mercoledì 23 novembre 2011

Appunti di viaggio


In questi ultimi dieci giorni ho fatto in tempo ad andare e tornare da Madrid, per poi andare e tornare dagli Stati Uniti. Sempre per lavoro, quindi poco da invidiare. Comunque in tutto sei decolli e sei atterraggi e un numero insopportabilmente lungo di ore trascorse in aeroporto in attesa della connection al volo successivo, e un numero ancor più insopportabilmente lungo di ore trascorse su poltrone che chiamarle tali è un eufemismo, in mezzo a tanta e varia umanità. Un carro bestiame volante, nel quale ti propinano film pessimi, musica orrida e cibo indecoroso. Che se poi uno va a indagare, scopre che nelle comunicazioni ufficiali della compagnia aerea, questa inizia per Bri e finisce per ways, si parla di un team di cuochi assoldati per studiare i menu migliori per i loro passeggeri. Avessero assoldato le loro mamme si mangerebbe di certo meglio. Comunque tutta l'amarezza del viaggio scompare quando, alla fine di tutte le formalità all'immigration, finalmente si riaccende il cellulare. E il primo messaggio ti informa che sì, Mr. B. ha mantenuto la parola e ha dato le dimissioni. So' soddisfazioni, diciamocelo. Quasi commoventi, poi, le congratulazioni degli americani nei giorni successivi, quasi che ci avessi messo del mio per spingerlo su al Colle. Da farci la ruota come i pavoni.
Nel viaggio di ritorno, nel pit stop londinese, mi sono anche comprata un paio di giornali, con Mr B. in copertina, col cerone ben sgranato, così che si vedesse bene che era tutto un trucco, e pure un parrucco. Un cimelio, ecco. Adesso sai che noia dalle parti dell'Economist? Tze.
Comunque in attesa che Monti faccia la sua parte e cali la mannaia con violenza sulle nostre esangui casse, probabilmente mi annoierò anche io.
Intanto mi è venuta voglia di Natale.
E dato che manca più di un mese, non è proprio un bel segnale.

venerdì 11 novembre 2011

11:12


Probabilmente ora che andrà online, questo post, saranno le 11:20. Per cui varrà ancora meno. Comunque, io, che i numeri li amo, con questa storiella delle 11 e 11 dell'11-11-11 ci avevo giocato tempo fa. Senza ambizioni millenariste, però. Semplicemente perché è carina. E poi perché potrà esserci un 12-12-12, ma non certo un 13-13-13. Così diventa simbolico l'aspetto dell'unicità. E dell'irripetibilità, per lo meno fin che campo.

p.s. Due giorni fa ero a Madrid per lavoro. Mai ricevute così tante "congratulations" in un giorno solo. Peccato che siamo ancora alle dichiarazioni di intenti.

mercoledì 9 novembre 2011

Associazione di idee

In effetti oggi non ci pensavo, quando scrivevo il mio blablabla su Berlino. Ma la caduta del Muro è stata oggi, 30 anni fa. Che a pensarci fa un certo effetto, soprattutto quando i ricordi sono così vivi. Perché io mi ci rivedo inchiodata davanti alla tivù, con la precisa percezione che il mondo stava cambiando. Ricordi. Ricordi a colori, a dimostrare quanto brevi siano stati questi trent'anni.
Se poi questo nove novembre cadesse anche qualche altra cosa, qui in Italia, sai come lo ricorderei volentieri...

martedì 8 novembre 2011

Volevo cambiare città

In agosto siamo stati a Berlino. In vacanza, voglio dire. Il che significa con tutto il tempo a disposizione per fare le cose con calma.
E me ne sono innamorata.
Voglio dire, io, quella che Londra e poi basta, quella che forse New York ma comunque dopo l'East End, quella che Parigi val bene una messa ma non c'è paragone, vacillo.
E le granitiche certezze si sgretolano.
Io a Berlino ci vivrei. Tanto che ho cominciato a lavorare ai fianchi una delle figlie, si sa mai che voglia fare l'università da quelle parti. Lei ci starebbe anche, a dire il vero, solo che il posto branda per la madre non lo prevede. Nemmeno per il padre, se devo essere sincera. Il che mi tranquillizza sul fatto che faccia preferenze, ma non risolve il punto.
Mi sa che la soluzione sta nell'unione di questo post con il precedente. Mi cerco un nuovo lavoro a Berlino.
Si chiama quadratura del cerchio. Ecco.

p.s. Ovviamente non è un post turistico questo. Però potrei sempre raccontare di un sacco di cose che ho visto. Dalla porta di Brandeburgo alla East Side Gallery, da Postdamer Platz fino al Tacheles, passando per il Pergamon Museum. Ma tanto non renderei l'idea. Nemmeno delle Kartoffelhaus dove abbiamo consumato un paio di cene. 

domenica 6 novembre 2011

Volevo cambiare lavoro



In questi quattro mesi di cose ne ho fatte. E tante anche. E sono stata in un sacco di posti, per lavoro e per i fatti miei. Ma la cosa che forse mi ha preso di più è stato il tentativo di cambiare lavoro. Sul serio cioè. Non quelle cose che uno dice "prima o poi ci provo". Io ci ho provato davvero. Cioè ho visto sul sito di una certa 'azienda la ricerca di un profilo che sembrava disegnato e cucito apposta per me. E mi sono buttata. Application. Curriculum in doppia lingua. Risposta a un primo set di domande online. E poi la telefonata. Questo tipo che mi chiama dall'Olanda e mi tiene mezz'ora al telefono chiededomi se davvero io vorrei lasciare quel che sto facendo per andare a lavorare per loro. Che gli ho risposto Yes, Ja, Oui, Si , Da, casomai non lo avesse capito. Perché io avrei voluto lavorare proprio per quell'azienda lì. Non per un'altra. Poi i test online. Tremendi. Che ho capito che tra i prerequisiti era una laurea in business administration, che io non ho. Ma tra i prerequisiti c'era anche la mia. Ma ancora non l'ho capito per quella posizione tutta quella competenza in Excel e analytics cosa serrva davvero. Comunque mi sono preparata e ho costretto un amico a farmi un corso intensivo in analisi di traffico e relative appendici in Excel, tabelle pivot incluse, che non è che ne sentissi esattamente la mancanza. E alla data fissata li ho fatti, i test online.  E nemmeno tanto male, se devo dire il vero.
Ma alla fine il responso è arrivato.
Negativo, ça va sans dire. Se no avrei titolato diversamente.
Carina la motivazione.
Too much seniority.
Che va beh, lo so cosa significa.
Però è solo un modo garbato per non dirmi "sei troppo vecchia".
E mi sono quasi depressa.

Update

Va bene, sono stata praticamente quattro mesi senza scrivere un rigo. Forse non ero in vena. Forse non c'era spazio anche per il blog. Forse, semplicemente, mi sono impelagata in tante di quelle cose che quando arrivava il momento di scrivere avevo la nausea da display. Succede.
Però adesso mi va. Di nuovo. E magari qualcuno ha ancora voglia di passare di qui.

Sorry, we are open

venerdì 8 luglio 2011

Qualunquemente

Ovvero, considerazione da cappuccino e brioche.
Perché a me nessuno, e giuro nessuno, ha mai offerto aggratis l'utilizzo di un appartamento il cui affitto costa la modifca cifra di 8500 euro al mese? (Esattamente come nessuno, e giuro nessuno, mi ha mai comprato non solo un attico vista Colosseo, ma nemmeno un capanno per gli attrezzi a mia insaputa?).
Dice il proverbio, Il bel rendere fa il bel prestare.

giovedì 7 luglio 2011

SPQI - Sono Pazzi Questi Inglesi


Oggi Repubblica, complice una mezza giornata di sole, li fotografa così, nel pieno delle loro performance. Ma ieri, in Trafalgar Square, il sole non c'era. Però anche io mi sono cimentata nel reportage via cellulare. E li ho fotografati nel pieno del loro stoicismo. Giuro, i materassini grondavano dell'acqua che non riuscivano più ad assorbire e i panini che qualcuno addentava erano "fracichi", come credo si dica a Roma. Il tutto già da qualche giorno, in attesa della fatidica Premiere. Quella che conclude la saga anche al cinema. Un po' li ho invidiati, confesso. A parte i reumatismi, va da sé.

mercoledì 6 luglio 2011

[Indian] English Summer

Mettiamola così. A Londra fa freddo. Oggi, 5 luglio 2011, fa freddo. E piove di stravento. Per chi arriva dal 300 per cento di umidità di Milano non esattamente un toccasana. Soprattutto se accompagnato da ore di aria condizionata a manetta che mi vien da chiedergli se lo fanno per ritardare la formazione di rughe o se nelle meeting room nascondono qualche cadavere dietro il tendaggio.
Comunque questo posto è tremendamente kitsch. Passi per i lettoni che ci vuole la scaletta per arrivare al materasso, passi per le poltroncine finto Chippendale che occhieggiano qua e là, passi pure la testa di cavallo in bronzo che troneggia sulla cassettiera in stanza. Il pezzo grosso è la meeting room. "Gli incontri si terranno nella Gladstone Library" si legge pomposamente sul programma. E in effetti la stanza poteva essere la biblioteca di un qualche circolo moooolto nobile e moooolto snob: boiserie lungo le quattro pareti, tavoli tondi e poltroncine, e libri, libri, libri su tutti gli scaffali. Tanti libri, tantissimi libri.
Finti.
Finti! Sono semplicemente delle modanature decorate, che corrono lungo ogni scaffale. Roba che neanche all'Ikea credo si usi più.
Comunque il tramezzino al cetriolo a pranzo troneggiava sui vassoi, così come i biscotti al burro per il te del pomeriggio. Ho visto anche della birra scura circolare prima di cena, ma io, questa volta, ho svicolato con eleganza. La presenza di una amica a Londra in questi stessi giorni mi ha offerto una ben più piacevole alternativa alle classiche domande su Mr.B. e i suoi amici. E non me la sono lasciata sfuggire.

domenica 3 luglio 2011

Big Jim


Io non riesco, né in fondo voglio, a pensare come sarebbe Jim Morrison se fosse ancora vivo. E se anche lo fosse, se anche fossero vere le leggende della sua fuga, non posso che ringraziarlo. Perché la sua immagine è quella lì. Quella con la quale sono cresciuta. Perché è vero che quando morì, io di anni ne avevo nove, ma è vero anche che la sua musica e le sue immagini mi hanno accompagnato per anni e anni e anni. Ce le studiavamo le canzoni, le copiavamo dai libri e dalle copertine dei dischi, quelli in vinile, perché Internet non c'era e nemmeno gli iPod. Così studiavamo, Poor Otis dead and gone
/ Left me here to sing his song / Pretty little girl with the red dress on / Poor Otis dead and gone
e ci esercitavamo in quel piccolo scioglilingua del Yeah, back down, turn around slowly / Try it again, remembering when. Perché le cantavamo in macchina, nei parchetti con la chitarra, con quelle cassette che giravano e giravano all'infinito, finché il nastro non si sfiniva. E diventati grandi siamo andati anche noi al Père-Lachaise a cercare quella tomba, in quel rituale che ci portava seduti in cerchio, in mezzo ad altri ragazzi di ogni parte del mondo, a cantare di nuovo le canzoni del Jim, che ancora oggi so tutte a memoria. E ancora oggi, 40 anni dopo, l'attacco delle tastiere di Ray Manzarek mi fa sorridere, e se lo sento al mattino lo prendo come portafortuna per la giornata.

giovedì 30 giugno 2011

Agone

Va bene, fa caldo. Tanto. Per lo meno qui a Milano. Però siamo a fine giugno e vorrei vedere se facesse freddo. Ieri poi il temporale e bla bla e bla bla e bla bla.
Ho finito di parlare del tempo. Giuro.
******
Ieri era il mio compleanno e ed è vero che non ho proprio tutta questa voglia di pensare che i prossimi sono cifra tonda. Quella cifra tonda. Però l'effetto domino su facebook mi ha fatto sorridere. Non si tratta solo della marea di messaggi pubblici e privati, che sarei ipocrita a dire che non mi han fatto piacere. Il punto è stata l'accoglienza che mi è toccata arrivando a un pranzo di lavoro. Perché trovarmele lì, con il bicchiere in mano, persone che normalmente non hanno la più pallida idea della mia data di nascita, mi ha dato la misura dell'effetto portierato di faccialibro. Imbarazzante. Per fortuna che per dessert c'era la frutta, se no mi sarebbe toccata la candelina sulla torta.
*******
Una delle figlie è partita ieri per i campionati italiani. Nella sua prima gara, oggi, è arrivata trentaduesima su trentaquattro. Al telefono ho sfoderato il miglior repertorio, quello da manuale di psicopedagogia: che comunque sono gli italiani, che comunque si confronta con le migliori atlete della categoria, che l`importante è partecipare. Mi ha bloccato. Mamma ti lascio che vado in spiaggia a fare bagno. Quello che si chiama spirito agonistico.
Gareggerà anche nel pomeriggio. La gara è alle sei e mezza , ma gli atleti son convocati per le quattro. Questa sì che è una disdetta, mica il piazzamento. Tutta la squadra è in campeggio, tra tende, camper e bungalow. La preparazione atletica risentirà del cialtronamento notturno, in compenso si divertiranno da matti. Che poi è quel che conta davvero.

Passo e chiudo. 

lunedì 27 giugno 2011

Do it Yourself

Uno dovrebbe concedersi il tempo di leggerlo, lo spam.
Perché regala suggestive sorprese. 
Come questa:

Colta di sorpresa


Se avessi avuto la macchina fotografica a portata di mano, forse le foto sarebbero venute meglio. Magari avrei avuto il tempo di gestire la messa a fuoco, la luce (che non c'era), l'apertura, la chiusura, lo zoom. Ci avrei fatto un bello studio, di quelli da corso di fotografia. Invece son stata colta di sorpresa. Perché lei era lì, solitaria fra le foglie in giardino. Verde e luminosa. E ho fermato quell'istante con quel che avevo in tasca. Il telefono. Poco poetico, lo so. Ma ancor meno poetico mi è sempre sembrato quel chiuderle nel barattolo o nel bicchiere, le lucciole. Quel volersi tener per sé quel lumino verde che spicca nel nero. Che appartiene alle notti d'estate.

mercoledì 22 giugno 2011

Para.normal Activity

La mia prima volta a Ginevra è stata, come al solito, per lavoro. Non che mi abbia entusiasmato, devo dire. L'attenuante che le do è che non si può vedere tutto in una volta e che sicuramente mi son persa le cose migliori, anche se una passeggiata nella città vecchia non me la son lasciata mancare. Però la mostra en plen air sul lungo lago di vignette sui temi dei diritti umani, delle divergenze nord-sud del mondo, dell'ecologia, mi è piaciuta. Assai. Per il resto, non mi son spellata le mani, ecco. La stazione mi è parsa un po' tristanzuola
per una città che si dà tutte quelle arie e il traffico assomiglia a quello belga. Il che è tutto dire. In realtà, mi ha incuriosito molto di più passare in treno per Montreux, altro posto dove non sono mai stata. Sarà per quella storia dei Deep Purple e del fumo sull'acqua. Sarà per il Festival. Non so. Però sarei scesa volentieri, se non fosse che ero troppo stanca e comunque volevo tornare a casa.

In compenso, la cena sociale nel ristorante Edelweiss, con tanto di suonatori di corno, di cucchiai e di campane me la sarei anche risparmiata. Soprattutto perché in un locale a densità umana uguale a quella del mercato di Calcutta cenare in pieno giugno a base di fonduta cinese, fonduta al formaggio e fonduta di cioccolato vuol dire mettere a rischio arterie, stomaco e cellule sudorifere. Però ero contenta. Di fronte a me sedeva il collega greco. Questa volta sarebbe toccato a lui. Mors tua vita mea, sorry darling. E invece no. No. Al perfido albionico alla mia destra non gli è parso vero. Finiti i convenevoli è partito all'attacco: "Ssssoooooo.... Che ne pensi della copertina dell'Economist della settimana scorsa?". Il greco, di fronte a me, l'ho visto sorridere malignamente, mentre intingeva lo spiedino nel brodo. Tra sfigati ci si capisce al volo. Io avevo volato troppo presto. E lui, infame come Franti, sorrideva.

venerdì 17 giugno 2011

School's Out [almost]

In queste ultime due settimane le mie giornate sono una lunghissima to do list, dalla quale cerco di depennare più voci di quante non ne aggiunga. Così ho chiuso le ultime attività del comitato genitori (quasi), sono andata e tornata da Londra in un giorno e mezzo, ho gioito per i referendum, ho celebrato l'ultimo giorno di scuola di figlia 2, mi son gustata gli spettacoli di fine corso delle scuole di danza e di teatro e sono riuscita a farmi sfuggire per un soffio gli ultimi due biglietti per il concerto di Roger Waters il 3 luglio a Milano. In cambio di tutta questa produttività ed efficienza, ho ancora pending gli esami di terza media di figlia 3, una serie di appelli all'università di figlia 1, che so bene che non li devo mica sostenere io, ma moralmente è come se lo facessi, quindi vale uguale, una toccata e fuga a Ginevra settimana prossima, un anniversario di matrimonio (il mio), un compleanno (di figlia 1). Tutto questo mentre figlia 2 si prepara a partire per il mare con i nonni, mentre figlia 3 si allena per i campionati italiani di fine mese, e mentre figlia 1 cambia idea ogni due per tre su dove rifugiarsi in agosto. Dal viaggio in Australia è scesa a più miti consigli: campo di volontariato del Wwf in Sicilia. Possiamo farcela. Posso farcela.A patto di dimenticare che oggi ho segnato sull'agenda i primi impegni di ottobre. Quando la scuola sarà tornata, di nuovo, in.

lunedì 13 giugno 2011

Il Re è Nudo

Si, si, si, si siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii. Strafelice batto i miei si sulla tastiera, mentre nella schermata sotto i numeri del Viminale mostrano quel 57,1% sul quale avrei scommesso, non azzardandomi a sperare. Che meraviglia questa primavera, davvero. Nonostante la fatica, nonostante le tante cose che si sono inceppate, nonostante le tante cose successe, quest'aria di risveglio mi piace. E' come se davvero fossimo tanti, bambini, forse un po' ingenui e a volte un po' naif. Ma in tanti abbiamo puntato il dito. E l'abbiamo detto. Il Re è nudo. Nudissimo. E poco alla volta anche altri han cominciato a vederlo così. Nudo.

ps. grazie agli uomini dei numeri. contavo su voi due per rallegrarmi il lunedì

L'uomo dei numeri

Ovvero: questa è una richiesta di aiuto.

Mentre scrivo il bip bip dell'orologio segna le sette. I seggi riaprono adesso. Ieri me le son letta con avidità le analisi statistiche, quelle che dicono che siccome a mezzogiorno la percentuale dei votanti era già a due cifre, che siccome alle 19 già orbitava intorno al 30%, che siccome alle dieci di sera era un po' più alta del 40% allora oggi si può sperare di raggiungere il quorum. Le ho lette incrociando le dita e adesso vorrei che le 15 arrivassero in fretta, per sapere se quel fatidico 51%, anzi, 53 perché non si sa quanti siano davvero gli italiani all'estero che hano votato, è stato raggiunto. Ma mancano otto ore. E allora, se uno dei due uomini dei numeri che passano da queste lande spesso da me abbandonate riesce a darmi un segnale di ottimismo, che contrasti a sufficienza il mio scaramantico pessimismo, il mio lunedì sarà migliore. Nonostante la pioggia.

domenica 5 giugno 2011

Έτσι, δεν γνωρίζω / Scio nihil scire

ovvero, sempre a scanso di equivoci.L'ho sempre detto e lo ripeto. Io di fisica, di fisica nucleare ancor di più, non so nulla. Non capisco nulla per altro. Sarebbe più facile intavolare con me una discussione sul Barracuda del Mediterraneo che una su atomi, isotopi, isobari, variazioni radiometriche e qualcunque altra cosa. Mi limiterei ad annuire con aria stupita stupida, guardando la lavagna nera del mio cervello.
Detto questo, dunque, ammetto con assoluto candore che il mio no convinto al nucleare, ovvero il mio sì convinto al referendum, nasce dai miei dubbi e non dalle mie certezze. Certezze non ne ho. Domande, invece, tante. Partendo da quelle semplici semplici sul dove si mettono le scorie (no, professoressa Hack, lanciarle nello spazio non mi sembra, a pelle, una grande idea), a quelle un po' più complesse sul dove si intendono realizzare le centrali, passando per altri quesiti forse non così peregrini sulle sicurezze che abbiamo che malavita e malaffare non vogliano metterci le mani sopra (i rifiuti di Napoli e l'Expo di Milano mi sembrano due esempi abbastanza concreti e abbastanza vicini nel tempo). Che poi, a pensarci bene, quell'anima candida del rappresentante dei gggiovani del Pdl che ha parlato l'altra sera da Santoro l'ha evocata per primo, ce l'abbiamo già una paginona della nostra storia che spiega cosa succede quando negligenze e incuria ci si metton di mezzo: do you remember V-a-j-o.n-t? [Quindi, animuccia candida del Pdl, prima di citare il Vajont come esempio di pericolosità dell'idroelettrico, informati. Altrimenti ci rimedi solo la pessima figura di intellettualmente disonesto]
Perché rischiare con qualcosa di cui nessuno riesce a valutare ex ante la portata? E poi i costi, i tempi, i benefici reali. Tante domande e poche risposte convincenti o comunque comprensibili per me.
E in questa nebbia del dubbio, un'unica luce mi guida e di nuovo guida la mia mano verso il sì sulla scheda referendaria: la fiducia nella ricerca. Efficienza, risparmio, nuove fonti e nuovi modelli per il settore energetico. Il tutto, perché no?, anche accompagnato da una nuova etica del vivere. Perché non guidare in questa direzione i nostri prossimi dieci anni? Sempre meglio che spenderli lottando contro i not in my backyard, contro le cosche, contro gli interessi politici e contro quelli economici. Per lo meno, imho.

martedì 31 maggio 2011

Orange Dawn


L'alba di un nuovo giorno, si legge più o meno ovunque.
but I'm still in the same mess.

Tutta mia la cittàààààààààà


Forse la cosa più comica, oggi pomeriggio, è stato il refresh compulsivo sulle pagine di Repubblica e Corriere, mentre sul cellulare e in mail si susseguivano i messaggi di amici e colleghi. Dita incrociate, dita incrociate, dita incrociate. E la richiesta di conferme, a quelli dei comitati per Pisapia. Scaramanzia, scaramanzia, scaramanzia, mentre i messaggi in arrivo davano appuntamento in piazza, mentre sui monitor il numero delle sezioni scrutinate saliva verso la certezza, mentre il collega con RadioPop in cuffia continuava a sorridere. Fino all'evvaiiiii liberatorio, fino all'abbraccio, ai sorrisi, ai brindisi obbligatoriamente analcolici davanti alla macchinetta del caffè.  Milano, Napoli, Trieste, Cagliari, anche la piccola Rho ha fatto la sua parte. E stasera sorrido, pensando che il risveglio è davvero possibile. E chi polemizza con Bella Ciao, davvero non capisce cosa c'è dentro quella canzone. Che glie ne potrei cantare altre dieci, venti, perché questa è una vittoria che si mette in musica, col vento che soffia ancora e una wonderful life che si può ancora sognare.
E comunque, mentre guardo le foto degli amici in piazza, canto anch'io, con loro. Tutta mia la cittààà questa notte un uomo piangerààààà (ehehehehhehe).
Adesso c'è ancora uno sforzo da fare.

Il 12 e il 13 giugno, basterà andare ai seggi e scrivere
si, si si, si
facile, no?

venerdì 27 maggio 2011

Dilettantismi

Due giorni a Barcellona (come amo questa città!) mi riportano a cena con il solito entourage multinazionale e multietnico. E per quanto l'abbiam tirata lunga con la questione mediorientale, alla fine (lo sapevo, lo sapevo!) il momento cruciale in cui tutti gli occhi si son puntati su di me è arrivato. "So, your Berlusconi?". A parte che "your" sarà tua nonna, my (si fa per dire) Berlusconi vacilla un po'. Finalmente. Mi scappa un "imbarazzante", all'indirizzo del PdC, e quando la romantica signora inglese al mio fianco mi chiede perché, finisco per dirlo che da anni lo temo quel momento lì. Quello degli occhi su di me e della fatidica domanda. E racconto della difficoltà di dover spiegare, di stabilire le distanze, di dire che no, non è che a noi italiani va bene così. È lei in imbarazzo, adesso, e si scusa. Never mind, never mind, le rispondo, mentre si affanna a cercare l'uscita del vicolo. Ma anche noi, si affretta a dire, mettendo la sua mano sulla mia, abbiamo i nostri figuri imbarazzanti. E mi racconta Di Chris Huhne, professione ministro, che ha fatto togliere i punti dalla patente della moglie, nonostante in contravvenzione fosse caduto lui. Ora, in odore di divorzio, lei si vendica e rivela la faccenda al mondo intero. Gli inglesi si indignano, ribollono e alla fine approdano alla soluzione finale: dimissioni. Dilettanti.

martedì 24 maggio 2011

Orange Blossom


A Milano va di moda l'arancione. Ovunque. Dalle sciarpe alle borse, dalle maglie alle biciclette, bastano una spilla o un foularino, purché arancione siano. Così, la mia sobria (!!!) borsa arancione, quella che a Torino è valsa più di un garofano all'occhiello per farmi riconoscere tra la folla del Salone del Libro da un blog-amico, è diventata manifesto ideologico. Si, se votassi a Milano voterei Pisapia. Ed è questa una delle cose che più mi fa riflettere, in questi ultimi colpi di coda della campagna elettorale. Per anni abbiamo fatto fatica a capire chi davvero lo votasse, il Berlu. Oggi, per lo meno qui a Milano, sembra che le persone abbiano ritrovato il gusto di dire a testa alta da che parte stanno, senza vergognarsene. E lo dicono in tanti. Perché la politica, questa politica, è tornata a essere cosa loro. Cosa nostra, cioè.

p.s. Non canto vittoria. Non ancora, cioè. Perché me la ricordo anche io quella sera che noi interisti ringraziammo il Liverpool, per lo sgambetto tirato ai cugini rossoneri, pronti lì, con le loro bandiere dopo i primi tre gol. In fondo manca solo una settimana. Una lunghissima settimana.

lunedì 23 maggio 2011

Non si uccidono così anche i cavalli?


Sono stata a Ferrara. Come ogni anno. Due giorni di sorrisi, di strette di mano, di garruli come va, di chiacchiere, di parole parole parole parole. Di incontri. Di bla-bla-bla. La mia collega non smette di parlare. Mi racconta duemila aneddoti di persone delle quali non ho la più pallida idea. Conosce tutti, lei. Credo sia convinta che io sia autistica. Ma no, non so come si chiama la nuova segreteria dell'area commerciale. Non so che faccia abbia l'omino del caffè. Il collega che incrocio sulle scale e che saluto, non so esattamente per quale divisione lavori. Men che meno se è sposato, se ha figli, e quale di loro ha recentemente avuto la varicella. Non-lo-so. E francamente non mi importa nemmeno di saperlo. Tu tiri su muri, velatamente mi accusa. Muri, paletti, steccati, può darsi. Delimito confini. E' questione di tempo. Non ne ho abbastanza. E' questione di voglia. Non ne ho punta. E' questione di salvaguardia. Il caffè della macchinetta mi fa normalmente schifo. Moltiplicarlo per il numero delle persone che normalmente gravitano intorno alle nostre scrivanie mi provocherebbe una gastrite fulminante. Definitiva.

In foto: il secondo raccolto. Il resto se lo mangeranno i merli in settimana. Sempre che non ne abbiano avuto abbastanza. 

lunedì 16 maggio 2011

Furbizia


Notoriamente io non sono proprio un esempio di furbizia. Così, il fatto che io e la mia amica abbiamo scelto proprio sabato pomeriggio per andare a Milano a far pascolare le ragazze e a comprare alcuni libri di cui proprio proprio non potevamo fare a meno non fa che confermare l'assioma. E' che io mi ero scordata che c'erano i festeggioni del Milan, soprattutto m'ero scordata che sarebbero stati prima della partita, che ci sarebbe stata dopo a San Siro. Considerando che la meta nostra e loro era la stessa, il Duomo, questo ha significato un viaggio di andata e un viaggio di ritorno circondate da una folla subumana, dal linguaggio limitato, costituito essenzialmente da una parola, declinata al singolare o al plurale. Quella che inizia per m e finisce con erda, per intenderci, indirizzata a seconda dei casi a Leonardo, all'Inter, alla Juve, ai tifosi di entrambe, a Eto'o. Illuminante. Soprattutto illuminante è stato vedere tenere famiglie, mamma, papà e figlioletti in età prescolare o su per giù, con le loro sciarpe e le loro magliette rossonere, immerse in quella bolgia. Da qualche parte dev'esserci un contrappasso adeguato per tale pena. Pare comunque che nella nostra incoscienza siam state pure fortunate. Dopo, cioè dopo che eravamo sbarcate sane, salve e molto sudate a Molino Dorino, pare abbiano chiuso la metro. Sempre per merito dei subumani, ansiosi di mostrare il meglio di sé.

Comunque stasera dicono che l'affluenza alla urne a Milano sia più alta della precedente tornata. Non so come interpretarla, questa notizia. Anche perché scaramanzia impone di non farlo. Ho promesso a G. che se la Moratti perde usciamo a cena. Saranno i soldi meglio spesi degli ultimi anni.

p.s. Quelle lì sopra, le abbiam tirate giù oggi dall'albero. Ce ne sono ancora. E' il momento del clafoutis.

venerdì 29 aprile 2011

Genius

Scaramanzie

Con buona pace degli amici milanisti, il Milan meriterebbe di perderlo, il campionato. All'ultima giornata come noi abbiamo già amaramente sperimentato. Perché così capirebbero che oltre a tutto il resto ci ha pure questo difetto il PdC: porta sfiga.


Comunque, questa cosa qui non è una burla, anche se in più d'uno abbiam dubitato. E la si ritrova sul sito del Governo. Alla voce Presidente. Alla sottovoce Comunicati. Qui, per facilitarvi la strada. Che fa il paio con la comunicazione di qualche settimana fa. Quando disse che lui, il PdC, a cena non aveva cantato. In effetti è questione di rilevanza. Mica vorremo farci attribuire false dichiarazioni sul Milan no? Tanto quelle vere sul referendum le ha già fatte. Comunque mi fa impazzire l'idea che laggiù, a Roma, nell'ufficio stampa della presidenza, possa esserci un oscuro stagista al quale un rassegnato caposervizio ordina di vergare queste minchiate di [ir]rilevanza epocale. Che s'ha da fà pe' campà.
Comunque ieri sera mi son guardata Annozero, con quella faccia di bronzo del professor Battaglia pronto a sostenere non solo che le rinnovabili sono una grande truffa, (e già qui potremmo aprire qualche dibattito, per quel che mi riguarda), ma che il nucleare è del tutto sicuro tanto che a Chernobyl le morti attribuibili come causa diretta al guasto nucleare non sono state più di un'ottantina. Per altro, anche in Giappone, i ventimila morti non si son certo registrati per colpa di Fukushima. Fosse stata una farsa forse ci si poteva cercare la vis del paradosso. Solo che lui parlava sul serio, fingendo di crederci per altro. Del resto è - suppongo lautamente - pagato dalla presidenza del consiglio. Il che la dice lunga. Menomale che mia figlia studia al Polimi.
E comunque, terzo comunque della serie, ho buttato un occhio al Royal Wedding. Oltre ai poveri pennuti deprivati delle loro remiganti finite tutte sui cappellini delle ladies, ho notato la Queen in giallo, cosa ampiamente prevista anche dai bookmaker, un Elton John parecchio bolso e una sposa col trucco scuro in un matrimonio di mattina. Tsk tsk tsk. Non si fa. Belli però gli alberi in chiesa. Sembrava quasi la foresta di Sherwood e lui, di rosso vestito, poteva anche fare Robin Hood.

mercoledì 27 aprile 2011

Di A Da In Con Su Per

Per per per per per per per per per per per per per per per per per per per per per per
Lo so che è un po' da snob. Però è una di quelle cose che mi son rimaste dentro dall'infanzia. Come le Ricola della mia mamma. E come la matita rossoblù che la maestra usava eccome. Perché ieri, quando ho letto la notizia sul Corriere e poi tutti i rimandi su Facebook, mi è proprio risuonata la voce di mia madre quando ero bambina: macchina per scrivere, macchina per cucire. Che lei, figlia di sarto e con un diploma del magistero stenografico nel cassetto, ci diventava matta. Che sarà mi una macchina da cucire? mi domandava. E della macchina da scrivere che te ne fai? L'ultima volta che ho usato la Lettera 22 è stata per l'esame di Stato, a Roma. Credo sia stata una delle ultime volte, poi hanno iniziato a consentire i portatili, con tutti gli accrocchi per bloccare periferiche e memorie. E già lì, per l'esame di Stato, era un anacronismo. E che fatica recuperare dal cartolaio i nastri, perché quelli rimasti in macchina erano talmente secchi che si sbriciolavano al primo colpo di martelletto. Però mi ricordo che prima, quando il pc non c'era e quando la macchina per scrivere la usavo per i lavori di scuola, ero più precisa e ponderata. Scrivevo dosando bene le parole, i punti, le virgole. Perché sbagliare voleva dire rifare. E non sempre c'era il tempo e la voglia. E per le copie in più, c'era la carta carbone, da infilare tra un foglio e l'altro, calcolandone l'orientamento in base all'usura. Rimpianti? Non credo di averne, se non per la cura che sicuramente mettevo quando scrivevo. Mi resta solo da capire se tra qualche anno qualcuno saprà ancora ridere dello sketch di Jerry Lewis. Quanto a Montanelli, va beh. Tra pad e mininotebook l'effetto si può riprodurre. Magari col wifi in più.

martedì 26 aprile 2011

Nuclear Power


Non è che non lo si sapesse eh. Il punto è che forse non è abbastanza chiaro il perché si vuole evitare il referendum. E soprattutto quale altro referendum si vuole disperatamente evitare.

sabato 23 aprile 2011

Piove [sul bagnato]

Alla fine la partenza si è rivelata più intelligente del temuto. Praticamente ci siamo mossi dopo chiunque altro e siamo riusciti a evitare qualunque coda, Tangenziale di Milano inclusa. Probabilmente è stata solo fortuna, quindi non mi azzarderei a prenderla come prossima regola per i fine settimana da bollino rosso.
Stamattina, comunque, mi ha svegliata l'allegro ticchettio della pioggia sulle tegole. Confortante come l'idea di una seduta dal dentista. Che uno dice che "fa niente tanto ci si riposa", forse l'ho scritto giusto giusto ieri. Però non è che ci si creda del tutto, ecco. Uno il naso fuori vorrebbe anche metterlo, per dire. Cosa che abbiamo fatto appena ha smesso, infatti. Il tempo di scendere e scialacquare un po' di soldini al mercato, tra cibo e vestiti, che tiran sempre su il morale. Poi c'è la scusa che le bancarelle son quelle del Forte, che forse son più speciali delle altre, chissà.
E alla fine uno pensa che si sta bene anche così, col tempo che scorre, nel bello di stare tutti insieme.
Basterebbe non aprire il giornale, né accendere il pc.
Perché poi uno legge di Giovanardi che non ha niente di meglio da fare che scagliarsi contro la pubblicità dell'Ikea che parla di famiglie un po' più allargate dei suoi miseri orizzonti. E allora si domanda, una volta di più, se davvero ci sia una speranza in questo sciagurato Paese, o se invece il nostro destino sarà quello di ascoltare, una volta di più, un giorno dopo l'altro, grevi parole di grevi persone con grevi pensieri. Parole che piovono l'una sull'altra in un incessante ticchettio destinato a smorzarsi quanto più ne saremo sommersi.
Desolante.

venerdì 22 aprile 2011

Mission Accomplished


E per quest'anno l'operazione pastiere è stata portata a compimento. Cotte di giovedì, come dicono prescriva la tradizione, pronte per essere mangiate domenica. In realtà spesso le ho cotte anche di venerdì, cioè quando avevo tempo, e credo che raramente chiunque le abbia ricevute in dono ha aspettato che si sciogliessero le campane per aggredirle. Il mio forno tende a scaldare di più su un lato e la faccenda si nota nella foto d'insieme. Problema minimale e irrilevante, lo so. Meno minimale e irrilevante è il fatto che continuino a chiamarle vacanze di Pasqua. Week end lungo, non di più. Ché le vacanze toccano solo a chi va a scuola. Come le mie figlie, ad esempio. Così questa sera noi, nella più intelligente delle partenze intelligenti, infileremo la tangenziale Ovest, poi la A1 e poi la A14, giusto giusto insieme a qualche milione di intelligentoni come noi e le raggiungeremo al mare. Dove è prevista pioggia, ma chi se ne frega. Ho anche un nuovo ereader da testare, e quale miglior scusa per scaricarmi un po' di  libri e spippolare per tre giorni tre tra classici e attualità?

Comunque, io andrò a votare per i/il referendum. Quanti ne rimarranno, cioè. Roba da Highlander. Battiquorum, anche tu, che per caso passi di qui. 

Giarrettiere

Honi soit qui mal y pense, dicevano quei libertini dei francesi. Ma l'italianissimo Giulio, che sa ben di quel che parla, più saggiamente si è sempre detto convinto che a pensar male forse si pecca anche, ma chissà perché ci si azzecca sempre, o quasi. Per cui, l'idea che dopo aver spazzato via il referendum sul nucleare con un colpetto di spugna, adesso possano trovare l'escamotage per far saltare anche quello sull'acqua pubblica ha solo il sapore della conferma.
Che vogliano tenerci lontani dai referendum, dal Quorum, giusto perché ci si dimentichi che c'è anche un terzo quesito: quello sul legittimo impedimento.
Io c'ero quel giugno del 1990, mentre si votava il referendum sulla caccia e sui pesticidi. Mi ricordo la maratona radiofonica di RadioPop per il BattiQuorum. E mi ricordo che piansi di rabbia, quando quel quorum si fermò lì, poco più su del 40%. Altri referendum, da allora, sono andati deserti. Ma la frustrazione di quella prima volta me la ricordo ancora.
Per questo, spero che finalmente la gente (strana entità, lo so) si renda conto di quanto ci stanno turlupinando. E finalmente incazzata, ma incazzata davvero, il 12 e il 13 giugno vada a votare. Per dare il segnale più forte, con l'unica arma che ha: quella della democrazia che stanno uccidendo giorno dopo giorno.

mercoledì 20 aprile 2011

Ceroni Remigio

Che uno è bene che se li segni certi nomi. Perché in un Paese senza memoria, l'impunità alla fine si concede a chiunque. Incluso chi sembra non aver di meglio da fare che proporre di cambiare l'articolo 1 della Costituzione con una nuova formula che magicamente, come nel gioco dei tre bicchierini, mette al centro il Parlamento, lasciando in secondo piano Colle, Magistratura e Corte Costituzionale. Chiano chiano, quatto quatto, lemme lemme, tentano di toglierci il terreno da sotto i piedi. Quel terreno nel quale affondano le nostre radici. Costituzionali.

martedì 19 aprile 2011

Surreale

Surreale Ballarò questa sera. Con la Gelmini e i suoi 25 "evidentemente", pronunciati con la sua "e" larga da bresciana, in quattro frasi. Con Cota e quell'espressione che ti domandi se ci è o ci fa e poi ti rispondi da sola "ci è, ci è". E di nuovo con lei, la MaryStar, che guarda basita un documento che "evidentemente" ha firmato senza aver letto, e che si aggrappa disperata all'unico appiglio che un'anima pia le mostra: "Non sono tagli, ma minori spese". La prossima volta dirà che semplicemente spostano le voci per l'Istruzione da Capex a Opex. Credendoci pure.

giovedì 14 aprile 2011

Comunque

Comunque sono a Barcellona. Anche se forse dovrei dire "ero", visto che sono in aeroporto. I miei colleghi dicono che dovrei prendere un piedaterre qui, vista la frequenza con la quale mi ci spediscono. Non che mi dispiacerebbe. Anzi. Poi ieri mi hanno pure risparmiato la cena sociale, il che significa che mi sono evitata le domande dei colleghi stranieri sull'Italia, Mr. B. e il bunga bunga. Che il correttore automatico lo trasforma in bimba bimba e la cosa avrà pure il suo perché. Comunque ieri sera son passata "casualmente" davanti a Desigual, quello sulle Ramblas. E ho sfiancato la carta di credito. Son soddisfazioni. Poi è venuto a trovarmi il collega spagnolo col quale avevo lavorato a San Francisco. Ma lui sa che non deve parlarmi di B. Quindi mi ha mostrato quanto è bello Tuttolibri sull'iPad. Che io lo sapevo già, ma sentire che da queste parti lo prendono come esempio da imitare mi riempie di quel minimo di orgoglio che rende un po' più dolce la giornata. Perché se dovessi pensare all'Inter, ecco, la dolcezza diventa amara.

Riassunto

È vero, ci ho tanto da fare. E poi ci ho anche le balle notevolmente in giostra e quando ho le balle in giostra mi vien poco da scrivere. E poi mi vien da fare un primo bilancio di questi primi tre mesi dell'anno, che le multinational, si sa, chiudono il quarter e vorrei chiuderlo pure io. Cioè, vorrei proprio lasciarmelo alle spalle. Oppure vorrei che qualcuno si avvicinasse alla mia porta e mi garantisse che ho già avuto tutta la dose di sfighe e di disgrazie che uno può ragionevolmente aspettarsi nell'arco dell'anno, solo che a me le hanno propinate tutte insieme. Tirerei un respiro di sollievo, ecco. Invece questa garanzia nessuno me la dà e io comincio a ricamare il drappo dell'annus horribilis. Che poi non è che se passo dalla visione ombelicale a quella allargata le cose van meglio. E l'aria di fine impero ha il fetore della monnezza lasciata al sole. Sai che meraviglia. Però ci sono. Nel caso a qualcuno la cosa interessasse.

domenica 3 aprile 2011

Lato B

Che il premier di nuovo abbia avuto un comportamento fuori luogo e fuori ruolo, intrattenendo per cinque minuti cinque un manipolo di sindaci campani del Pdl con una barzelletta di dubbio gusto e persino un po' vecchiotta è cosa che rattrista, più che scandalizzare. Trito rituale, sempre uguale a se stesso. Ma c'è qualcosa di più, in questa storia, che forse passa sotto silenzio. Ed è il motivo per cui quella delegazione di sindaci del Pdl è andata a ossequiare il capo, disposti persino a ridere a comando durante lo show, tutti fieri della loro bella fascia tricolore d'ordinanza.
I sindaci a Palazzo Grazioli ci sono andati per chiedere al premier di far sospendere la demolizione delle costruzioni abusive nel loro territorio.
Cioè, fatemi capire, un sindaco va in trasferta a Roma a chiedere al Presidente del Consiglio di bloccare un provvedimento varato per porre fine a un abuso? Se questa è la premessa, la barzelletta è davvero solo un corollario. Degno di cotanto pubblico.

Dopo il Derby

venerdì 1 aprile 2011

Question Time

Perché, ditemi, perché quando sto incazzata, ma incazzata nera, ho una fame bulimica?
Giusto per restare in tema, il prossimo che dice che non si sa più che pesci d'aprile inventare
perché la realtà supera la fanstasia me lo sbrano.
E ho fame.
Vorrei che nel mio Dna ci fossero le incazzature da inappetenza, ecco.

mercoledì 30 marzo 2011

Sintesi meno sintetica

One
Se il premier voleva fare un giro con l'immobiliarista per visitare la nuova proprietà, poteva anche farlo a spese sue e non a spese dello Stato, cioè anche mie. Evitando di piazzare sulle croste dei cittadini anche quel po' po' di seguito che si è tirato appresso, ecco.
Two
Promettere agli abitanti di Lampedusa di proporre al Consiglio dei Ministri di avanzare la loro candidatura per il Nobel della Pace è bieco populismo. Posto che il Cdm abbia tempo e voglia di occuparsi della faccenda, chi e come si prenderà poi la briga di presentare la candidatura a Stoccolma, di sostenerla, di prmuoverla? Le chiacchiere stanno a zero, come si dice.
Three
L'idea che facciano la Petruni direttore del Tg2 è il classico gioco di mano. Delle tre tavolette. Dei tre bicchierini. Un imbroglio, cioè. In puro Minzostyle.
Four
Gioco di mano, gioco di villano, mi diceva la mamma. Sarebbe bello poter definire gioco di villano il blitz di oggi sul processo breve. Ma sanno che possono fare questo e altro. Perché tanto lo sanno che qui, finite le proteste di rito, tutto torna nella melma. Mica siam bravi a far la rivoluzione, noi.
Fifth
Mancano 59 ore alla risoluzione del problema di Lampedusa. Anzi, 58 ore e mezza.

Sintesi estrema

 E proprio niente da ridere. (il credit è di Frankezze.it)

martedì 29 marzo 2011

Imitation of Life

Qualcuno lo chiama anche Reality Distortion Field. Non c'è altra spiegazione alle claque plaudenti fuori dal tribunale, alle figuranti che narrano il miracolo aquilano, alle finte fidanzate, alle finte assoluzioni. Non c'è altra spiegazione per riuscire a sostenere, con la faccia che la circostanza impone, tutte queste cose che, fuori dal distortion field, tornano a mostrare la loro vera essenza: meschinissime palle.

A dire il vero, un'altra spiegazione c'è. E si chiama valsente. Quanto vale un voto, un applauso, una bugia declamata con voce ferma davanti a una telecamera?

venerdì 25 marzo 2011

In particolare

Ovvero, quando il particolare fa la differenza.
Se qualcuno crede che non sia vero (io ad esempio non ci volevo credere), la prova provata sta qui.

giovedì 24 marzo 2011

Spigolature

Sottotitolo: senza nesso né logica.

Punto Uno: non ho comprato pillole di ioduro di potassio, né intendo farlo. A dire il vero ho mangiato pollo in tempi di aviaria e carne di manzo all'epoca della mucca pazza. In Inghilterra ci sono andata giusto in piena influenza A. Chiamatemi highlander.

Punto Due: Liz Taylor non ha avuto 4 figli da otto matrimoni. I figli li ha avuti da uno, due, tre o quattro matrimoni. Di più è impossibile. E questa è una nota per i titolisti Rai. Per dire.

Punto Tre: in metropolitana si respira aria di primavera. Se sudate, lavatevi un po' di più. In compenso quest'anno van di moda i fiori e i fiocchi tra i capelli. Oltre i ventisette anni fanno tanto Enrichetta. Se non sapete chi è, rimando alla voce Walter Matthau.

Ho finito, per ora.

lunedì 21 marzo 2011

Profanazione

Mi rendo conto che in questi giorni altri siano i temi sul tavolo. Però poi c'è anche la vita quotidiana, quella che ti tocca da vicino e che finisci per guardare da una prospettiva diversa da quella con cui rifletti sul Giappone o sulla Libia o sui guai di casa nostra.
Son tre giorni, incluso questo lunedì di finte ferie, che stiamo mettendo mano alla vita di un uomo. A tutto quello di cui lui si è circondato negli 83 anni che ha trascorso su questa terra. Le sue cose, i suoi libri, i suoi vestiti, le sue stecche da biliardo, i suoi fucili da caccia, i carnieri, i suoi appunti, le sue note sparse un po' ovunque. E poi scatole di foto, di lettere, di ricordi. Cose che si sapevan che eran lì, ma che in fondo nessuno aveva mai toccato perché ne era lui il custode. E uno si domanda se davvero c'è un momento giusto per farlo. Perché questo rituale, che fa parte dei rituali del commiato, è forse quello più violento. Violenza su te stesso. Violenza su di lui. Che ti sembra di profanargli la vita, decidendo cosa tenere e cosa donare, cosa conservare e cosa buttare, di tutto quello che lui non ha buttato mai.

venerdì 18 marzo 2011

Indovinello

Che cos'è?

The Day After

Il giorno dopo l'orgia tricolore, come ben si conviene alla fine dello show, dopo i titoli di coda tocca ai ringraziamenti. Al ragazzo dei panini e a quello delle bibite, alla mamma che ha fatto la torta, alla pizza di rinfranco. Thank You Everybody. Ma più di tutti grazie ai signori della Lega, che nella loro tracotante arroganza hanno forse fatto aprire un po' gli occhi a tanti stolti. A Salvini e alla sua scrivania in Galleria. Ai leghisti che han preferito il croissant alla buvette del Pirellone. A Bossi, Maroni e Calderoli che obtorto collo c'erano e a tutti quelli che platealmente non c'erano.
Grazie. Davvero grazie. I vostri gesti son valsi più di mille vostri comizi.

E il mio grazie più sentito va a chi a Roma c'era. E ha fischiato. Finalmente.

mercoledì 16 marzo 2011

Peynet



Bulimie

Ieri l'avrò sentita almeno tre volte per radio l'ultima boutade di Bon Jovi e ancora stamattina c'era un tizio che ne parlava. Il b[u]on Jon Bon, per farla breve, se l'è presa con Steve Jobs perché ha ammazzato con iTunes l'industria musicale. Un po' come i nostalgici del libro che fruscia ce l'han su con gli ebook, anche lui rimpiange il bel tempo andato in cui ci si perdeva fra le copertine dei negozi di dischi, in cui si godeva del preascolto e altre amenità del genere. Per me iTunes e i suoi fratelli hanno avuto il pregio di consentirmi di scaricare anche un brano alla volta, senza impormi l'acquisto/ascolto di album interi dei quali avrei magari scartato la metà dei brani. E questo è stato un gran bel cambiamento, ben al di fuori della logica dei singoli, gestita a discrezione delle case discografiche.
Ma c'è un altro altro aspetto che il b[u]on Bon Jon trascura e che invece a me inquieta. Ed è la bulimia. Per quale motivo dovrei avere quindicimila, ventimila brani musicali sul mio player? Non mi basterebbero due anni di ascolto ininterrotto per sentirli tutti. Una volta, e non è nostalgia canaglia questa, l'acquisto di un disco era cosa da salvadanaio, da mance risparmiate, da regalo di compleanno, da scelte oculate, spesso sofferte, da condivisione con gli amici, tu-questo-io-quello-poi-ti-faccio-la-cassetta. Da selezione. Certo, gli impallinati ci son sempre stati, ma forse eran più cultori. O così mi piace credere. La sensazione che ho ora è proprio quella della grandeur, che spinge fin da bambini a chiedere l'accroccio per poter scaricare sul gameboy o sulla play migliaia di giochi, naturellement craccati. Ma con quanti ragionevolmente si potrà giocare? Due? Tre? Dieci? Cento di sicuro no. Poi arrivano gli mp3 e ancora si corre a fagocitare l'inverosimile, in una sorta di supersize me musicale. Con gli ebook temo sarà lo stesso. Con la differenza, non irrilevante, che la lettura di un libro richiede qualcosina di più di tre canonici minuti.

martedì 15 marzo 2011

Έτσι, δεν γνωρίζω

Scio nihil scire. So di non sapere. La fisica, più che mai quella atomica, non ha mai fatto parte del mio bagaglio, nemmeno quando ero costretta a farmene carico a scuola. Per cui so, fortissimamente so, che tutto ciò che attiene al raziocinio e alla fredda logica dei dati mi coglie impreparata. Tuttavia, trovo sconcertante la sicumera con cui il nostro Governo in primis e i fautori del ritorno al nucleare subito dopo non provano nemmeno a esercitare la nobile arte del dubbio. Anzi. Non è che minimizzino, no. Negano. Citano fonti, scale, numeri, statistiche, per dimostrarti che sei tu l'ignorante e incompetente che ragioni di sola pancia. Sarà. Anzi, è. Però a me restano sempre quelle tre-quattro domande in sospeso, alle quali nessuno ha mai dato risposta. Dove si mettono le scorie, così, per cominciare. Quanto sono effettivamente sicuri gli impianti di nuova generazione. Se davvero non sia più saggio investire pesantemente verso le rinnovabili, invece che tornare su un nucleare che richiederà comunque tanti (troppi?) anni prima di rispondere efficacemente al nostro fabbisogno. Quale garanzia vi sia, in un Paese come il nostro, che le criminalità più o meno organizzate non arrivino a mettere le loro mani anche sulla realizzazione dei nuovi impianti. Detto questo, dal basso delle mie insicurezze, li invito caldamente a trascorrere i prossimi quindici giorni in un simpatico resort a Fukushima. Sono certa che non vi siano problemi di overbooking. Facciamo tre settimane, va. Poi ne riparliamo.

Post scriptum: Spero che nel frattempo qualcuno addivenga a più saggi pensieri. Nella malaugurata ipotesi che ciò non debba accadere e nell'altrettanto malaugurata ipotesi che anche il referendum dovesse andare deserto, sarà divertente vederli all'opera, i paladini del nuclear power, nell'esercitarsi nell'altrettanto nobile esercizio del not in my garden.

lunedì 14 marzo 2011

Nippo-Humour

Nel va e vieni di mail con i nostri amici giapponesi, in questi giorni di tragedia, non ho potuto non cogliere una vena di amaro umorismo in chi, pur lontano dall'epicentro, ha assistito a qualcosa di mai immaginato prima. Sorprendente, almeno per me.
[...]After an hour of evacuation to outside, some of us were allowed to go into the office to bring our assets. When I entered into the office, everything was in disorder! Big surprise and shock! Most of the walls fell off, many windows are broken, some portion of the ceiling were fallen down, most of the PCs fell off, covered by messy powder all around. Especially inverter design department was damaged. I do not think we can start normal work tomorrow. We'll see...But honestly, it is not worth risking our lives. I could not catch my wife, working just a few kilometers away from my office, because the communication (handy phone) was blocked, but fortunately we could meet 5 hours after the eartquake occurred. Sae was in Tokyo area (Tokyo Disney Sea) with her friends and faced liquefaction phenomenon. Tokyo Disney Sea was made by land filling. It took her 12 hours to arrive at her friends house, where she stayed until the next morning.[...]
Poi, il guizzo: [...]If there's a chance, she would like to visit Italy, and next your daughter(s) come here like we talked a bit in the past. I do not think there will be such a big earthquake, because it is said it was the one happened once in 2000 years.[...]
Humour per humour, abbiamo risposto così: [...] Giulia would like for sure to visit Japan, she’s not afraid of another big earthquake like this because she hopes to come within the next 2000 years.[...]

Nota a margine: ho letto recentemente Tutti i figli di Dio danzano, di Murakami Haruki e mi aveva colpito l'ombra lunga del terremoto di Kobe che pervade ogni racconto. Ho provato a riprendere in mano il libro, ieri sera. Ma non ci sono riuscita.

Attese


Singolare sintonia, sostare davanti alle Attese di Lucio Fontana in un giorno d'attesa. Un lungo giorno in attesa di una risposta, equivalente a un verdetto, definitivo. Ed è stato per ingannare quell'attesa che mi sono infilata nel Museo del Novecento. Non c'ero ancora stata. Mi mettono ansia le folle. Nei musei anche di più. Mi tolgono lo spazio e il tempo dell'osservazione, così come lo tolgo io. Così ho preferito aspettare. Di nuovo, l'attesa. Poca gente, quella mattina. E Il Quarto Stato lì, dopo la prima rampa. I futuristi. Boccioni. Marinetti. Salendo su, fino a Fontana. E fino a quella terrazza, con una vista che vale da sola il tempo trascorso al museo. C'era il sole, quel giorno. L'8 marzo scorso.

martedì 8 marzo 2011

Flowers

La stazione del metrò a Cadorna pullula di venditori di mimose. Un mazzetto tre euro. Già un po' smunti, da perdere i pallini già da stasera. Forse, se se ne prendon due fan cinque euro. Loro son magrebini, cingalesi, cinesi. Le cinesi son più organizzate, con un secchio pieno d'acqua e la stagnola per avvolgere i gambi. I magrebini fanno il banchetto. I cingalesi si avvicinano a chiunque, uomo, donna, bambina, e offrono con un sorriso.
Improvviso il fuggi fuggi, col bachetto rovesciato e i mazzetti raccolti alla bell'e meglio. La polizia guarda, passa e va. Per terra qualche mazzolino perduto nella corsa. Lesto il clochard - che barbone non sta bene - li raccoglie e sale verso le Nord. Due euro. Che tanto è tutto guadagno.

<i>Che poi uno ci pensa anche alla questione del racket e delle mimose. E si domanda se davvero ne valga la pena. </i>

lunedì 7 marzo 2011

Passion Ebook [Reprise]

C'è poi un altro aspetto della questione ebook che mi ha colpito e sul quale temo finirò per rimuginarci abbastanza. Ed è il lato social della questione. Social reading, social writing. Ora, sul social writing ho le mie fisse. Se togliamo Wu Ming, non ho finora visto nulla, tra le produzioni a più mani, che valga la pena di entrare negli annali della letteratura. Ma devo dire che penso lo stesso dei millanta narratori improvvisati che compaiono sul web. Il fatto di mettere insieme delle parole, delle frasi, una parvenza di trama, non trasforma modesti scribacchini in autori. Può darsi che le cose col tempo cambino, ma a me questa dimensione social della scrittura lascia molto perplessa. Anche le abbinate costruite a tavolino, come Camilleri e Lucarelli l'estate scorsa, davvero lasciano un po' il tempo che trovano e non so se sarà un social network a creare i Fruttero & Lucentini o i Sjowall & Wahloo di domani.
Diversa è la questione del social reading. La faccenda è semplice: soprattutto quando i nuovi ereader integreranno funzionalità di comunicazione, l'idea è quella di dar vita a vere e proprie piattaforme sociali di lettura nelle quali coinvolgere lettori e magari autori in sessioni di reading collettivi, forum, gruppi. Bello. Bello. Bello.
Ma.
Ma io quando leggo tendo a immergermi in una esperienza individuale. E' quando ho finito di leggere che mi scatta il desiderio di condivisione o di confronto. Così, per esempio, già adesso a me l'idea che sul Kindle uno possa vedere in un libro una sorta di top ten o top venti delle frasi maggiormente sottolineate dai lettori in tutto il mondo manda un po' giù di testa. Chemmefrega se 50 persone hanno tutte sottolineato lo stesso passaggio? Esiste un criterio di rilevanza anche nella lettura? In questo momento, l'unica cosa che mi conforta è il pensiero che la volontarietà in queste faccende è ancora determinante. Sono social, se voglio. Condivido, se voglio. Per ora non voglio. Ecco.

domenica 6 marzo 2011

Raccolta punti

Questo post, in attesa che io torni a sbizzarrirmi sulla questione degli ebook che mi affascina dimoltodimoltodimolto di più, ha due titoli. Il primo è quello che si legge in alto. Il secondo credo lo metterò in calce. Credo.

A pagina quattro di Repubblica di oggi c'è una breve cronaca dalla manifestazione delle donne del Pdl organizzata ieri, in una sorta di faticoso controcanto alle manifestazioni del tredici febbraio e di timoroso non si sa mai in vista di quelle dell'8 marzo. Scavando un po' tra le difese di ufficio del capo, le accuse altrettanto d'ufficio nei confronti delle donne di sinistra e le scontate prese di distanza rispetto a manifestazioni politicizzate (della serie sempre dai fondamentali bisogna ripartire, si studiassero un po' cosa significa politica, etimologicamente voglio dire), la chicca c'è ed è targata Sacconi. Maurizio Sacconi. Il ministro del welfare. Lui, ecco. Comunque quel gran genio di Sacconi ha tirato fuori dal cilindro la chicca dell'anno: con le carte fedeltà, la grande distribuzione potrebbe offrire invece che set di piatti o parure letto, dei bei voucher per l'Inps. Un genio. Me le vedo le casalinghe che corrono con le loro fidaty card, tutte fiere dei dieci euro accumulati in un semestre per una pensione che non vedranno mai. Meglio un bel set di coltelli, a questa stregua. Multiuso, soprattutto.
E mentre il ministro del welfare se ne veniva bel bello con questa nobile idea, finiva con Mara Carfagna il mantra delle ministre: "Le donne devono imparare a valorizzare i loro talenti". Quali?
Uh. Dimenticavo il secondo titolo.
Honi soit qui mal y pense.

sabato 5 marzo 2011

Passion Ebook

Ovvero quello che ho visto, sentito e, spero, imparato, in una giornata di lavoro.

A dire il vero le giornate sarebbero tre: vanno avanti fino a domani. Ma io più che il primo giorno non riuscivo a starci e ci mancava poco che mi baciassi i gomiti. Piutost che nient l'è mej piutost, diceva mia nonna. Saggezza meneghina. Comunque anche solo nella prima giornata di carne al fuoco ne è stata messa tanta, e cercare di condensarla in un post non è cosa semplice. Magari di post ne faccio anche più d'uno e così scappa la paura.

Il primo punto, della giornata di ieri, è che finalmente non ho sentito nessuno partire con la solita manfrina del libro di carta, del profumo dell'inchiostro, del fruscio della carta. Un passo oltre. Anche due va. Diciamo che la questione è assodata: c'è un mondo che sta andando in una certa direzione, come si affronta il cambiamento? come si fa sistema? qual è il punto di sostenibilità? quali i modelli di business possibili?
Brutale, nel contempo, il realismo. Di che cosa stiamo parlando? Di una cosa che vale lo zerovirgolazeroqualchecosa di un mercato, ben più grande, che è quello librario nel suo insieme. E che per quanto cresca, ce ne vorrà prima che arrivi a un cinque, un dieci o un venti per cento.
Ma per quanto tempo ci metterà, imporrà a molti di cambiare. Alle librerie? Certo. Anche se, attenzione, prima degli ebook è l'ecommerce che le mette in crisi. E questo già da ora.
Il libro di carta sparirà? Nemmeno per sogno. E non solo perché comunque resta un'idea di conservazione e possesso che è impossibile scalfire, ma anche e soprattutto perché ebook ed ereader son cose da lettori forti. Uno che legge tre libri all'anno non ha interesse né necessità di migrare al digitale.
Detto questo, si arriva alla vexata quaestio. Ma quanto deve costare un libro digitale? Meno. Su questo son d'accordo tutti. Anche lasciando perdere la questione dell'Iva, che sui libri cartacei è al 4% e sugli ebook è al 20, perché equiparati a servizi digitali, il risultato è che devono costare meno. E questo anche a prescindere dall'altrettanto stantia manfrina che si eludono i costi di stampa, magazzino, trasporto.
A me è piaciuta la spiegazione di Mauro Zerbini, patron di Ibs: "Devono costare meno perché il valore percepito è più basso. Uno si compra un libro per tenerselo in libreria e magari mai sfogliarlo. Ma uno non compra un libro elettronico per tenerselo sul reader. Uno lo compra per leggerlo. Per consumarlo. E già questa idea di consumo sminuisce il valore percepito del libro elettronico. E poi, diciamocela tutta. Una volta i nonni portavano i nipoti in cantina e passavano loro i libri della loro infanzia. Quanti dei libri che abbiamo nelle nostre case vengono da questi passamano generazionali. Vi ci vedete tra vent'anni a passare i vostri file ai vostri nipoti?".

giovedì 3 marzo 2011

Passion Time

Domattina mi alzo all'alba. Anzi prima. Alle sei sono già in viaggio. Vado a Rimini. Per un giorno. A occuparmi di ebook. Vado qui, per farla breve: http://www.ebooklabitalia.com/. E mi invidio da sola. Magari poi ne racconto anche un po'.

mercoledì 2 marzo 2011

Ossimori

A me l'idea che un Guttenberg, se pure con due T,
si sia reso colpevole di copiatura indebita sembra tanto un paradosso.
Poteva tentare un'estrema difesa. In memoria dell'avo Johann.

martedì 1 marzo 2011

Stati di alter[n]azione

Roba da predica mammesca, voglio dire. Ma a questi bisogna spiegarglieli proprio tutti, i fondamentali. Mettano pure Ferrara dopo il Minzotiggì e prima dei pacchi. L'importante è che non tolgano. [Lo ha detto anche Fazio l'altra sera, lo so]. E non è che un martedì a me e un martedì a te significa creare un equilibrio. Significa togliere. Semplicemente togliere. E occupando ex lege Annozero o Ballarò non si garantisce per osmosi lo stesso pubblico, la stessa share, lo stesso risultato. Si invade un territorio. Scientemente.

Grrrrrrr

Ma allora ditelo. Ditelo che è con me, proprio con me, che ce l'avete. Perché mi avete mandato un'auto dei carabinieri a consegnarmi brevi manu una citazione in udienza nel bel mezzo di una mia pigrissima domenica pomeriggio. Perché io, oggi, per essere lì alle 13, ho dovuto passar di mano un paio di appuntamenti di lavoro non semplicemente importanti, ma soprattutto interessanti. Perché io, in quell'anticamera davanti all'aula, oggi alle 13 c'ero, insieme a tutti gli altri convocati, tutti perplessi, tutti francamente un po' scocciati di questo reitero di cose già dette e fatte. E perché dopo quaranta minuti mi son sentita dire che nessuno aveva bisogno di me e che in effetti c'era stato un disguido nelle citazioni. Voi mi odiate, ditelo.
Ma vi odio anch'io. Profondissimamente. Sapevatelo.

Samaria

Oggi mi tocca andare in tribunale. Per la terza volta in pochi mesi. Nessun legittimo impedimento. Semplicemente, convocata, vado. Devo raccontare, di nuovo, quel che accadde una mattina di quattro anni fa, quando assistetti a un incidente stradale e mi fermai a prestare soccorso a un bambino. Niente di grave. nessun morto o ferito. Solo una bella botta e tanto spavento. Solo che io mi fermai, l'altra macchina, quella che lo aveva investito, no. Non subito per lo meno.Mi dicono che la guidatrice tornò indietro poco dopo, quando ormai ce ne eravamo andati e il bimbo stava con sua madre. E che andò immediatamente a costituirsi. Comunque. Comunque a quattro anni di distanza io dovrei ricordarmi ogni particolare. Dove fermò la macchina? Accostai, mi ricordo. Credo sulla destra. Ma lei all'epoca disse sulla sinistra. Allora sarà stato sulla sinistra. Che ora era esattamente? Verso le otto. Stavo portando le figlie a scuola. Nella sua dichiarazione di quel giorno c'è scritto otto e un quarto. Saranno state le otto e un quarto, allora. Quanti passi aveva fatto il bambino? Non mi ricordo. Nella sua dichiarazione c'è scritto due tre passi. Saranno stati due o tre.
Ma secondo te, io posso ricordarmi ogni dettaglio di una cosa che ho visto incidentalmente, un mattino di quattro, dico quattro anni fa? E adesso che per la terza volta mi fai tornare in tribunale a ripeterti quello che io non mi ricordo, cosa pensi di ottenere? Mi dicono che sono fortunata. L'incidente è avvenuto a pochi passi da casa mia. Fosse stato a Catanzaro, mi sarebbero toccate, finora, tre gite in Calabria. Comodo. Ecco. Io di giurisprudenza non capisco nulla. Però, devo dire, la faccenda mi sembra troppo banale per meritare tre udienze (tre alle quali sono stata convocata io. il capo dei vigili mi ha detto che loro sono andati almeno un paio di volte in più). Una sintesi, magari su un criterio di buon senso no?

Iconic

...and farewell to you, Mrs Jane Russell

lunedì 28 febbraio 2011

Adieu, Annie

La cognizione del dolore

Siccome mi sto togliendo i sassolini dalla scarpa e siccome posso anche prender come scusa che è l'acidità di stomaco che ancora mi fa male, aggiungo l'ultimo carico alla questione della pornografia del dolore. Così mi confermo cuor di pietra una volta per tutte.
Le candele. Le fiaccolate simboliche. Le preghiere al piccolo angelo che non è più tra noi. La corsa al ci-sono-anche-io-e-forse-sono-più-straziato-di-te-perché-mentre-scrivevo-questo-post-sul-blog-o-in-bacheca-piangevo-e-tu-non-sai-nemmeno-quanto. Mi stomacano. Sarà che per indole ho una percezione molto intima e privata del dolore, tendo a interiorizzarlo e a considerare l'interiorizzazione una giusta necessità, da salvaguardare da tutte le pur buone intenzioni. E' la corsa al dolore collettivo che rifuggo. Quel dolore collettivo che non porta conforto a nessuno. Preferisco la muta preghiera, per chi l'ha nel cuore. E la riflessione che cerchi di sondare le radici di quel male che vive nel mondo. Altrimenti è solo un miserevole dolore. Privo anche di misericordia.

La perfetta sintesi

Ringrazio Poison per avermi offerto la perfetta sintesi del discorso del PdC ai cristiano-riformisti sabato.


Int'o culo alla scuola pubblica. Ohhhh!

Family Day

C'è qualcosa che va oltre l'umana pietà. C'è qualcosa che va oltre la commozione. C'è qualcosa che va oltre la solidarietà. Anzi. Che le travalica totalmente. Perché a me questi pellegrinaggi del dolore lasciano perplessa. Pornografia del dolore. Voyeurismo. Né più, né meno. Ne ho sentito uno, stamane per radio, di questi bravi genitori, che giustificava la sua scelta di essersi spinto da Milano a Bergamo, pupi al seguito, per mostrare loro come è davvero il mondo. Ansia da c'ero anch'io, con tanto di foto ricordo. Come accadde, me lo ricordo bene, con quel bimbo nel parmense. Il santino-souvenir per chi si spinse fino ai funerali. Come fece Bruno Vespa, mi ricordo anche questo, tra le macerie de L'Aquila, grufolando alla ricerca della memorabile icona. Perché il dolore, collettivo, diventa evento.

domenica 27 febbraio 2011

Ripartire dai fondamentali

Premessa: questo post mi era rimasto lì, in elaborazione. Perché mi sembrava di ritornare a tritare la stessa ciccia stantia. Perché è chiaro che i fondamentali di cui scrivo sono sempre gli stessi fondamentali, dimenticati e direi volutamente calpestati. Mi son convinta al rispolvero dopo aver sentito l'accorata protesta di mia madre al telefono (dopo 38 anni in segnamento nella scuola pubblica) e aver letto altre indignazioni pari alla sua. Della serie, mai assuefarsi. Mai.

Che sia chiaro a tutti, anche ai più ottenebrati, che il PdC abbia un disperato bisogno di tornare nelle grazie dell'elettorato cattolico mi pare fuor di discussione. Così ci stanno le bordate contro i matrimoni gay, le adozioni ai single, le libere scelte in tema di trattamenti sanitari e di fine vita. Ci stanno, anche se non mi sembrano esattamente ai primissimi posti dell'agenda di governo di questi tempi. Posto che una agenda di governo poi esista.
Ci sarebbe stata anche l'ennesima promessa di sgravio o di finanziamento alle scuola cattoliche, a ben vedere. Tanto la platea era quella giusta. Invece no. Il PdC ha scelto altri toni e, del tutto dimentico del suo ruolo e degli impegni che istituzionalmente si sarebbe assunto con quel giuramento che fece quando si insediò, si è addirittura scagliato contro la scuola pubblica. Contro la scuola di Stato. Contro quella scuola costituzionalmente garantita. Colpevole, a suo dire, di inculcare principi contrari a quelli dei genitori. Dimentico del tutto che la scuola deve, semmai, educare all'autonomia di pensiero, non alla sua ereditarietà.
Dimentico che la differenza arricchisce. E dimentico, soprattutto, di un paio di articoli della Costituzione: i famosi fondamentali. Dai quali sarebbe bene ripartire.
Art. 33. - L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
E' prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
Art. 34. La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

sabato 26 febbraio 2011

Mal di mare

Mi sono svegliata dopo qualcosa come undici ore di sonno secco e pesante. Io, che ieri sera mi prefiguravo la notte in bianco, dopo aver già dormito tutto il giorno. Roba da segnarsela negli annali. E sto meglio. Cioè, devo muovermi con la stessa cautela con la quale un neofita si aggira in barca a vela con il mare forza sette. Ma sto meglio. E visto che l'unica cosa che il mio stomaco tollera è il the-tea-tè con tantotantotantotantotanto zucchero e tantotantotanto limone (una schifezza in pratica), mi bevo i miei sidelloni di liquido chiaro, infischiandomene di diabete e affini. E adesso faccio il conto dei vantaggi. In ufficio hanno fatto a meno di me. Cioè, hanno provato a chiamarmi, sul telefono di casa, ma dopo avermi sentita farfugliare cose sconnesse, devono aver capito che no, non era solo un malessere, ma ero davvero indisturbabile. La figlia grande, quella immune dall'epidemia, ha fatto lei la spesa della settimana. E si è strettamente attenuta alla lista, evitando le tentazioni nelle quali io a volte indulgo. Ho saltato il cineforum. Proprio la settimana che in programmazione c'era Un altro mondo. Come scampare alla muccinata senza nemmeno accampare scuse. E dire che ero convinta che toccasse a Tamara Drewe.

venerdì 25 febbraio 2011

Filotto

L'influenza ci ha beccate in tre. Tutte in fila. Un-due-tre. E ci ha annientate. Così, dopo non mi ricordo più quanto tempo, ho passato un'intera giornata senza muovermi dal letto. In un dormiveglia assopito e interrotto solo dagli spasmi allo stomaco. E adesso che mi sembra di vedere l'uscita dal tunnel, son qui che mi auguro un minimo prolungamento, giusto per gustarmela, un'altra giornata così. I due indenni della famiglia ci stanno alla larga, per paura di essere colpiti anche loro. Ci manca solo che abbandonino le tazze di the fuori dalla porta della camera, pur di non correre il rischio. In compenso, mi rendo conto che l'età ha ormai il suo bel peso. Le due figlie, dopo la crisi acuta, sembravano vispe come grilli. Lo zombi ero e sono solo io. Non ci ho più l'età nemmeno per ammalarmi.

martedì 22 febbraio 2011

[Af]fissioni


Oggi sul Corriere Madame Isabelle Bossì Fedrigottì se la prende con gli ultimi cartelloni di tal Sylvian Vattelapesca raffiguranti modelle con vestitini ras-a-cul. Osceni credo li abbia definiti. Più o meno come questi cartelloni qui che da un paio di giorni impestano i viali.

Errata Corrige: madame Bossì Fedrigottì non ha scritto osceno. Ha parlato di scontatezza del messaggio pubblicitario. Osceno devo averlo letto in qualche commento o in giro per il web, sempre in relazione ai cartelloni di Sylvian Vattelapescà. Ciò non toglie, invece, l'oscenità dei cartelloni come questo ripreso da me all'uscita del metrò. E ce ne sono altri eh.

Estrazioni

Cara impiegata dell'Ufficio Anagrafe,
se io ti mando mia figlia a chiederti un estratto di nascita, vuol dire che ho bisogno di un estratto di nascita. Se avessi voluto un lasciapassare per l'espatrio sarei venuta con tutta la happy family al seguito, pronta a firmare tutte le tue maledette carte. Invece no. Volevo un estratto di nascita. Un semplicissimo estratto di nascita. Che tu eri tenuta a darle, visto che è maggiorenne e delega-munita, senza costringerla a tre avanti e indietro e senza costringerla a subire le mie rampogne. Fanculo. Di cuore. Mi hai fatto amare Brunetta per circa 60 minuti, sallo.