giovedì 20 febbraio 2014

Quella Provincia che han Dovuto Inventare

Ha cinque anni di vita, la provincia di Monza e della Brianza. Quell'MB sulle targhe che non so bene quanto abbiamo imparato a conoscere, salvo dimenticarcelo già da quest'anno, quando tutto dovrebbe finire nella grande area metropolitana.
Fatt'è che per chi come me è nato e cresciuto ben prima che persino la provincia di Lodi esistesse come tale, MB è sempre suonato come un posticcio, un tributo pagato ai signori con il fazzoletto verde nel taschino, che a loro volta dovevano scovare un modo per ringalluzzire i sciuri Brambilla con le loro fabbrichette (la e larghissima, mi raccomando) e le loro arie da lavoro, guadagno, pago e pretendo.
I bauscia, in altre parole.
Anzi, i bauscia brianzoli.
Quelli di Arcore, di Lissone, di Montevecchia (buoni i formaggi!), di Verderio.
Di Ornago.


Già, quella Ornago in cui è ambientato l'ultimo film di Gabriele Paolo Virzì, Il capitale umano, per il quale tanto si sono arrabbiati sempre i soliti signori con i fazzoletti verdi nel taschino, tanto da presentare denuncia non so bene in nome di chi o cosa.
Perché Fabrizio Bentivoglio, nei panni di Dino Ossola, è davvero un bauscia brianzolo della peggiore specie. Un paninaro mal uscito dai suoi anni e con l'ansia dello status sociale e dei danee che solo i parvenu riescono così bene a incarnare.
Apparentemente meno bauscia, ma uscito dalla stessa scuola del guadagno facile è l'altro Fabrizio, Gifuni, che nel film interpreta Il Bernaschi, affarista senza troppi scrupoli. Il classico tipo con villona in collina, la piscina, il tennis, i camerieri.
E poi ci sono le mogli, i figli, i soci, i vorrei ma non posso, i potrei ma non voglio.
Sì, è vero, Il capitale umano rappresenta uno spaccato raccapricciante della nostra società non necessariamente riscontrabile solo ed esclusivamente in Brianza.
Ma sicuramente molto ben rappresentabile con il normo-tipo del brianzolo, quello che anni di film e filmetti (da Ragazzi della Terza C ai cinepanettoni di vanziniana memoria) hanno dipinto con dovizia di dettagli.
A metterle tutte insieme, le figure maschili non ne fanno una buona.
Si salvano di più le donne. Forse perché amano, e non solo se stesse. Forse perché i loro valori non sono solo quelli economici. Forse perché quando capiscono,danno chiamare le cose con il loro nome. Come Valeria Bruni Tedeschi, moglie del Bernaschi, nell'ultima scena del film: "Avete scommesso sulla rovina di questo paese. E avete vinto”.
Bello, nonostante il tanto (tantotantotantotantotanto) fastidio per alcuni personaggi.

4 commenti:

  1. cara regina, io ormai son " quasi giunto" e posso dire, anzi potrei dire, che nel mondo è sempre stato così. Non è cambiato na mazza, anzi tutto stagna, stagnante, stanca. Bisogna imparare a sopravvivere bene e io ancora non ci riesco. Mi viene alla mente la composizione, a mio avviso, più prestigiosa sul dramma della Pulzella d'Orleans, che Arthur Honegger compose nel 1933 sul testo dello scrittore e poeta francese Paul Claudel, laddove a un certo punto, nella composizione del Tribunale che doveva giudicare Giovanna, si sente: l''Araldo che detta le regole del gioco: " Le Roi changent de place, mais les Reines..." ( ovvero I Re cambiano di posto, ma le Regine- Sua Maestà l'Orgoglio; Sua Maestà la Stoltezza;sua Maestà l'Avarizia; Sua Meastà la Lussuria- queste Maestà non cambiano mai di posto, resteranno sempre con noi fino alla consumazione dei secoli). E' bellissimo l'Oratorio di Honegger. Comunque è così e così sarà sempre. Non è nè meglio , nè peggio rispetto a prima. Ciao. come stai?

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  2. Questi film sono purtroppo un affresco assai veritiero della nostra società.Mi chiamo fuori :-P

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  3. Ehm, Freud avrebbe da fare dei comment su questo Gabriele :)

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