lunedì 13 settembre 2010

Lang e Lang

In effetti è una settimana che rimando la faccenda di Lang Lang, del MiTo e del concerto di lunedì scorso. Però Poison, a casa sua, ha raccontato la questione dalla parte di To e mi è punta vaghezza di decidermi a farlo anche io dalla parte di Mi.
Che poi possiamo dilungarci a disquisire sul fatto che il Palasharp forse non sia la sede migliore per un concerto di musica classica (a proposito, per chi non è di Milano, il Palasharp era il PalaTrussardi, il PalaVobis, il PalaTucker, dipende da quanti anni avete e da quanto in là arriva la vostra memoria) ci sta anche. Ma in fondo c'è una logica di compromesso che in questi eventi fa mettere insieme i numeri, l'impegno economico e gli spazi. E compromesso è stato. Meno peggio di quanto temessi, anyway.
Il punto è che il divo atteso dalle masse plaudenti era lui, Lang Lang, bravissimo ma estremamente compreso in se stesso. Perfetto interprete dell'artista che interpreta un concertista che interpreta un pianista. Per cui già in coda all'ingresso c'eran fanciulle di tutte le nazionalità con gran fasci di rose rosse che persin io ho intuito non fossero destinate al primo violino. Sulle mise, si passava dalla gran sera al bermuda quadrettato con scarpa DC e pedalino in tinta. Passando per bambine con collant bianche e ballerine della cresima e per fanciulle alla loro prima soirée con la pochette di maman. Pace. Si può sorvolare su quasi tutto.
Non su una cosa, però.
E' vero che il divo Lang Lang suonava la prima parte del programma, bis chopiniano incluso. E' però vero che la serata era divisa in due parti, con la seconda ad appannaggio completo dell'Orchestra Filarmonica della Scala, impegnata nella Patetica di Čajkovskij. Quell'alzarsi a frotte, appena il Divo ha lasciato definitivamente la scena, è stato insultante. Per la musica, per l'Orchestra, per gli altri spettatori e credo anche per il Divo stesso, ridotto a fenomeno da baraccone, poco importa cosa fosse sul palco a fare. E son certa che la maggior parte dei transfughi, fanciulla alla sua prima soirée con la pochette di maman inclusa, se lo son permesso perché in fondo costava solo 5 euro. Una logica del costa poco, vale poco, merita poco, che rende certe persone degne di pagare dieci, venti volte tanto per avvicinarsi un'altra volta a un concerto. Nella paludata cornice di un teatro dell'opera, si sarebbero schiodati dalle sedie solo all'ingresso degli inservienti per ripulir la sala. Zotici.

p.s. La seconda parte del concerto è stata semplicemente m-e-r-a-v-i-g-l-i-o-s-a. Alla faccia loro.

3 commenti:

  1. come ti capisco... che anche a torino appena è scattato l'applauso finale (questa volta al momento giusto, grazie al cielo) la gente ha iniziato a scemare. Senza attendere che il direttore offrisse il mazzo di fiori al primo violino, senza attendere che il soprano si prendesse il suo applauso, senza attendere che... zotici, appunto.

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  2. scoprire che anche nella grande Milano esistano degli zotici (relativamente ad un concerto di musica classica, almeno) è, per certi versi, consolante. in assoluto, è decisamente deprimente.... ciao miti :)
    Annalisa

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