venerdì 3 febbraio 2012

Non notiziario



In realtà questo è periodo da "notizie che non lo erano", come direbbe Sofri. Per lo meno per me.

Così mica mi metto a scrivere che mi son beccata l'influenza, né che per questo ho saltato un viaggio a Londra, né che dopo di me a catena sembra che tutta la famiglia sia presa dall'invidia del letto. Che novità sarebbe, in pieno inverno?
Che nevica, è nevicato, sta nevicando, nevicherà lo sappiamo tutti e non stiamo a raccontarci nemmeno questo.
In realtà su Facebook è un trionfo di giardini, vie e piazze innevate che farebbe sembrare il tutto molto bello, se non fosse che poi uno deve anche muoversi e tutta la poesia passa dopo i primi venticinque secondi.
By the way, mi devo togliere un sassolino dalla scarpa.
Caro automobilista che hai montato le gomme da neve sulla tua auto, [l'ho fatto anche io, per inciso]  non è che guidare a manetta per strade innevate se va bene, ghiacciate in tutti gli altri casi, sia proprio così da furbi. Perché gli altri, quelle che le gomme da neve non le hanno e neppure le catene, forse non sono delle schegge, ma tu sei e resti immensamente pirla. E mentre sfrecci veloce verso il semaforo, superandoli nella coda,  gli imbranati, come li chiami tu, testacodano tristemente, per evitare di venire addosso a te. Coglione.
Di tutte le scene di questi tre giorni di neve, quella più bella l'ho vista ieri. Sul ponte di Rialto di Milano, quello della Stazione di Porta Genova, ieri mattina, prima delle nove, la signora che tutti i giorni vi staziona chiedendo l'elemosina a chi passa è arrivata munita di scopettina di saggina. Si è pulita ben bene il suo angolo, così che non ci fossero né neve né ghiaccio, e poi si è rimessa nella solita posizione. Mi ha fatto tenerezza.
Comunque siamo in inverno e nevica. Sai che notizia. Forse quelli di Trenitalia non lo sapevano. E nemmeno quelli dell'Enel, visto che il mio collega di Pistoia è rimasto per più di 30 ore senza elettricità.
Comunque, ho visto Le Havre, di Kaurismaki è mi è piaciuto. Molto.
E sto leggendo 1Q84.
Non sono notizie, queste.
Solo appunti.

Naturalmente delizio anche io chi passa di qui con la veduta notturna del mio giardino. Solo che complice il cellulare, più che un paesaggio fatato sembra un film horror. Ma è l'ebbrezza di vivere in campagna, baby.

lunedì 23 gennaio 2012

Volevo cambiare look

Come quando si va dalla parrucchiera. Ora non so se mi piace, perché poi io, a differenza di altri, non è che sto  a smanettare con i codici e con l'Html e con tutto il resto. E' un po' una cosa da come viene viene e scelgo a muzzo quel che mi piace di più al momento. Così ho provato questa cosa del design dinamico. Che credo voglia dire che se anche ti sembra in un modo, tu poi puoi vederla in un altro. Me la studio eh. Poi vi dico.

-23

A me l'idea che ventitré giorni di questo nuovo anno siano di fatto già trascorsi un po' mi disorienta. Perché io poi sono quella che non avendo alcuna familiarità con i numeri, poi pretendo di inventarmi alchimie strane. Tipo che undodicesimo dell'anno se ne è quasi andato, che questa è la quarta settimana su cinquantadue e tutte le amenità correlate alla questione.
Comunque non ho iniziato di corsa. E questo è un bene. Cioè mi sono buttata a capofitto sul lavoro [che comunque non ho lasciato nemmeno nelle due settimane di vacanza, solo che era venuto lui a casa con me, invece che io da lui in ufficio], però mi sono anche presa il tempo per altro. E questo fa per lo meno bene all'umore. Che poi l'altro sono gli amici, è un progetto che sto portando avanti con tre colleghi e che prima o poi magari riuscirò anche a far vedere a qualcuno, sono i miei libri, sono le prossime vacanze.
Va beh, con la scusa che siamo in tanti e se non pianifichiamo prima non riusciamo a trovare quel che ci interessa a prezzi umani, in realtà siamo già più che orientati. Lisbona. Sintra. Cascais. Micapizzaefichi, come si suol dire.
Poi ho ripreso il cineforum.
Siamo partiti facili facili, con Midnight in Paris. Non è proprio un imperdibile di Woody Allen eh. Roba da spegnere il cervello, con quel tanto di piacioneria, di verbosità e di incongruenze che riempiono di pecche un film che sa tanto di prodotto. Dimenticabile, comunque.
Settimana scorsa c'era il Faust e io me lo son persa senza eccessivi rimpianti, nonostante i promotori dell'iniziativa si ostinino a definirlo un capolavoro.  Segnata dai film di Wajda nella mia giovinezza, ho ben presente cosa significa, in determinati contesti, la parola capolavoro.
Adesso aspetto Miracolo a Le Havre e di questo sono curiosa assai.
Ieri, intanto, per volermi bene e per volerci bene mi sono cimentata nel Latte Imperiale. Che le due ore per far restringere il latte sono belle lunghe. Mi ci sono messa di impegno e buzzo buono, solo che non ho pensato a fare le foto, giusto perché non  ho l'animo della foodblogger. E comunque ho trovato una bellissima foto online che non mi fa far figuracce. Perché era buonissimo, ma lo scaravoltamento dalla tortiera con l'anello non è mica venuto così bene.

lunedì 9 gennaio 2012

Svaporamenti


Sul cartiglio del Bacio Perugina bianco che ho mangiato per consolarmi del rientro in ufficio ho trovato scritto: "La fantasticheria è il vapore del pensiero". Victor Hugo, pare. Mica pizza e fichi. In realtà non so se si parli di sogni o svaporamenti. Però in questo inizio d'anno io uno ce l'ho, di sogno. E sto provando a renderlo reale. E mi piace un sacco, anche se gli ostacoli a volte mi sembrano più alti delle possibilità. Ma tanto svaporata lo sono di mio. Un po' di più, un po' di meno, che male fa?

giovedì 5 gennaio 2012

Il caffè della moca

In Romagna per un paio di giorni e per non piacevolissime incombenze, l'ultima cosa che abbiamo voglia, tempo e in fondo anche risorse (credo non ci sia rimasto nemmeno il sale, figuriamoci l'olio o l'aglio per la più classica delle spaghettate estemporanee) di fare è cucinare. Così vai di trattoria. Che tanto qui ce ne sono ancora. E comunque questa è quella di sempre. Quella dove la carta non c'è. Te lo dicono loro quel che va oltre il menù tradizionale. Cioè la tagliatella o il cappelletto. Lei rigorosamente al ragù. Lui rigorosamente in brodo. E la forma, se proprio la vuoi, te la mettono loro di là in cucina. E il vino sfuso si conteggia con quel che ne lasci nella bottiglia. Tanto per capire. Comunque nessuno di noi ha voglia di andare oltre, così vai di tagliatella, che è gialla d'uova che fa festa a guardarla. Poi chiedi il caffè. Macchiato per me. Un po' lungo per lui. "Ma va che è quello della moca. Perciò te lo verso alto nella tazza, che va bene lo stesso". E mica vorrai discutere, no?

domenica 1 gennaio 2012

Doce Uvas


Devo dire che, nonostante tutto, siamo persone molto attaccate alla tradizioni. Mica solo le nostre, per carità. Apertissimi a far diventare nostre anche quelle degli altri, soprattutto se scaramantiche.
Così, dopo il melograno, le lenticchie, le spagnolette, che c'è una profezia Maja da scongiurare e una manovra Monti cui sopravvivere, quando mancavano dodici secondi alla mezzanotte, ci siamo ritrovati davanti alla Porta del Sol a ingurgitare i dodici acini d'uva prescritti dalla nostra amica murciana, andando a ritmo con i rintocchi della campana e cercando di non strozzarci con i gandolini. Così ci siamo persi il botto di Carlo Conti, che mi sembra comunque un buon modo per iniziare l'anno. Però poi, lo ammetto, siam tornati anche in Italia, giusto per renderci conto che da noi non è Capodanno se qualcuno non canta Tintarella di Luna. Anche se fuori ci son zero gradi e la strada luccica di ghiaccio. Tant'è. Quando hano tirato fuori dalla formalina Leroy Gomez abbiam capito che non è che  tutte queste tradizioni son proprio indispensabili, eh. Giusto qualcuna, per non sbagliare.