lunedì 21 marzo 2011

Profanazione

Mi rendo conto che in questi giorni altri siano i temi sul tavolo. Però poi c'è anche la vita quotidiana, quella che ti tocca da vicino e che finisci per guardare da una prospettiva diversa da quella con cui rifletti sul Giappone o sulla Libia o sui guai di casa nostra.
Son tre giorni, incluso questo lunedì di finte ferie, che stiamo mettendo mano alla vita di un uomo. A tutto quello di cui lui si è circondato negli 83 anni che ha trascorso su questa terra. Le sue cose, i suoi libri, i suoi vestiti, le sue stecche da biliardo, i suoi fucili da caccia, i carnieri, i suoi appunti, le sue note sparse un po' ovunque. E poi scatole di foto, di lettere, di ricordi. Cose che si sapevan che eran lì, ma che in fondo nessuno aveva mai toccato perché ne era lui il custode. E uno si domanda se davvero c'è un momento giusto per farlo. Perché questo rituale, che fa parte dei rituali del commiato, è forse quello più violento. Violenza su te stesso. Violenza su di lui. Che ti sembra di profanargli la vita, decidendo cosa tenere e cosa donare, cosa conservare e cosa buttare, di tutto quello che lui non ha buttato mai.

5 commenti:

  1. io ho tenuto per anni le cose di mio marito, solo da poco sono riuscita a farne una cernita, non posso pensare a dover fare lo stesso un domani per mia madre

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  2. Ti capisco bene, cara Sandali al Sole. E? un rituale violento, una profanazione. Ma come fare altrimenti?
    Ti abbraccio dolcemente,
    Lara

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  3. Non è violento se fatto da voi che lo amavate! Vi sia lieve questo "umano" compito poiché la dimensione più profonda non è nelle cose lasciate, ma nella memoria d chi ve le ha affidate. Bacio

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  4. "Che ti sembra di profanargli la vita"... no, non puoi profanargliela più e tutto quello che è il dopo non gli appartiene più. Ciao Miti (lupopezzato)

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