lunedì 28 febbraio 2011

Adieu, Annie

La cognizione del dolore

Siccome mi sto togliendo i sassolini dalla scarpa e siccome posso anche prender come scusa che è l'acidità di stomaco che ancora mi fa male, aggiungo l'ultimo carico alla questione della pornografia del dolore. Così mi confermo cuor di pietra una volta per tutte.
Le candele. Le fiaccolate simboliche. Le preghiere al piccolo angelo che non è più tra noi. La corsa al ci-sono-anche-io-e-forse-sono-più-straziato-di-te-perché-mentre-scrivevo-questo-post-sul-blog-o-in-bacheca-piangevo-e-tu-non-sai-nemmeno-quanto. Mi stomacano. Sarà che per indole ho una percezione molto intima e privata del dolore, tendo a interiorizzarlo e a considerare l'interiorizzazione una giusta necessità, da salvaguardare da tutte le pur buone intenzioni. E' la corsa al dolore collettivo che rifuggo. Quel dolore collettivo che non porta conforto a nessuno. Preferisco la muta preghiera, per chi l'ha nel cuore. E la riflessione che cerchi di sondare le radici di quel male che vive nel mondo. Altrimenti è solo un miserevole dolore. Privo anche di misericordia.

La perfetta sintesi

Ringrazio Poison per avermi offerto la perfetta sintesi del discorso del PdC ai cristiano-riformisti sabato.


Int'o culo alla scuola pubblica. Ohhhh!

Family Day

C'è qualcosa che va oltre l'umana pietà. C'è qualcosa che va oltre la commozione. C'è qualcosa che va oltre la solidarietà. Anzi. Che le travalica totalmente. Perché a me questi pellegrinaggi del dolore lasciano perplessa. Pornografia del dolore. Voyeurismo. Né più, né meno. Ne ho sentito uno, stamane per radio, di questi bravi genitori, che giustificava la sua scelta di essersi spinto da Milano a Bergamo, pupi al seguito, per mostrare loro come è davvero il mondo. Ansia da c'ero anch'io, con tanto di foto ricordo. Come accadde, me lo ricordo bene, con quel bimbo nel parmense. Il santino-souvenir per chi si spinse fino ai funerali. Come fece Bruno Vespa, mi ricordo anche questo, tra le macerie de L'Aquila, grufolando alla ricerca della memorabile icona. Perché il dolore, collettivo, diventa evento.

domenica 27 febbraio 2011

Ripartire dai fondamentali

Premessa: questo post mi era rimasto lì, in elaborazione. Perché mi sembrava di ritornare a tritare la stessa ciccia stantia. Perché è chiaro che i fondamentali di cui scrivo sono sempre gli stessi fondamentali, dimenticati e direi volutamente calpestati. Mi son convinta al rispolvero dopo aver sentito l'accorata protesta di mia madre al telefono (dopo 38 anni in segnamento nella scuola pubblica) e aver letto altre indignazioni pari alla sua. Della serie, mai assuefarsi. Mai.

Che sia chiaro a tutti, anche ai più ottenebrati, che il PdC abbia un disperato bisogno di tornare nelle grazie dell'elettorato cattolico mi pare fuor di discussione. Così ci stanno le bordate contro i matrimoni gay, le adozioni ai single, le libere scelte in tema di trattamenti sanitari e di fine vita. Ci stanno, anche se non mi sembrano esattamente ai primissimi posti dell'agenda di governo di questi tempi. Posto che una agenda di governo poi esista.
Ci sarebbe stata anche l'ennesima promessa di sgravio o di finanziamento alle scuola cattoliche, a ben vedere. Tanto la platea era quella giusta. Invece no. Il PdC ha scelto altri toni e, del tutto dimentico del suo ruolo e degli impegni che istituzionalmente si sarebbe assunto con quel giuramento che fece quando si insediò, si è addirittura scagliato contro la scuola pubblica. Contro la scuola di Stato. Contro quella scuola costituzionalmente garantita. Colpevole, a suo dire, di inculcare principi contrari a quelli dei genitori. Dimentico del tutto che la scuola deve, semmai, educare all'autonomia di pensiero, non alla sua ereditarietà.
Dimentico che la differenza arricchisce. E dimentico, soprattutto, di un paio di articoli della Costituzione: i famosi fondamentali. Dai quali sarebbe bene ripartire.
Art. 33. - L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
E' prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
Art. 34. La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

sabato 26 febbraio 2011

Mal di mare

Mi sono svegliata dopo qualcosa come undici ore di sonno secco e pesante. Io, che ieri sera mi prefiguravo la notte in bianco, dopo aver già dormito tutto il giorno. Roba da segnarsela negli annali. E sto meglio. Cioè, devo muovermi con la stessa cautela con la quale un neofita si aggira in barca a vela con il mare forza sette. Ma sto meglio. E visto che l'unica cosa che il mio stomaco tollera è il the-tea-tè con tantotantotantotantotanto zucchero e tantotantotanto limone (una schifezza in pratica), mi bevo i miei sidelloni di liquido chiaro, infischiandomene di diabete e affini. E adesso faccio il conto dei vantaggi. In ufficio hanno fatto a meno di me. Cioè, hanno provato a chiamarmi, sul telefono di casa, ma dopo avermi sentita farfugliare cose sconnesse, devono aver capito che no, non era solo un malessere, ma ero davvero indisturbabile. La figlia grande, quella immune dall'epidemia, ha fatto lei la spesa della settimana. E si è strettamente attenuta alla lista, evitando le tentazioni nelle quali io a volte indulgo. Ho saltato il cineforum. Proprio la settimana che in programmazione c'era Un altro mondo. Come scampare alla muccinata senza nemmeno accampare scuse. E dire che ero convinta che toccasse a Tamara Drewe.

venerdì 25 febbraio 2011

Filotto

L'influenza ci ha beccate in tre. Tutte in fila. Un-due-tre. E ci ha annientate. Così, dopo non mi ricordo più quanto tempo, ho passato un'intera giornata senza muovermi dal letto. In un dormiveglia assopito e interrotto solo dagli spasmi allo stomaco. E adesso che mi sembra di vedere l'uscita dal tunnel, son qui che mi auguro un minimo prolungamento, giusto per gustarmela, un'altra giornata così. I due indenni della famiglia ci stanno alla larga, per paura di essere colpiti anche loro. Ci manca solo che abbandonino le tazze di the fuori dalla porta della camera, pur di non correre il rischio. In compenso, mi rendo conto che l'età ha ormai il suo bel peso. Le due figlie, dopo la crisi acuta, sembravano vispe come grilli. Lo zombi ero e sono solo io. Non ci ho più l'età nemmeno per ammalarmi.

martedì 22 febbraio 2011

[Af]fissioni


Oggi sul Corriere Madame Isabelle Bossì Fedrigottì se la prende con gli ultimi cartelloni di tal Sylvian Vattelapesca raffiguranti modelle con vestitini ras-a-cul. Osceni credo li abbia definiti. Più o meno come questi cartelloni qui che da un paio di giorni impestano i viali.

Errata Corrige: madame Bossì Fedrigottì non ha scritto osceno. Ha parlato di scontatezza del messaggio pubblicitario. Osceno devo averlo letto in qualche commento o in giro per il web, sempre in relazione ai cartelloni di Sylvian Vattelapescà. Ciò non toglie, invece, l'oscenità dei cartelloni come questo ripreso da me all'uscita del metrò. E ce ne sono altri eh.

Estrazioni

Cara impiegata dell'Ufficio Anagrafe,
se io ti mando mia figlia a chiederti un estratto di nascita, vuol dire che ho bisogno di un estratto di nascita. Se avessi voluto un lasciapassare per l'espatrio sarei venuta con tutta la happy family al seguito, pronta a firmare tutte le tue maledette carte. Invece no. Volevo un estratto di nascita. Un semplicissimo estratto di nascita. Che tu eri tenuta a darle, visto che è maggiorenne e delega-munita, senza costringerla a tre avanti e indietro e senza costringerla a subire le mie rampogne. Fanculo. Di cuore. Mi hai fatto amare Brunetta per circa 60 minuti, sallo.

lunedì 21 febbraio 2011

Do not Disturb / Do not Intrude


Il gatto dice che lui, Gheddafi, non lo vuole disturbare. In fin dei conti è un uomo pieno di premure. Basti pensare come si prese cura della nipotina di Mubarak, sempre per non dar incomodo allo zio.
La volpe, dal canto suo, risponde che l'Europa è meglio che non si impicci e soprattutto, che non si metta in testa di esportar democrazia. E' che l'Italia, da questo export, rischia di rimaner esclusa. La democrazia, in effetti, non è una amazzone.

Le discese ardite

Ovvero tuffi carpiati nelle profondità lessicali.
Passi, e dico passi, che l'attuale ministro dell'Agricoltura Galan sia accreditato per prendere in carico analogo incarico ai Beni Culturali. In fondo tra coltura e cultura basta comprare una vocale. E comunque dai raccolti alle conservatorie il passo sembra breve. Passi, dunque.
Ma qualcuno mi può spiegare che cos'è la Wikipolitics di Barbareschi, nella quale Fini non ha creduto? No perché così come la vedo oggi, la condivisione creativa della politica mi sa tanto di puttanaio. Roba da non andarne tanto fieri, ecco.

L'insostenibile leggerezza

Ho commesso una leggerezza, si giustifica oggi Giuliano Pisapia. Che gioca anche la carta strappacore della tutela degli affetti. Degli affitti, semmai. E non si rende conto che non fa altro che dare una mano a quell'odioso tuttugualitarismo che è così facile cavalcare. Che non fa altro che dare uno schiaffo a quei cittadini che per trovare una casa ad affitto decente - e non dico equo - non si rivolgono al sindaco o all'assessore, o all'amico del Trivulzio, ma seguono strade pubbliche, perché a loro le private scorciatoie sono precluse. Ci risparmi, per favore, Pisapia, la logica complottista. E pensi a come riguadagnar la fiducia di chi, alle primarie, aveva anche pensato di votarlo, pensando, per una volta, che almeno lui fosse diverso.

domenica 20 febbraio 2011

venerdì 18 febbraio 2011

Sintassi

Inarrivabile, ieri sera, Benigni che fa la lezioncina a Bossi e all'ittico figliolino suo. "Schiava di Roma Iddio la creò. La Vittoria, Umberto, non l'Italia".

Inarrivabile la chiosa di Michele Serra, sull'amaca di oggi: "Sedia, ornitorinco, Atlantic City". Cito a memoria, sono in giro e non riesco a mettere link. Serra parla della senatrice Thaler che responsabilmente crea un nuovo gruppo diverso dai responsabili, che non vuole stare né a destra né a sinistra né al centro né col terzo polo, né su su su, né giù giù giù e nemmeno in tutti i luoghi e in tutti i laghi. Quasi quasi rimpiango il non solo ma anche di Veltroni.

Inarrivabile, infine, il pensiero che il PdC abbia dato alla Rubacuory 50.000 euro in occasione del loro primo incontro. Perché penso quanto ci metto io a guadagnarli, 50.000 euro. Dignitosamente.

Mignottocrazia

Guzzanti, Paolo, il papà di Sabina (va bene, anche Corrado e Caterina), pare torni indietro e dopo aver votato a dicembre la sfiducia a Berlusconi, oggi si sente responsabile e con grande senso di responsabilità, responsabilmente, credo aderisca al gruppo dei responsabili. Un genio.
Intanto Fini perde adepti più o meno allo stesso ritmo con il quale il Minzotiggì perde spettatori e punta il dito contro il potere del soldo e dei soldi di Berlusconi.
Ora, io non so se sia eticamente corretto che la terza carica dello Stato accusi di mercimonio la seconda carica dello Stato, e che la seconda carica dello Stato chieda alla prima carica dello Stato di tirare le orecchie alla terza carica dello Stato. Però. Visto che io di cariche nello Stato non ne ho nessuna, se non quella di cittadina, posso dirlo. Posso dirlo che tutte queste defezioni spontanee e responsabili mi sembrano sincere quanto i parlamentari che votano compatti il conflitto di attribuzione poiché il PdC davvero era convinto che la Rubacuory fosse la nipote di Mubarak. Per cui, caro Paolo papà di Sabina, vorrei sapere qual è il tuo prezzo, oggi. Perché davvero non riesco a vedere cosa c'è di responsabile nel tenere in vita quella mignottocrazia contro la quale hai tanto tuonato.
Anyway. Ieri sera era di turno il Festivàl. Con l'accento sulla "a", visto che tanto ognuno a Sanremo parla un po' come gli pare. Bene Benigni, a prescindere. Solo per aver fatto digrignare i denti a Masi merita. Per il resto forse ha volato un po' troppo alto per il pubblico in sala e a casa, ma tanto poi è arrivata a la Canalis a ributtar tutti nel baratro. Pas de problemes.
Poi ci sarebbe qualche questioncina filologica da risolvere. Al Bano che trasforma il coro del Nabucco in marcetta non si poteva sentire, così come Barbarossa che melodizzava "Addio mia bella Addio". No, non era una canzone di sole-cuore-amore, anche se forse lui l'ha intesa così. Sorvolando sull'imbarazzante Oxa e sull'inguardabile e inascoltabile Giuseppa Gaetana detta Giusy, rimangono Emmà e i Modà. Va bene Joan Baez. Va bene Nicola and Bart. Va bene Ennio Morricone. Van bene un sacco di cose. Ma vogliamo dirlo che Sacco e Vanzetti erano anarchici? E che quella è stata la loro vera condanna?
Poi sono stramazzata. Mi han detto che le due Iene han letto Gramsci, un po' a sorpresa. Dopo lo svegliamoci di Benigni ci stava. Chissà se è stata la voglia di riscatto dopo aver pietosamente ceduto le armi alle logiche di una par condicio inventata dal direttore di rete.

giovedì 17 febbraio 2011

Disturbante

Alla fine, uscendo dal cineforum, io e la mia amica siamo giunte alla stessa conclusione. La colpa è della Mazzantini. Margaret Mazzantini. La moglie/compagna/musa di Castellitto. Quella di "Non ti muovere", per intenderci. Il libro che nella top five (Rob Fleming docet) dei libri più disturbanti che io abbia letto è secondo solo a "La solitudine dei numeri primi", il che equivale a un bel match. Comunque avrei dovuto pensarci prima e, sapendo che il film è tratto da un racconto della Mazzantini, avrei dovuto starne alla larga. E invece no. Ci sono andata. Da vera somara, per restare in tema. "La bellezza del somaro" è altrettanto, se pur diversamente, disturbante quanto "Non ti muovere", e questo nonostante Castellitto e la Morante che a me piacciono tanto davvero. Ma il film, la storia, il plot, comunque si chiami, è ansiogeno, isterico, talmente sopra le righe da superare persino l'idea del paradosso. Fastidioso.
Mazzantini, con me hai chiuso per sempre.

mercoledì 16 febbraio 2011

Lessico e Nuvole [nere nere nere]

Io la moratoria la farei. Nazionale. E se ci mettiamo d'impegno possiamo farcela. Eliminiamo per sempre dal nostro parlare i generali inverni, gli attimini, i momentini, gli assolutamente sì e no, e tutta la catasta dei luoghi comuni dietro la quale ci rifugiamo quando non troviamo le parole. Ma, soprattutto, proviamo a smettere di chiamare Gianni Morandi l'Eterno Ragazzo? Non solo perché lui quest'anno di anni ne fa 67 e non capisco quale sia la differenza con Pippo Baudo, ma perché a me, con questa solfa dell'Eterno Ragazzo viene in mente ER, quando c'erano George Clooney e Ciccio.  Considerato poi che il nipote di Rosemarie non metterà nemmeno uno dei suoi brizzolatissimi capelli sul palco dell'Ariston, potremmo evitarci i rimandi.
Anyway, io il festival non l'ho sentito. Cioè stava da qualche parte di sottofondo, ma io in realtà seguivo i gruppi di ascolto in rete, riedizione in chiave social dei raduni sul divano, con pop corn e patatine in puro stile radio-serva. Assante e Castaldo restano i miei preferiti. Divago. La notizia positiva c'è. E l'han detta nella serata del Festival, nel piccolo spazio pubblicità. Torna Montalbano. Con quattro episodi nuovi. Mica pizza e fichi.

martedì 15 febbraio 2011

Nέμεσις

Figlia di Oceano e della Notte, distribuiva felicità o sofferenze secondo giustizia.
E' stata la prima cosa che ho pensato, quando ho letto che il collegio che giudicherà il PdC sarà composto da tre donne. E vedo che l'han pensato in tanti, insieme a me. Famiglia Cristiana inclusa, che di giustizia divina dovrebbe intendersene. Adesso, già lo so, i giannizzeri di Libero e de il Giornale saranno a caccia di foto di Giulia Turri, Carmen D'Elia e Orsola De Cristofaro, per scoprire se per caso non si annidassero tra le radical chic che domenica affollavano le piazze d'Italia e poter di nuovo gridare al complotto. Fossero state tra le mutandate di Ferrara forse tireranno un sospiro di sollievo. Forse. Poi mi è venuta in mente Miss Marple. Ma è un'altra storia. Che forse questa sera rileggerò. Per alleggerirmi un po'.

Ambivalenze


Il o la, in questo caso, pari non sono. Eppure, credo, sian certezze entrambi i casi. Il morale, sic stantibus rebus, io ce l'ho sotto le suole da tempo ormai. Lui non so. Ma mi immagino che negli ultimi giorni dell'impero non ci fosse tanta voglia di festeggiare. La morale, evidentemente, è da tempo tutt'uno col marciapiede. Nonostante il mio pessimismo quasi cosmico quando si parla del PdC, oggi ho la sensazione che gli ultimi giorni siano proprio questi. E nonostante l'inquietudine sul dopo che verrà, sento quella lieve euforia che accompagna l'attesa. Di-mis-sio-ni-Di-mis-sio-ni-Di-mis-sio-ni.

lunedì 14 febbraio 2011

Le Fabuleux Destin de Nicole

Non ho intenzione di perdermi in un post su san Valentino, ma il logo di Google è bello, oggi e quindi devo trovare una scusa per salvarmelo e usarlo come elemento decorativo. In fondo è un po' un modo per ingentilirci la giornata.
Comunque ho scoperto che la Minetti, quella Minetti che prende o 10 o 12 mila euro al mese per poggiare il suo derriére sugli scranni del Consiglio regionale Lombardo, oltre che consigliera è diventata anche maître à penser e poiché prudenza le consiglia di astenersi da nuove serate a Villa San Martino, ha trovato i polli che le consentono di rimpinguare le sue esauste finanze con una rubrica di pensieri e riflessioni su Affari Italiani. Il favoloso mondo di Nicole, si chiama la rubrica, e naturalmente ha scelto come immagine per inaugurarla la locandina del film di Jeunet. Un genio, voglio dire. La prima puntata, alla quale temo ne seguiranno altre, disserta sul fatto che Biancaneve stava da sola coi sette nani e che Puffetta era la sola donzella nel paese degli omini blu. Poi cita la Bella e Bestia e Cenerentola. Tronfia di tanta bibliografia, la nostra alla fine estrae dal cilindro la perla di saggezza: bella e stupida è uno stereotipo (non ha usato una parola così lunga, giuro) e la femminilità non va mortificata. Grazie, ne sentivamo il bisogno.

Non commento, invece, l'inarrivabile perla di Mary Star. Ieri, a manifestare, erano solo poche radical chic, secondo lei. Rubo al mio amico Sblogged la perfetta sintesi:
Radical sciocca sarà lei.
E invito a fare un giro nei post di Espe, LiderMax e Poison per altri commenti.

Piazza Bella Piazza

Che saremmo state in tante, che saremmo stati in tanti, ce ne siamo accorti subito, quando salendo sul metrò a Molino Dorino, di fatto il capolinea quando non succede niente in fiera, ci siamo trovati in mezzo a sciarpe bianche, cartelli, e soprattutto tanta, tanta, tanta gente. Che non era mai capitato così, nemmeno quando siamo andate a manifestare per la 194, che pure quella volta di gente ce n'era eccome. Questa volta, però di più. Un fiume, un'onda. Con la metropolitana chiusa a Cairoli perché in piazza non ci stava più nessuno. E allora il fiume ha riempito la via Dante e poi ancora giù, fino al Duomo. E dal palco tante voci, come da tempo non si sentivano. Il clou con Gad Lerner, Franca Rame, Dario Fo, prima Robecchi, poi Cirri, arrivato sul filo di lana, e Ottavia Piccolo, commovente e commossa. E le nostre sciarpe, che sventolavano nonostante la pioggia.

sabato 12 febbraio 2011

Bestiario

Travestito da cittadino qualunque il ministro Tremonti invece che guardarli passare, i treni, ci è salito. E poi ha spiegato alla nazione che si capisce che quelli del Nord vanno più veloci di quelli del Sud perché i moscerini si spiaccicano sui vetri. La nazione annuisce mormorando estiqatsi.

Dalle parti di Roma, una pompa di benzina si guasta e il self service eroga carburante aggratis. Immediata la coda. Non bastasse il pieno, si riempiono anche le taniche provvidenzialmente infilate in macchina dopo il passaparola. Qualunque riflessione su etica e morale è tempo perso. Sempre più convinta che ci meritiamo quello che abbiamo. In fondo ci basta crederci furbi.

Ferrara, a Milano, spiega alla folla plaudente la faccenda delle mutande. Silvio è un peccatore, ma chi non lo è, e in fondo anche Craxi non ha mai rubato per sé ma per il partito. Mutatis mutandis, per l'appunto.

venerdì 11 febbraio 2011

La rivoluzione russa [eccome]

I sanculotti puntano il dito contro il giacobinismo, poi si ricordano di aver letto da qualche parte puritanesimo e allora tirano in ballo pure quello che con i paroloni lunghi il popolo bue si confonde e dice comunque sì. Manzoni docet, ma non so se si ricordano il passaggio. In ogni caso, per quanto temuti, i giacobini italiani la rivoluzione non la san fare. Mica siamo in Egitto noi. Al massimo qualcuno inventa un decreto, richiede il ripristino dell'immunità parlamentare, si inventa di passare per Strasburgo, e gli altri rispondono in coro che no, così non si fa. E chiusa lì. Comunque, tutto questo sproloquio è per dire che io domenica in piazza ci vado. E non perché son puritana o perché mi interessi se le signorine dell'Olgettina indossano o meno le loro coulottes. Perché da donna e da madre di tre figlie femmine non mi piace che passi l'idea che per ottener qualcosa le donne debbano far conto sulla fortuna sulla quale si siedono. Perché non mi piace che le mie tasse siano destinate [anche] a pagare i lauti emolumenti a signorine senz'altra dimostrata dote se non l'avvenenza della quale madre natura e l'abile chirurgo le han dotate ma chissà come catapultate in Regione, in Parlamento o a Strasburgo. Perché non mi piace l'aria da così fan tutti e da così fan tutte. Perché non mi piace l'idea che tutto debba avere un prezzo. Che tutte si debba avere un prezzo.

Ti piace vincere facile eh? [reprise]

Il PdC sceglie l'understatement che precede la contrizione. Qualche volta anche io sono un peccatore, dichiara dalle colonne de Il Foglio di Giuliano Ferrara, che ormai sostituisce Letta nel ruolo di Mazarino. Tanto non mancherà la tonaca che pronuncerà l'ego te absolvo, appena prima dell'Ite missa est. Carino comunque Ferrara, che ritrae il PdC nelle vesti di Giustiniano, tralasciando il fatto che non è lo Juris Civilis che gli interessa, ma solo il Corpus. Intanto, a dimostrazione del sonno delle coscienze, pochi o nessuno si sono interrogati del perché, a sorpresa, l'altra sera il palinsensto di Rai Due ha inserito in programmazione "Le vite degli altri". E forse la lampadina non gli si è accesa nemmeno ieri, quando il film, il PdC, lo ha direttamente citato. Ah la casualità, eh?
Oggi Google celebra Thomas Alva. Altro che lampadina, servirebbe.


giovedì 10 febbraio 2011

Ti piace vincere facile eh

In effetti, dopo una ventina d'anni su e giù per la Est, la Ovest, la Nord con tutte le bretelle annesse, mi domando ma quando mai lo si raggiunge, il limite dei 70. Di notte. vero. Di notte. Il Piemmedieci ringrazia.

mercoledì 9 febbraio 2011

Aut aut

Dedicato a chi ancora pensa che siano problemi marginali, che il bel'om in fondo a casa sua può fare quel che gli pare, e che alla fine così fan tutti, e che comunque i problemi sono altri.

«Accadde, in un teatro, che le quinte presero fuoco. Il Buffone uscì per avvisare il pubblico. Credettero che fosse uno scherzo e applaudirono; egli ripetè l’avviso: la gente esultò ancora di più. Così mi figuro che il mondo perirà fra l’esultanza generale degli spiritosi, che crederanno si tratti di uno scherzo».

L'ho visto citato spesso, in questi giorni. Mai così attuale, il vecchio Soren. E lui il PdC nemmeno lo conosceva.

SmS

Posso andare a mangiare dalla Kia (macdonal) se risp e kiama la nonna x favore.
Questo è il massimo degli sms che approdano sul mio telefonino.
Intercettateli pure. Al massimo l'italiano e l'Artusi se ne adonteranno.
Ma non con rito immediato.

martedì 8 febbraio 2011

Leghe

Secondo la convinzione di mia madre e probabilmente dell'universo pedagogico dell'epoca, a mio fratello dovevano piacere, come in effetti piacevano, Melville, Salgari, Verne, e tutto quel coacervo dell'immaginario al maschile degli anni Sessanta fatto di Sandokan, Ivanohe, Robinson Crusoe, Capitani Coraggiosi, Figli del Capitano, Achab e Balene. A me, di converso, dovevano piacere, e in effetti mi piacevano, le Piccole Donne, anche quelle che crescevano e quelle che come Jo facevano figli. C'erano poi le Pollyanna, le Heidi, con qualche lacrimevole incursione verso la Capanna dello zio Tom. Poi andava a finire che i suoi libri li leggevo anche io, anche se la Pirla di Labuan non mi è mai stata tanto simpatica, lui, invece, rabbrividiva solo a guardare i miei. Tranne due, che non so per quale caso invece che a lui furono regalati a me: Il giro del mondo in 80 giorni e Michele Strogoff. E non glie li ho mai ceduti. Lui si tenesse pure Dalla terra alla luna e le 20.000 leghe. Ecco.

lunedì 7 febbraio 2011

How much does it cost?

Allora. Il sostegno di Pannella dovrebbe valere il ministero della Giustizia. Un po' come a Barbareschi l'errore di voto di settimana scorsa pare sia valso un paio di  passaggi televisivi dei suoi film e qualche finanziamento sul fronte fiction. Alla Svp ha portato l'accordo sullo Stelvio, mentre a Scilipoti per ora è rimasta una cornetta in mano. L'assioma, comunque, è che tutti hanno un prezzo. E che pecunia non olet, va da sé. Nondimeno, mi ritrovo due piccoli tarli in posizione intracranica. Uno: Ci voleva proprio la battuta di Marina Berlusconi per convincere Saviano che tra lui e Mondadori forse c'è un minimo di incompatibilità? Due: Capisco che 65.000 euro a puntata sia una bella cifra, però l'approdo di Paola Cortellesi, che pure amo, a Zelig, di questi tempi mi piace poco. E' vero, c'è anche Bisio e non da ieri. Ma la Cortellesi è la Cortellesi. E in questi momenti il Gran Rifiuto mi sarebbe sembrato un bel gesto di coerenza.
p.s. So perfettamente che la coerenza tout court su queste cose è pressoché impraticabile. Ma ogni tanto un guizzo di orgoglio mi piacerebbe. Soprattutto da parte di chi non ha come primo problema sbarcare il lunario.

Ma non se ne parla proprio


Mi resta proprio da capire, e credo di averlo già scritto almeno in un'altra occasione, come fanno i radicali, e Marco Pannella in particolare, a sostenere un Governo che ha già detto no e altri no dirà ad alcuni dei temi chiave della politica radicale, dalla fecondazione assistita al diritto di interruzione della cura per i malati in stato vegetativo, dalla difesa dei diritti degli omosessuali all'aborto. E' vero che Capezzone ha già dato ampia dimostrazione di come si possa voltar gabbana in tempi abbastanza rapidi, però, per lo meno, insopportabile portavoce del PdL radicale non si chiama più. Pannella invece sì. Quello stesso Pannella che scrive al Corriere dichiarando un atto di responsabilità continuare a sostenere questo Governo. Anzi, ne fa una battaglia di civiltà. Mi ricordo che chiamò con lo stesso nome anche la battaglia per Giorgio Welby. Che immagino lo ringrazi sentitamente per l'accostamento.

domenica 6 febbraio 2011

Sciccherie culinare


L'altro giorno sono stata invitata a un pranzo di lavoro. Un pranzo di quelli seri. In un ristorante sciccosissimo. Lungo [il pranzo], che il cibo si assapora con calma, tanto che sono tornata in ufficio che erano ormai le quattro con una voglia di lavorare sulla quale preferire sorvolare. Il punto è che, sciccherie a parte, ho mangiato davvero bene. Tolto l'involucro, cioè, la sostanza c'era. E trascurando il fatto che per la prima volta nella mia zotica vita mi sono trovata davanti un pre-dessert che anticipava il vero commovente dessert, sublime è stato l'incontro con un risotto allo zafferano come è difficile trovarne persino a Milano. Giallo davvero, coi pistilli nascosti tra i chicchi di riso, con l'aroma del brodo di carne nascosto nell'onda e quel boccone di animella al centro, inseguito come ultimo cadeau trionfale, prima di appoggiare finalmente il cucchiaio. Ora, dopo tanta meraviglia, ho la certezza che Andrea Berton sia davvero bravo. Ho meno certezze su quanto mi è stato raccontato dal punto di vista lavorativo. Mi sento molto Montalbano in questo: cibo buono e chiacchiere hanno bisogno ciascuno del suo momento. Farli coesistere è impresa ardua. E questa volta ha vinto il cibo.

venerdì 4 febbraio 2011

Je m'en fous

Je m'en fous, avrà pensato ieri sera il PdC dopo il pareggio della Bicameralina e prima di partire per Bruxelles. [aveva già google translate in modalità on]. Per cui, chissenefrega del Parlamento, chissenefrega delle Camere, chissenefrega soprattutto delle opposizioni, si vada di Decreto Legge. Così Bossi è tranquillo e stan tranquilli anche i 315 utili idioti che hanno votato il rinvio ai pm delle carte del caso Ruby.
Je m'en fous, Je m'en fous, Je m'en fous.

I-r-r-i-c-e-v-i-b-i-l-e, do you know?

giovedì 3 febbraio 2011

Mantequilla

Ovvero dell'ipocrisia e della pruderie.
"La sua morte è arrivata troppo presto, prima che io potessi riabbracciarla teneramente, dirle che mi sentivo legato a lei come il primo giorno, e almeno per una volta, chiederle scusa". Patetico, Bernardo Bertolucci, ricordando Maria Schneider. Per chiederle davvero scusa e riabbracciarla ha avuto pressapoco 19 anni di tempo, senza doversene ricordare adesso che non ha più senso farlo. Tanto più che il suo essere alla deriva, prima ancora della sua malattia, non era certo un segreto. Comunque Maria Schneider è morta ed è il momento di ricordarla. "La grande attrice è scomparsa all'età di 58 anni" ha letto contrito lo speaker del tiggì. Lo sfido, davvero, a ricordarsi qualcosa della grande attrice che vada oltre Ultimo Tango a Parigi. E sfido chiunque altro, cinefili a parte, va da sé. Perché la Schneider è davvero rimasta inchiodata a quel film, e in fondo forse solo a quall'unica scena, che oggi ogni articolo cita e che ogni contributo video ripropone. Voyeuristicamente. Oggi come nel 1987, quando gli italiani affollarono le sale, aspettando il momento in cui le dita di Marlon Brando sarebbero affondate nel burro.

p.s. Ieri è morto Daniele Formica. Nessuno lo ha chiamato grande. Eppure lo era.

Spero Promitto Iuro

C'è una cosa che ho imparato, grazie alle mie figlie. Mai, e dico mai, promettere ciò che non si sa se si potrà o si vorrà mantenere. Mi vien da pensare che certi Padani non abbiano figli. In effetti a qualcuno gli è toccata una trota.

Question Time

C'è una cosa che ho imparato col tempo. Quando qualcuno ti dice "bella domanda", puoi star pur certo che non la è. Perché la bella domanda è un assist, è il vassoio d'argento sul quale il tuo interlocutore può appoggiare la sua preconfezionata verità. Le domande belle sono quelle brutte. Quelle che lasciano spiazzati, impreparati, quelle che obbligano a dire la verità. Altre domande, cioè.

p.s. Mi son guardata bene dal sintonizzarmi sul minzo-tiggì ieri sera. Di messaggi alla nazione ne faccio volentieri a meno, soprattutto se provengono da certi pulpiti.

Forse non lo sai ma pure questo è amore

Il panettone di Natale la mattina di San Biagio accanto al mio caffè.
Grazie mamma.

Divertissement

Lo dico? Lo dico. Potiche è un film che merita. Merita perché nella leggerezza tratta un tema bello, di questi tempi poi. Perché, mentre sullo schermo scorre la storia di una donna che per certi versi potrebbe anche essere la Veronica nazionale, ti scopri a ridere a gola piena, a invidiare la bellezza di una Deneuve ancora splendida malgré tout e malgré le mise, a sorridere di un gigioneggiante Depardieu che quando balla sembra Il tempo delle mele e sai che lui lo sa bene quanto te. E perché Ozon non tradisce, con questa sua capacità di nascondere la serietà dietro l'apparente levità. Però nella scena finale, quando lei, riscattata a nuova vita, comincia a cantare, a me è venuto in mente Apicella. E ho sentito un brivido lungo la schiena.

mercoledì 2 febbraio 2011

Futilità Culinarie [Reprise]

La premessa è quella precedente. Che io amo la cucina inglese, annessi e connessi inclusi. A dire il vero ho proprio un debole per gli inglesi, e non sono sicura che non sia un peccato da confessare. Comunque, rassegnata a qualunque obbrobio oggi si celi dietro la definizione di "spuntino" servito in aereo, non ho potuto fare a meno di ridere quando mi son vista mettere in mano da uno steward sorridente un pacchetto di patatine. Savagely Salted.
Della serie: noi non amiamo le mezze misure.


A dire il vero, a parte l'essere selvaggiamente salate, le Spudmuckers sono tutto un programma. Sulla confezione si legge che Spudmuckers are plucked / from the rich soil & good earth / at Spudmucker Farms / by Spudmucker Pluckers / Delivered by Spudmucker Truckers / to Spudmucker Chuckers. / Fried by Spudmucker Cuckers / & packed by Spudmucker Puckers. / Back to Spudmucker Truckers, / who ship to Spudmucker Luvers. / These are... / World Famous Spudmuckers. / They're chips--eat 'em.
Inoltre si raccomanda di conservarle in un luogo asciutto, lontano da fonti di luce e da calzini puzzolenti. Non so come tradurre altrimenti gli smelly socks citati nelle avvertenze. Niente male come marketing. Soprattutto per chi, finora, come massimo dello sforzo ha visto Rocco Siffredi e il suo La patatina tira.

martedì 1 febbraio 2011

Futilità Culinarie

A me la cucina inglese piace. Quella dei roast-beef,dei pudding, delle pie, dei pasticci di carne, dei cookies, dei brownies, anche quella dei porridge, per intenderci. Guardo sempre con sospetto il cavolfiore bollito e supero con eleganza il fagiolino insapore. Mi domando perché, dunque, gli inglesi, invece di valorizzare quel che di buono hanno, cercano di imitare la cucina degli altri, pensando di fare un figurone. Voglio dire, la caprese come antipasto può anche passare, posto che non è stagione, non è clima, non è aria. Ma che la facciano conla mozzarella per pizza, quella rettangolare e compatta come una mattonella è un delitto che urla vendetta al cielo. Ho detto.

Tutto questo, naturalmente, per non parlare dell'imbarazzo di ieri sera. Perché il "tell me about your Berlusconi" detto col sorrisino è stato difficile da digerire.