.
Bene. Nella sua sede di South Burlington, Ben & Jerry ha creato un cimitero dedicato ai gusti non più in produzione. Ci sono gusti usciti di scena dopo anni di passione, altri che hanno avuto vita brevissima, magari creati per un evento o una occasione speciale. Nel cimitero ci sono le lapidi (vere) con il nome del gusto, la data di nascita e quella della dipartita, un breve epitaffio. Sul sito c'è anche la descrizione del gusto: in genere il caramello è il tocco di classe immancabile. Da consultare con attenzione, per chi pensa che la moda di questa estate (gelato alla ricotta con fichi caramellati) sia già un filo pretenziosa.
In Italia non so se esista un equivalente, per cui mi spiace se questa segnalazione è (di nuovo) in lingua inglese.
Lei, l'autrice, è americana ed è una scrittrice di letteratura "morbid", bellissimo "falso amico" inglese che indica qualcosa di morboso.
E la sua passione, tra le altre, sono i cimiteri. Una passione vera, tradotta in un blog prima e in libri poi.
Mica male eh? C'è il cimitero della settimana, i cimiteri tematici, quelli delle persone famose, le cartoline, gli eventi, i consigli pratici. Già, perché non sempre il cimitero è quel luogo tranquillo cui siam soliti pensare. Può capitare di trovarvi serpenti, ad esempio in California, oppure cervi, come nello Utah. L'importante è non arrivarci impreparati.
Il blog accetta comunque contributi, per cui se qualcuno di voi ha storie da raccontare, per Lauren Rhoads sono ben venute.
E per sorridere un po', c'è una pagina che invece consiglio di visitare: questa.
Il sito è aziendale ed è quello della Ben & Jerry, società con sede nel Vermont che produce gelati che si trovano ormai anche in grande distribuzione da noi.
Bene. Nella sua sede di South Burlington, Ben & Jerry ha creato un cimitero dedicato ai gusti non più in produzione. Ci sono gusti usciti di scena dopo anni di passione, altri che hanno avuto vita brevissima, magari creati per un evento o una occasione speciale. Nel cimitero ci sono le lapidi (vere) con il nome del gusto, la data di nascita e quella della dipartita, un breve epitaffio. Sul sito c'è anche la descrizione del gusto: in genere il caramello è il tocco di classe immancabile. Da consultare con attenzione, per chi pensa che la moda di questa estate (gelato alla ricotta con fichi caramellati) sia già un filo pretenziosa.
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domenica 24 agosto 2014
48 H - Ovvero Florilegio a tempo
Il florilegio-del-venerdì-che-io-scrivo-nel-fine-settimana è in tema con la stagione. O forse no.
Perché parla sì di viaggi, ma di viaggi brevi. Ed è un po' una manna per chi ha poco tempo, oppure, per chi, come me, pur trovandosi spesso in viaggio per motivi di lavoro, di tempo per vedere o conoscere le città ne ha proprio poco.
E allora, inevitabilmente, scatta la selezione. Con tutto il rammarico che l'operazione comporta.
Ecco, questo blog - mi spiace è in inglese, ma non ne conosco un altro simile o altrettanto ricco in italiano - è proprio quello che serve.
Il titolo è di per sè il programma. Avventura in 48 ore. Ovvero: due giorni di tempo per assaporare qualcosa di una città.
Lo schema è semplice: cosa vedere, mangiare e bere, come girare, dove dormire, quanto costa, come orientarsi, impressioni conclusive. Semplice ed efficace direi. Numerose le città di cui sono già state realizzate le guide: si va da Reykjavik a Roma, da Toronto a Mosca, da Barcellona a Brooklyn.
Il sito contiene anche directory utili per l'organizzazione del viaggio, inclusi i siti di prenotazione di voli, hotel e treni.
Devo dire che l'ultima guida è stata pubblicata un anno fa. Non so perciò se l'autore continui ad aggiornare il blog o si sia fermato. Quel che c'è è comunque una buona risorsa.
Perché parla sì di viaggi, ma di viaggi brevi. Ed è un po' una manna per chi ha poco tempo, oppure, per chi, come me, pur trovandosi spesso in viaggio per motivi di lavoro, di tempo per vedere o conoscere le città ne ha proprio poco.
E allora, inevitabilmente, scatta la selezione. Con tutto il rammarico che l'operazione comporta.
Ecco, questo blog - mi spiace è in inglese, ma non ne conosco un altro simile o altrettanto ricco in italiano - è proprio quello che serve.
Il titolo è di per sè il programma. Avventura in 48 ore. Ovvero: due giorni di tempo per assaporare qualcosa di una città.
Lo schema è semplice: cosa vedere, mangiare e bere, come girare, dove dormire, quanto costa, come orientarsi, impressioni conclusive. Semplice ed efficace direi. Numerose le città di cui sono già state realizzate le guide: si va da Reykjavik a Roma, da Toronto a Mosca, da Barcellona a Brooklyn.
Il sito contiene anche directory utili per l'organizzazione del viaggio, inclusi i siti di prenotazione di voli, hotel e treni.
Devo dire che l'ultima guida è stata pubblicata un anno fa. Non so perciò se l'autore continui ad aggiornare il blog o si sia fermato. Quel che c'è è comunque una buona risorsa.
martedì 19 agosto 2014
Fryderyk Franciszek
Varsavia ci ha accolti con un vento gelido che taglia il fiato e sa già di autunno. Che metterebbe anche di cattivo umore se non fosse che in Italia, a Gressoney, c'erano 3,5 gradi ilùgiorno di Ferragosto.
In realtà, è bastato ricorrere al tranquillizzante abbigliamento a cipolla - sopra la maglia un'altra maglia, sopra la seconda maglia il pile e alla mala parata c'è sempre l'antivento di emergenza - per dar via alle camminate.
Perchè anche qui si cammina. E tanto pure.
Esserci arrivati nel fine settimana, ci ha regalato però una magia: il concerto domenicale nel Parco Reale Łazienki [a proposito, la Ł si legge U, è una delle poche cose che ho imparato in dieci giorni] proprio ai piedi del monumento a Chopin.
Già il Parco è una meraviglia ed è stato piacevolissimo camminare tra l'Orangerie e il Castello sull'acqua, ma è stato ancor più bello, poco prima di mezzogiorno, vedere frotte di persone di tutte le provenienze, di tutte le età, di tutti gli stili, arrivare nei pressi del monumento e cercare il proprio posto: su una panchina, sul bordo della fontana, semplicemente sedute sul prato.
Un programma di un'ora, comprendente Valzer, Mazurke e naturalmente le Polonaises. A noi è "toccata" una giovane pianista, vincitrice di diversi concorsi internazionali. Nel pomeriggio la replica, in questo caso con un altro programma e un pianista giapponese.
Il resto della città è tutta Storia. Quella con la S maiuscola, ché per arrivare a Stare Miasto si passa davanti a memoriali o installazioni che ricordano Solidarność, il Cardinale Wyszyński, l'insurrezione del 1944.
E poi si arriva alla Piazza del Mercato, Rynek Starego Miasta, con quelle foto che ricordano come fu letteralmente rasa al suolo e poi ricostruita, seguendo le tracce di quadri e fotografie.
E' tutto un viaggio nella storia il passeggiare per Varsavia.
Poi arriva il tramonto e le case diventano rosa. E allora non c'è storia che tenga. E' tutto, semplicemente, bello.
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sabato 16 agosto 2014
Polonaises & Florilegio
Metà vacanza è ormai scavallata e domani ci trasferiamo a Varsavia.
Non ci siamo fatti mancare (quasi) niente in questi giorni e ieri abbiamo coronato la nostra settimana con la visita alle miniere di sale di Wielicza.
Davvero interessanti, soprattutto se si pensa che rappresentano un compendio di centinaia e centinaia di anni di lavoro dell'uomo. E soprattutto se non le si paragona alle Grotte di Postumia, che, essendo per l'appunto grotte, con le miniere per l'estrazione del sale hanno poco a che vedere. Ma tant'è: i commentatori di TripAdvisor ogni tanto hanno visioni bizzarre.
A noi comunque sono piaciute e i ragazzi si sono divertiti da matti. Credo che sia più che sufficiente.
Io e Laura abbiamo salutato le cameriere del caffè in piazza, ormai espertissime del mio caffè macchiato freddo e pazientissime insegnanti di pronuncia. Tanto pazienti da arrischiarsi a insegnarci uno scioglilingua che naturalmente ho già dimenticato.
E poi i souvenir. Potevo non arricchire la mia collezione di Matrioske iniziata da bambina quando la Russia era ancora URSS?
Mais non, naturellement! E questa volta ho pure esagerato. Una tradizionale, una tondeggiante, e una Polski Babuska. Crepi l'avarizia!
Essendo venerdì, mi son tenuta da parte un blog che - non a caso - parla di Italia e Polonia.
Interessante soprattutto per chi dovesse pensare di trasferirsi da queste parti.
Il blog si chiama QuiPoloniaeItalia e tra i post consiglio senza dubbio questo del 2011. Un po' datato ma attualissimo: la cosa più raccapricciante cui abbiamo assistito è stata una esibizione di un duo italo-polacco, italiano lui, polacca lei, iniziata con Nostalgia Canaglia e proseguita con La città e Puricinella, rigorosamente cantate nei due idiomi. Ci siamo allontanati prima di scoprire se il Trottolino Amoroso avrebbe fatto parte del programma, inseguiti, tuttavia, dalle note di Felicità. E ho detto tutto.
Non ci siamo fatti mancare (quasi) niente in questi giorni e ieri abbiamo coronato la nostra settimana con la visita alle miniere di sale di Wielicza.
Davvero interessanti, soprattutto se si pensa che rappresentano un compendio di centinaia e centinaia di anni di lavoro dell'uomo. E soprattutto se non le si paragona alle Grotte di Postumia, che, essendo per l'appunto grotte, con le miniere per l'estrazione del sale hanno poco a che vedere. Ma tant'è: i commentatori di TripAdvisor ogni tanto hanno visioni bizzarre.
A noi comunque sono piaciute e i ragazzi si sono divertiti da matti. Credo che sia più che sufficiente.
Io e Laura abbiamo salutato le cameriere del caffè in piazza, ormai espertissime del mio caffè macchiato freddo e pazientissime insegnanti di pronuncia. Tanto pazienti da arrischiarsi a insegnarci uno scioglilingua che naturalmente ho già dimenticato.
E poi i souvenir. Potevo non arricchire la mia collezione di Matrioske iniziata da bambina quando la Russia era ancora URSS?
Mais non, naturellement! E questa volta ho pure esagerato. Una tradizionale, una tondeggiante, e una Polski Babuska. Crepi l'avarizia!
Essendo venerdì, mi son tenuta da parte un blog che - non a caso - parla di Italia e Polonia.
Interessante soprattutto per chi dovesse pensare di trasferirsi da queste parti.
Il blog si chiama QuiPoloniaeItalia e tra i post consiglio senza dubbio questo del 2011. Un po' datato ma attualissimo: la cosa più raccapricciante cui abbiamo assistito è stata una esibizione di un duo italo-polacco, italiano lui, polacca lei, iniziata con Nostalgia Canaglia e proseguita con La città e Puricinella, rigorosamente cantate nei due idiomi. Ci siamo allontanati prima di scoprire se il Trottolino Amoroso avrebbe fatto parte del programma, inseguiti, tuttavia, dalle note di Felicità. E ho detto tutto.
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giovedì 14 agosto 2014
Cripstak non abita più qui [..e nemmeno Petrectek]
Decidere di trascorrere le vacanze in Polonia, lo so, può sembrare strano. Soprattutto se queste sono le uniche settimane nell'anno in cui si può staccare un po' dai ritmi del quotidiano.
E probabilmente ancor più strana può sembrare l'idea di fermarsi una settimana intera a Cracovia.
Però, cercando informazioni mesi fa, ci siamo resi conto che c'è tanto da fare e vedere non solo in città, ma anche nei dintorni, cosicché abbiamo optato per un prolungamento del soggiorno.
Che dire? Cracovia è un piccolo gioiello, soprattutto in tutta la zona vecchia e centrale. Una festa, non solo per quella piazza e quella cattedrale che da sole valgono il viaggio, ma per le persone, il via vai, i rumori, i profumi, la musica.
Brulica Cracovia e davvero sembra non dormire mai.
Si gira a piedi, basta aver voglia di camminare un po', e si passa dal parco alla Vistola, dal fiume al Castello, dalla rocca al quartiere ebraico, così, quasi senza accorgersene.
E' una città tutto sommato facile: facile girare, facile mangiare, facile visitare. Il difficile è la lingua, va da sé, troppo piena di consonanti, propinate a mazzi come se non ci fosse un domani. Ma l'inglese qui è conosciuto. Altrimenti ci si intende a gesti, come nella notte dei tempi.
Lo street food qui è fatto di stinchi e spiedini, ma anche degli immancabili Pierogi, ravioli nel cui ripieno può esserci qualunque cosa: carne e spezie, spinaci, formaggio e patate, funghi, ma anche lamponi, cioccolato, fragole, pesche.
Il Castello, oltre alla più classica delle caverne dei draghi, conserva anche la Dama con l'Ermellino di Leonardo.
Un po' di coda per i biglietti, ma poi la visita è quasi privata. Quando siamo arrivati noi, di fatto eravamo gli unici visitatori nella stanza, senza alcun affanno sul tempo a disposizione.
E poi c'è la storia. Come si fa a venire qui e non andare a visitare la fabbrica di Oskar Schinder e i campi di Auschwitz e Birkenau?
Ci siamo andati anche noi e mi spiace essere scontata, ma non riesco a definire altro che "dolorosa ma doverosa" questa esperienza. Doverosa perché ritengo importante l'omaggio alle vittime di quell'orrore. Sul dolorosa credo non servano spiegazioni.
Ci sarebbe qualcosa da eccepire su alcuni connazionali che - nonostante il reiterato invito da parte delle guide a un comportamento rispettoso - passeggiavano tra le baracche trangugiando i loro tramezzini e lamentandosi del fatto che il giro, oltre che lungo, comprendesse anche una tappa alle latrine. Ma mi taccio per carità di patria. Ecco.
E probabilmente ancor più strana può sembrare l'idea di fermarsi una settimana intera a Cracovia.
Però, cercando informazioni mesi fa, ci siamo resi conto che c'è tanto da fare e vedere non solo in città, ma anche nei dintorni, cosicché abbiamo optato per un prolungamento del soggiorno.
Che dire? Cracovia è un piccolo gioiello, soprattutto in tutta la zona vecchia e centrale. Una festa, non solo per quella piazza e quella cattedrale che da sole valgono il viaggio, ma per le persone, il via vai, i rumori, i profumi, la musica.
Brulica Cracovia e davvero sembra non dormire mai.
Si gira a piedi, basta aver voglia di camminare un po', e si passa dal parco alla Vistola, dal fiume al Castello, dalla rocca al quartiere ebraico, così, quasi senza accorgersene.
E' una città tutto sommato facile: facile girare, facile mangiare, facile visitare. Il difficile è la lingua, va da sé, troppo piena di consonanti, propinate a mazzi come se non ci fosse un domani. Ma l'inglese qui è conosciuto. Altrimenti ci si intende a gesti, come nella notte dei tempi.
Lo street food qui è fatto di stinchi e spiedini, ma anche degli immancabili Pierogi, ravioli nel cui ripieno può esserci qualunque cosa: carne e spezie, spinaci, formaggio e patate, funghi, ma anche lamponi, cioccolato, fragole, pesche.
Il Castello, oltre alla più classica delle caverne dei draghi, conserva anche la Dama con l'Ermellino di Leonardo.
Un po' di coda per i biglietti, ma poi la visita è quasi privata. Quando siamo arrivati noi, di fatto eravamo gli unici visitatori nella stanza, senza alcun affanno sul tempo a disposizione.
E poi c'è la storia. Come si fa a venire qui e non andare a visitare la fabbrica di Oskar Schinder e i campi di Auschwitz e Birkenau?
Ci siamo andati anche noi e mi spiace essere scontata, ma non riesco a definire altro che "dolorosa ma doverosa" questa esperienza. Doverosa perché ritengo importante l'omaggio alle vittime di quell'orrore. Sul dolorosa credo non servano spiegazioni.
Ci sarebbe qualcosa da eccepire su alcuni connazionali che - nonostante il reiterato invito da parte delle guide a un comportamento rispettoso - passeggiavano tra le baracche trangugiando i loro tramezzini e lamentandosi del fatto che il giro, oltre che lungo, comprendesse anche una tappa alle latrine. Ma mi taccio per carità di patria. Ecco.
[e comunque continuo a domandarmi come possa un popolo che ha vissuto quell'orrore non comprendere l'enormità di ciò che sta facendo a Gaza]
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mercoledì 13 agosto 2014
Doveroso Tributo
Thank You for the smiles, for the laughs, for the thoughts
(di come procede questo nostro viaggio a Est parlerò poi. Ieri è stato un triste risveglio, non credo solo per me. Di quei risvegli con i lucciconi. Perché ha comunque fatto parte della mia vita, partendo da Mork & Mindy. Ed è inutile che sui social qualcuno stigmatizzi il ripetere il suo nano-nano o il Mi chiamo Mork e vengo da Ork, perché molti della mia generazione lo hanno amato e conosciuto così. Prima del professor Keating, prima di Good Morning Vietnam, prima dell'Uomo Bicentenario. Ed è da qui che nasce il senso di perdita. Perciò, caro Mork, farewell. E salutami John Belushi).
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domenica 10 agosto 2014
E io che la chiamavo Preßburg
Quando studiavo tedesco all'università era Preßburg e guai a sbagliare. Fatt'è che per me Bratislava era un nome e un rimpianto. Perché nei mesi che all'epoca trascorsi a Vienna per studio, sperando di concludere una tesi che poi ribaltai immediatamente al mio rientro in Italia, io a Bratislava non riuscii ad andare. Ci voleva un passaporto, che io non avevo. Ci voleva anche un visto. Che comunque non avrei ottenuto vista la mancanza di documenti validi. Così restò nel cassetto, sempre sorpassata da altre città, da altri luoghi, probabilmente tutti più importanti o "urgenti".
Quest'anno, però, ce l'ho fatta. E Bratislava è stata la prima tappa di questo viaggio che ci sta portando un po' a Est in Europa.
Un giorno e mezzo, giusto il tempo di un assaggio, di una passeggiata al castello, di un giro tra le chiese, inclusa quella azzurra che sembra un confetto, di un girovagar spesierato nel centro, tra le imposte dipinte, gli omini di bronzo, i mille bar, il viale di Stare Mesto e una rassegna di musica Rom che riempie di violini zigani l'aria. E poi libri e librerie. Ovunque. Nei caffè, per strada, nelle nicchie.
Free reading, si legge talvolta. E se non fosse che la lingua è oltre l'incomprensibile uno ne approfitterebbe anche. Intanto si ammira la civiltà di un paese in cui il pubblico significa di tutti e non di nessuno.
Quest'anno, però, ce l'ho fatta. E Bratislava è stata la prima tappa di questo viaggio che ci sta portando un po' a Est in Europa.
Un giorno e mezzo, giusto il tempo di un assaggio, di una passeggiata al castello, di un giro tra le chiese, inclusa quella azzurra che sembra un confetto, di un girovagar spesierato nel centro, tra le imposte dipinte, gli omini di bronzo, i mille bar, il viale di Stare Mesto e una rassegna di musica Rom che riempie di violini zigani l'aria. E poi libri e librerie. Ovunque. Nei caffè, per strada, nelle nicchie.
Free reading, si legge talvolta. E se non fosse che la lingua è oltre l'incomprensibile uno ne approfitterebbe anche. Intanto si ammira la civiltà di un paese in cui il pubblico significa di tutti e non di nessuno.
Cromatismi in un caffè. Per altre foto, c'è il link a Instagram |
domenica 3 agosto 2014
Qualcuno glie lo dica, per favore
Va bene: la retorica è un'arte. Arte antica. Che mira a persuadere, a convincere chi ascolta.
Tuttavia, si parla di figure retoriche. Figure, al plurale. Vuol dire che ce ne è più d'una. Wikipedia. che pure non è fonte unica né certa di sapere, ne conta 172 in altrettante pagine.
Quindi, qualcuno può spiegare al signor Giuseppe detto Beppe e al signor Carlo che non esiste solo l'iperbole? Per altro, quando si scelgono paragoni odiosi, l'iperbole risulta se possibile ancora più fastidiosa.
Questioni di stile (ovvero florilegio domenicale)
Quando anni fa (tanti anni fa) ho compreso l'inarrivabilità delle Heburn (Audrey e Katharine, in stretto ordine alfabetico), ho cercato di farmene una ragione.
E non è solo una questione di stazza, è soprattutto una questione di stile. Tralasciando la faccenda del petit noir, che a non saperlo indossare si rischia subito l'effetto vedova, vogliamo parlare della classe con cui Katharine indossava maschilissimi pantaloni, o degli affusolatissimi pescatori che fasciavano la minuscola Audrey?
Detto questo, posto che comunque il mio essere vanitosamente donna non mi fa trascurare la questione moda & affini,
io
odio
le
fashion blogger
Le fashion blogger, tipo la Chiara Ferragni di The Blonde Salad (non le regalo un clic, quindi se vi va ve la cercate con Google), o l'americana Wendy Nguyen di Wendy's Lookbook (come sopra per il clic). Quelle che si alzano al mattino con in testa l'outfit della giornata fin dalla sera prima. Ma che dico l'outfit, gli outfit della giornata. Mattino-pomeriggio-e-sera. Quelle che hanno la clutch, che fanno il pairing e che scelgono il pattern. Mon Dieu.Ma visto che siamo in un mondo libero, libere loro di esistere, libera io di non frequentarle.
Però, però, però, devo dire che mi divertono i blog anti.
Per capire cosa intendo, vi consiglio il suo ultimo post, in ordine di data, dedicato a Vogue e quello sullo Shatush. Meritano.
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giovedì 31 luglio 2014
De-Strutturalismi
Il viaggio è stato programmato ormai più di tre mesi fa. Itinerario, tappe, alberghi, alloggi. Tutto già fissato e confermato. E non mi sono ancora procurata una guida decente. Ho un sacchetto colmo di depliant, brochure, foglietti ereditati da amici, conoscenti e sconosciuti che ci sono già stati e li hanno condivisi con noi. Ma non mi sono ancora procurata uno straccio di guida che sia uno. Qualcosa di strutturato, normalizzato, ordinato. Il punto è che pur mancando ancora una settimana e pur essendo certa che il tempo se volessi potrei anche trovarlo, alla fine credo che non ci proverò nemmeno a cercarla, la benedetta guida. Che non dico il Baedeker, mi basterebbe qualcosa di un filo più semplice. Andrò in vacanza da destrutturata. Credo.
domenica 27 luglio 2014
Florilegi Collettivi
Sempre un po' fuori tempo massimo, lo so. Ma se il venerdì spesso rischia di essere un pandemonio, il sabato è il giorno dei giri, delle spese, del caffè con le amiche, del relax serale. Ma la settimana non è ancora finita, quindi... ecco un paio di segnalazioni.
Il blog che segnalo è un blog collettivo, una sorta di palestra di scrittura, nella quale si trovano contributi e spunti decisamente interessanti. E' un lab, a tutti gli effetti, come ben si intuisce dal nome (GallizioLab).
Io ci sono arrivata seguendo gli scritti di Mafe de Baggis, che per chi si occupa di blog e social media, oltre che di rete e socialcoserie, è una certezza. E mi è piaciuto. La mia vanità mi ha fatto anche balenare l'idea di prendervi parte, ma la consapevolezza della mia scarsa creatività ha frenato l'impulso sul nascere. Ma credo che per qualcuna delle mie conoscenze di blog la strada sia sicuramente spianata! :)
Una postilla al post, poi, voglio dedicarla non a un blog, bensì a un sito. Quello del NMAAHC, ovvero il National Museum of Afro-American History and Culture. In via di realizzazione a Washington, promette di essere un centro per raccontare la storia e l'eredità della cultura afro-americana in Usa. Il sito, in attesa che il museo apra i battenti, è già una promessa.
Il blog che segnalo è un blog collettivo, una sorta di palestra di scrittura, nella quale si trovano contributi e spunti decisamente interessanti. E' un lab, a tutti gli effetti, come ben si intuisce dal nome (GallizioLab).
Io ci sono arrivata seguendo gli scritti di Mafe de Baggis, che per chi si occupa di blog e social media, oltre che di rete e socialcoserie, è una certezza. E mi è piaciuto. La mia vanità mi ha fatto anche balenare l'idea di prendervi parte, ma la consapevolezza della mia scarsa creatività ha frenato l'impulso sul nascere. Ma credo che per qualcuna delle mie conoscenze di blog la strada sia sicuramente spianata! :)
Una postilla al post, poi, voglio dedicarla non a un blog, bensì a un sito. Quello del NMAAHC, ovvero il National Museum of Afro-American History and Culture. In via di realizzazione a Washington, promette di essere un centro per raccontare la storia e l'eredità della cultura afro-americana in Usa. Il sito, in attesa che il museo apra i battenti, è già una promessa.
giovedì 24 luglio 2014
Mi-Ami-Ma-Quanto-Mi-Ami?
Ovvero, bizzarrie made in Usa. Cioè, non è che non abbia fatto foto più serie nel mio mordi e fuggi a Washington. Ho riverito Lincoln, Washington e pure Kennedy (tutti, già che c'ero), ho omaggiato Martin Luther King, i morti del Vietnam, quelli delle battaglie del Pacifico e di quelle sull'Atlantico, sono passata da Georgetown e da Dupont Circlee ho fatto l'immancabile scatto davanti alla Casa Bianca e alla sede dell'FBI.
Ma davanti a questa targa, il mio animocazzaro zuzzurellone non ha saputo trattenersi. E fa niente se il proprietario era lì, seduto al volante. Del resto, se ti fai confezionare un tal capolavoro, lo avrai pure messo nel conto, no?
Ma davanti a questa targa, il mio animo
Recuperi cinematografici
Un viaggio aereo di 8 ore e mezzo è un'ottima occasione per recuperare qualche film perso durante l'anno, nonostante il cineforum. Uno, a dire il vero, perché io sono una che crolla e dorme.
Non so dire perché io abbia scelto Saving Mr. Banks, tra le tante opzioni. Forse perché lo pensavo leggerino e abbandonabile al primo cenno di palpebra calante.
In realtà non ho perso un frame e ho sparso tutta l'abbondante scorta di lacrime di commozione incurante del mio vicino di posto. Roba da finire col fazzoletto in mano e l'occhio devastato.
La storia è carina, oltre che vera: si racconta del viaggio che la scrittrice inglese (che in realtà era australiana) Pamela Lyndon Travers (che in realtà di cognome faceva Goff) fece da Londra a Hollywood per incontrare Walt Disney che da oltre 20 ani stava cercando di acquisire i diritti di riproduzione cinematografica del capolavoro della letteratura per l'infanzia Mary Poppins.
Sono le difficoltà economiche che spingono Travers a questo passo e l'accordo sarà comunque definitivo solo se si rispetteranno i suoi diktat: niente musical, niente cartoni animati, e neppure Dick Van Dyke.
Appunto.
Come sia andata a finire la questione lo sappiamo, visto che - io per lo meno - si conosce quasi più il film del libro, Però Emma Thomson è spettacolarmente acida. Credo di voler diventare come lei mano a mano che invecchio. Tom Hanks, non proprio il mio attore preferito, fa la sua bella figura nei panni di Walt Disnery.
Ah, p poi c'è anche Colin Farrel. E ho detto tutto.
Il secondo dei film-recupero l'ho visto stasera, nell'ultima serata del cineforum al coperto. Dalla prossima settimana all'aperto, Giove pluvio permettendo naturalmente.
Il film, dicevo, è Her, di Spike Jonze e con Joaquin Phoenix e la splendida voce di Scarlett Johansson (lei non si vede nemmeno in una sequenza del film) come protagonisti. Un po' lungo, un po' lento, il film non parla di tecnologia, pur essendo la tecnologia funzionale allo sviluppo della storia. Parla dei rapporti umani, della comunicazione, dell'estraniamento, dell'essere e del sentirsi soli. E lo fa con garbo e tanta malinconia. Quella malinconia a tratti struggente, che già avevo visto in Rachel in Blade Runner.
Va visto in lingua originale, perché non credo proprio che la voce della Johansson possa trovare una interprete in Micaela Ramazzotti.
Non so dire perché io abbia scelto Saving Mr. Banks, tra le tante opzioni. Forse perché lo pensavo leggerino e abbandonabile al primo cenno di palpebra calante.
In realtà non ho perso un frame e ho sparso tutta l'abbondante scorta di lacrime di commozione incurante del mio vicino di posto. Roba da finire col fazzoletto in mano e l'occhio devastato.
La storia è carina, oltre che vera: si racconta del viaggio che la scrittrice inglese (che in realtà era australiana) Pamela Lyndon Travers (che in realtà di cognome faceva Goff) fece da Londra a Hollywood per incontrare Walt Disney che da oltre 20 ani stava cercando di acquisire i diritti di riproduzione cinematografica del capolavoro della letteratura per l'infanzia Mary Poppins.
Sono le difficoltà economiche che spingono Travers a questo passo e l'accordo sarà comunque definitivo solo se si rispetteranno i suoi diktat: niente musical, niente cartoni animati, e neppure Dick Van Dyke.
Appunto.
Come sia andata a finire la questione lo sappiamo, visto che - io per lo meno - si conosce quasi più il film del libro, Però Emma Thomson è spettacolarmente acida. Credo di voler diventare come lei mano a mano che invecchio. Tom Hanks, non proprio il mio attore preferito, fa la sua bella figura nei panni di Walt Disnery.
Ah, p poi c'è anche Colin Farrel. E ho detto tutto.
Il secondo dei film-recupero l'ho visto stasera, nell'ultima serata del cineforum al coperto. Dalla prossima settimana all'aperto, Giove pluvio permettendo naturalmente.
Il film, dicevo, è Her, di Spike Jonze e con Joaquin Phoenix e la splendida voce di Scarlett Johansson (lei non si vede nemmeno in una sequenza del film) come protagonisti. Un po' lungo, un po' lento, il film non parla di tecnologia, pur essendo la tecnologia funzionale allo sviluppo della storia. Parla dei rapporti umani, della comunicazione, dell'estraniamento, dell'essere e del sentirsi soli. E lo fa con garbo e tanta malinconia. Quella malinconia a tratti struggente, che già avevo visto in Rachel in Blade Runner.
Va visto in lingua originale, perché non credo proprio che la voce della Johansson possa trovare una interprete in Micaela Ramazzotti.
mercoledì 23 luglio 2014
P-Ossession
I luoghi abbandonati, come questo blog, si riempiono di oscure presenze. Che i viandanti non notano, grazie all'efficace antispam di Blogger - credo - ma io si, visto che ricevo le notifiche sulla casella di posta.
Ora, la media si aggira sulla trentina di messaggi al giorno (questo significa che qualche volta ho toccato pure i cinquanta), con sproloqui vari, tutti, naturalmente, in inglese. Un inglese suggestivo e abborracciato che fa, più o meno, così
Ovvero parole a caso mischiate nel frullatore. Siccome mi han detto che per scacciare i fantasmi dalle case infestate basta abitarle, annuncio ai signori spiriti che la padrona di casa è tornata. Tiè. Si aprano le finestre, sia faccia giù la polvere, si spalanchino le porte. E voi... sciò.
Ora, la media si aggira sulla trentina di messaggi al giorno (questo significa che qualche volta ho toccato pure i cinquanta), con sproloqui vari, tutti, naturalmente, in inglese. Un inglese suggestivo e abborracciato che fa, più o meno, così
your mate a top-pass create from raw material?
so say howdy to your shop. Try to get the Sunday-go-to-meeting charge you can try and
you intent be certain that you accept scholarly a occurrence or two
weeks for your byplay. If a youngster in the section above, you can to
find
Ovvero parole a caso mischiate nel frullatore. Siccome mi han detto che per scacciare i fantasmi dalle case infestate basta abitarle, annuncio ai signori spiriti che la padrona di casa è tornata. Tiè. Si aprano le finestre, sia faccia giù la polvere, si spalanchino le porte. E voi... sciò.
venerdì 27 giugno 2014
Questa volta è giusto pure il giorno
Ovvero: il florilegio del venerdì
Nella mia incoerenza, ben consapevole che anche il mio passaggio alla lettura digitale non contribuisce al benessere dei librai, io le librerie le amo.
Anzi, amo le librerie e amo i librai. Più o meno incondizionatamente.
Riesco ad amare persino le librerie di catena, che siano italiane, inglesi o americane poco importa.
Le amo grandi e spaziose, ma anche piccole e sovraffollate. Ordinatissime o piene di ninnoli. Anche un po’ vissute. Come Flourish & Blotts (Il Ghirigoro, in italiano) nei libri di Harry Potter. Oppure ultramoderne.
E amo i librai dicevo.
Amo la mia libraia, che anche se sa che la tradisco con un Kindle passa comunque tempo a parlare di libri di con me.
Amo i librai vecchio stampo e quelli modernisti.
Per questo i loro blog mi attraggono. Perché sono pieni di uno humour sottile e di quegli spunti di amarezza di chi vede messo in discussione il suo lavoro.
E su questo punto io mi assolvo un po’.
Considerato quanto è ancora risibile la percentuale di lettori che leggono in digitale (i dati presentati al Salone del Libro dicono il 3 per cento del totale), credo che il problema sia più la logica del bestseller, che ti fa infilare il libro must del momento nel carrello insieme al caciocavallo il sabato mattina, tanto vien via con lo sconto e che scoraggia le scelte critiche e soprattutto la scoperta.
L’importante è che il nome noto venda. Il resto è accessorio.
[a proposito, qualcuno ha mai letto i gialli delle case di ringhiera di Francesco Recami? Mi è stato consigliato ma non ho ancora preso nulla. Pubblica con Sellerio]
In questo sproloquio, quasi mi dimenticavo la faccenda del florilegio.
E per farmi perdonare le settimane di assenza, non uno ma ben tre blog di librai. Si sorride eh!
martedì 24 giugno 2014
Non è che son pigra, giuro
A dire il vero, mi sento un po' John Belushi. Le scuse le ho tutte e potrei arrivare anche io fino alle cavallette. Poi però resta il fatto che passano i giorni e io mi perdo via.
Poi arrivano i momenti come questo, in questa stanza di hotel a Barcellona, mentre fuori impazzano i fuochi della notte di San Giovanni; i momenti giusti. Quelli in cui torna il momento di scrivere.
Anche se non so bene cosa, perché mi manca il filo logico in questo lasso di tempo, se non quello delle grandi fatiche e delle grandi gioie.
Le grandi fatiche, nel rincorrere un progetto nuovo, che finalmente va in porto. E se è vero che le ore di sonno perse sono state tante, perché nessun progetto nuovo scalza mai i progetti vecchi, così tutto si affastella, tutto si aggiunge, tutto si affianca, è anche vero che l'entusiasmo è una molla incredibile.
E per me, che da 14 anni lavoro quasi esclusivamente online, è stato un bel ricominciare il tornare a lavorare sulla carta, con le gabbie, il timone, gli ingombri, le prime bozze, le ciano, il visto si stampi. Che poi è vero che è come andare in bicicletta; quando la inforchi ti ricordi subito come si fa.
E poi ci sono le gioie. Quelle piccole eh, che di cose piccole si vive anche. Una gita lavorativa fuoriporta. Un amico che si aggrega alla congrega delle comari del cineforum, confermando che il pettegolezzo non è sola prerogativa femminile. Un complimento sul lavoro. Una tre giorni di street art in città.
Gli spettacoli delle ragazze. Lo spettacolo di danza e la rassegna teatrale dove la creatura ormai spazia dalla recitazione alla scrittura dei copioni, dalla cura dei movimenti di scena alla regia, alla gestione delle tecniche.
E anche qui, la molla è l'entusiasmo. Altrimenti uno non si imbarcherebbe in una avventura che nel giro di un mese mette in pista sul territorio "1000 attori, 94 spettacoli in 25 luoghi", come recita la locandina.
E io, che dei 94 spettacoli ne ho visti un po', riconosco di essermi divertita, e tanto pure. Perché persino negli spettacoli dei bambini mi sono trovata sul palco attori in erba con il senso della scena, con il senso del ritmo, con il senso dei tempi teatrali da far invidia. Bellissimo.
E per concludere questo sconclusionato post, c'è un'ultima gioia privata. Venticinque anni non sono un punto di arrivo, né un traguardo. Una tappa importante però si. E sono felice di averla raggiunta.
Poi arrivano i momenti come questo, in questa stanza di hotel a Barcellona, mentre fuori impazzano i fuochi della notte di San Giovanni; i momenti giusti. Quelli in cui torna il momento di scrivere.
Anche se non so bene cosa, perché mi manca il filo logico in questo lasso di tempo, se non quello delle grandi fatiche e delle grandi gioie.
Le grandi fatiche, nel rincorrere un progetto nuovo, che finalmente va in porto. E se è vero che le ore di sonno perse sono state tante, perché nessun progetto nuovo scalza mai i progetti vecchi, così tutto si affastella, tutto si aggiunge, tutto si affianca, è anche vero che l'entusiasmo è una molla incredibile.
E per me, che da 14 anni lavoro quasi esclusivamente online, è stato un bel ricominciare il tornare a lavorare sulla carta, con le gabbie, il timone, gli ingombri, le prime bozze, le ciano, il visto si stampi. Che poi è vero che è come andare in bicicletta; quando la inforchi ti ricordi subito come si fa.
E poi ci sono le gioie. Quelle piccole eh, che di cose piccole si vive anche. Una gita lavorativa fuoriporta. Un amico che si aggrega alla congrega delle comari del cineforum, confermando che il pettegolezzo non è sola prerogativa femminile. Un complimento sul lavoro. Una tre giorni di street art in città.
Gli spettacoli delle ragazze. Lo spettacolo di danza e la rassegna teatrale dove la creatura ormai spazia dalla recitazione alla scrittura dei copioni, dalla cura dei movimenti di scena alla regia, alla gestione delle tecniche.
E anche qui, la molla è l'entusiasmo. Altrimenti uno non si imbarcherebbe in una avventura che nel giro di un mese mette in pista sul territorio "1000 attori, 94 spettacoli in 25 luoghi", come recita la locandina.
E io, che dei 94 spettacoli ne ho visti un po', riconosco di essermi divertita, e tanto pure. Perché persino negli spettacoli dei bambini mi sono trovata sul palco attori in erba con il senso della scena, con il senso del ritmo, con il senso dei tempi teatrali da far invidia. Bellissimo.
E per concludere questo sconclusionato post, c'è un'ultima gioia privata. Venticinque anni non sono un punto di arrivo, né un traguardo. Una tappa importante però si. E sono felice di averla raggiunta.
martedì 3 giugno 2014
Cercansi Amarene Disperatamente
In attesa che il durone di Vignola e le Ferrovia di Cerignola raggiungano un prezzo tale da non richiedere l'accensione di un mutuo, qualcuno mi può di grazia dire dove si comprano oggi le amarene?
Cos'è? Non si coltivano più? Sono sparite dai giardini, dai campi e - cosa ancor grave per chi come me non abita certo in zone rurali - dai mercati. Non ì che devo affidarmi al Wwf delle piante per poterle riassaggiare vero?
Cos'è? Non si coltivano più? Sono sparite dai giardini, dai campi e - cosa ancor grave per chi come me non abita certo in zone rurali - dai mercati. Non ì che devo affidarmi al Wwf delle piante per poterle riassaggiare vero?
domenica 1 giugno 2014
Il Florilegio del Venerdì [anche se ormai è domenica]
In ritardo, lo so, ma non credo che si timbri un cartellino, vero?
Il blog che segnalo questa settimana l'ho conosciuto grazie alle frequentazioni di Dantés e Poison.
E' un blog per appassionati di cinema, di musica, di serie televisive, di cultura pop nel senso lato del termine: Pensieri Cannibali.
L'autore è giornalista, blogger, ma soprattutto appassionato e basta dare un'occhiata al blog per capire che non scrittura occasionale si tratta.
Al di là della ripartizione in rubriche, sempre comoda per leggere ciò che più interessa, due sono per me le sezioni "cult" di questo blog: Le Top 10 cannibali (Rob Fleming non solo ha lasciato il segno ma raddoppia pure) e Blog Wars, la disfida a colpi di classifiche e recensioni con il "rivale" (si fa per dire) WhiteRussian.
Se vi piace il genere, io un giro ve lo consiglio.
Il blog che segnalo questa settimana l'ho conosciuto grazie alle frequentazioni di Dantés e Poison.
E' un blog per appassionati di cinema, di musica, di serie televisive, di cultura pop nel senso lato del termine: Pensieri Cannibali.
L'autore è giornalista, blogger, ma soprattutto appassionato e basta dare un'occhiata al blog per capire che non scrittura occasionale si tratta.
Al di là della ripartizione in rubriche, sempre comoda per leggere ciò che più interessa, due sono per me le sezioni "cult" di questo blog: Le Top 10 cannibali (Rob Fleming non solo ha lasciato il segno ma raddoppia pure) e Blog Wars, la disfida a colpi di classifiche e recensioni con il "rivale" (si fa per dire) WhiteRussian.
Se vi piace il genere, io un giro ve lo consiglio.
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venerdì 30 maggio 2014
Pettegolezzi
Va bene, lo dico. A me questa cosa Quentin Tarantino e Uma Thurman insieme 20 anni dopo fa quasi commuovere. E' che ci ho l'animo romantico, in fondo.
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giovedì 29 maggio 2014
Piccole attese che danno soddisfazione
Lo aspettavo. L'ultimo libro di Murakami Aruki lo aspettavo proprio. Perché anche se a me la trilogia di IQ84 era piaciuta, è pur vero che faccio fatica a collocarla in cima alla sua produzione.
Per questo, il nuovo L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio lo aspettavo con la stessa ansia con cui si attende un amico dopo tanto che non ci si vede. E con lo stesso piacere l'ho letto.
Perché poi è un romanzo che parla di amicizia e dell'irrisolto che ognuno di noi, in quel pellegrinaggio che in fondo è la vita, si porta dietro. E di come prima o poi il momento arrivi perché l'irrisolto diventi risolto, per poter finalmente voltare pagina. Bentornato Murakami.
Ed è con la stessa trepidazione che aspettavo il ritorno di Salvo. Sì, lui. Montalbano. Da settimane cercavo nei vari blog dedicati al mondo dei libri tracce di una possibile data di pubblicazione, salvo leggerla lì, nero su bianco, dopo il Salone del Libro: 29 maggio. E non appena è stato prenotabile, l'ho prenotato.
Così, ieri sera, ho aspettato la mezzanotte come si aspetta Gesù Bambino a Natale, giusto il tempo di vedere la rotellina girare e... tac, vedere il libro lì, pronto per essere letto.
Il botto del trono fu accussì forti che Montalbano non sulo vinni arrisbigliato scantatizzo di colpo, ma per picca non cadì dal letto per il gran sàvuto che aveva fatto.
Ben tornato commissario.
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venerdì 23 maggio 2014
Il Florilegio del Venerdì
Sono pigra, lo so. Per questo non c'è niente di meglio di un gioco per convincermi a tornare assidua nello scrivere. Questa volta Ody - adoro chi ha inventiva - suggerisce di allargare gli orizzonti. Ovvero proporre ogni venerdì un blog che ci piaccia e, se possibile, che sia un po' al di fuori delle nostre solite cerchie.
Ora - lo so che sono sempre quella dei preamboli, ma devo farli - io di blog ne consulto decine e decine, anche e soprattutto per lavoro. Per questo non è semplicissimo fare la selezione.
Così ho pensato che per il momento proverò a segnalare alcuni blog che mi sembrano particolari e che attengono ai miei interessi: cucina, libri, cinema, musica, politica e via discorrendo.
Fermo restando, naturellement, che i blog che sono segnalati nella colonna qui a destra rappresentano comunque già di per sé una proposta che condivido con chi passa.
Ehm... Avete presente quanti sono i blog di cucina? Facile: tanti. Troppi. Seri, faceti, prestigiosi, casalinghi, professionali, paludati, monotematici, ideologici e chi più ne ha più ne metta.
Però, se togliamo GialloZafferano, poi dove si va a parare?
Il blog che vi segnalo è curato da due donne, una delle quali conosco da molti anni. Si chiama l'Albero della Carambola e mi è piaciuto fin dall'inizio, a partire dal nome.
Perché? In primo luogo perché è scritto bene. Snobismo? Può darsi. Però mi piace anche l'idea di leggere senza troppi sobbalzi. E poi perché parla di cucina, ma soprattutto di gusto, di amore, di passione. Perché parla di cibo e di viaggi. Di cibo e di persone. Di cibo e di luoghi.
E poi perché mi regala un sacco di idee soprattutto quando ne sono sprovvista.
Basta, vero, per farvi venire un po' di curiosità?
Ora - lo so che sono sempre quella dei preamboli, ma devo farli - io di blog ne consulto decine e decine, anche e soprattutto per lavoro. Per questo non è semplicissimo fare la selezione.
Così ho pensato che per il momento proverò a segnalare alcuni blog che mi sembrano particolari e che attengono ai miei interessi: cucina, libri, cinema, musica, politica e via discorrendo.
Fermo restando, naturellement, che i blog che sono segnalati nella colonna qui a destra rappresentano comunque già di per sé una proposta che condivido con chi passa.
Bene, il preambolone è finito e partiamo con qualcosa di facile: la cucina.
Ehm... Avete presente quanti sono i blog di cucina? Facile: tanti. Troppi. Seri, faceti, prestigiosi, casalinghi, professionali, paludati, monotematici, ideologici e chi più ne ha più ne metta.
Però, se togliamo GialloZafferano, poi dove si va a parare?
Il blog che vi segnalo è curato da due donne, una delle quali conosco da molti anni. Si chiama l'Albero della Carambola e mi è piaciuto fin dall'inizio, a partire dal nome.
Perché? In primo luogo perché è scritto bene. Snobismo? Può darsi. Però mi piace anche l'idea di leggere senza troppi sobbalzi. E poi perché parla di cucina, ma soprattutto di gusto, di amore, di passione. Perché parla di cibo e di viaggi. Di cibo e di persone. Di cibo e di luoghi.
E poi perché mi regala un sacco di idee soprattutto quando ne sono sprovvista.
Basta, vero, per farvi venire un po' di curiosità?
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