giovedì 30 maggio 2013

Un covo di vipere [ovvero, la diceria degli untori]

Alla faccia dei buontemponi che la scorsa settimana hanno fatto circolare la per-fortuna-falsa-notizia della morte di Andrea Camilleri, che in questo anno del lutto ci mancherebbe solo quella, io stasera so cosa fare.
Il nuovo libro con Montalbano è pronto sul reader. Stasera divano.

mercoledì 29 maggio 2013

Obituary





Che se non riprendo ad appuntarmi altro con serenità, questo anno rischia di diventare una lunga, triste, catena di lutti. Di quelli che ti toccano, anche se non stanno nella tua sfera fisica. Però li trovi lì, in quella emotiva. E ti rendi conto che la lista di chi non c'è più è sempre più lunga. E non c'è chi ne possa o ne sappia prendere il posto.


Farewell Franca.


Ma quello che vorrei continuare a dire alle donne, anche dopo la mia morte, è di non perdere mai il rispetto di se stesse, di avere dignità. Sempre. Ripensando alla mia vita non ho mai permesso che mi si mancasse di rispetto


domenica 5 maggio 2013

Poi non si dica che non mi sono impegnata

Tre chances: Mercurio, Né di Eva né di Adamo, Splendente come una padella. A parte quest'ultimo, godibile senza riserve, ma pur sempre all'acqua di rose, per gli altri le mie perplessità restano intatte. Una bella scrittura, di quelle da scuola baricchiana, per intenderci, ma zero anima. Costruita a tavolino, con quel senso delle proporzioni che lascia intravedere l'uso di righello, squadra e compasso, perché tutto sia al posto giusto nel momento giusto.
Amélie Nothomb, le nostre strade si dividono qui. 

venerdì 3 maggio 2013

Inghilterra batte Spagna [e non parlo di Mourinho]



Due-film-due questa settimana. Eventone. Uno al cineforum, l'altro un recupero in tv in una delle rare sere che la programmazione ammannisce qualcosa di commestibile.

Al cineforum questa era la settimana dell'ultimo Almodóvar, Gli Amanti Passeggeri.
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[tra i puntini ci vanno i tap tap delle dita che tamburellano]
Ecco, mi sono già bloccata e non è la sindrome del foglio bianco.
E' che mi ha lasciata un po' perplessa. Perché, lui, Pedro, questa volta se la gioca facile, con la ricerca di una comicità un po' sbracata che vuol forse fare il verso a quei suoi primi indimenticabili film, ma in fondo arriva fuori tempo massimo. E' un film quasi caricaturale, fino a diventar stucchevole. Poi, per carità, qualche risata arriva anche, ma alla fine quel che resta è un po' pochino, soprattutto perché il messaggio di critica sociale, con la Spagna in crisi di sottofondo, a me è arrivato perché me l'han detto all'inizio del film, non perché io sia stata così perspicace da coglierlo.
Ma poi c'era davvero?



Il secondo film è un recupero. E partirei dal titolo. Perché quando era uscito avevo visto distrattamente i cartelloni in giro per Milano e naturalmente ero caduta nell'equivoco della pochade. Voluto, credo. Perché mi rendo conto che forse Made in Dagenham ha un valore evocativo diverso per un italiano rispetto a un inglese, tuttavia il We want sex, con quell'ipocrita (equality) messo tra parentesi, ha tutta l'aria dello specchietto per le allodole, pardon per gli allocchi.
Comunque sia il film carino e vale una serata sul divano. Televisivo quanto basta, buonista quanto basta, ha comunque il pregio di raccontare con garbo (ah come amo questa parola!) un pezzo di storia. Anzi, un momento di svolta nella storia delle donne.
E trasmesso proprio la sera del 1° maggio ha avuto il pregio di ricordare che le lotte per il lavoro sono state anche queste.
Il regista è lo stesso de L'erba di Grace e lo stile resta proprio lo stesso.
Un plauso, infine, non posso non darlo alla ricerca degli abiti e alle cofane delle protagoniste. Imperdibili.